La politica delle emozioni di Amazon
Lo spot natalizio e la pandemia: c’è un alternativa a Bezos?
Una lettura del libro Il virus e la specie di Massimo Filippi.
Per classificare il mondo c’è bisogno di metodo. Per ordinare il futuro post-pandemia, di una biblioteca.
Un virus si è infiltrato nei nostri polmoni. Occorre ricomporre il mondo.
Sommersi dalla cultura delle menzogne, troviamo sempre più difficile distinguere il reale dal falso. Nell’era della post-verità non conta ciò che sta realmente accadendo, contano le storie. Già Kant aveva dichiarato l’impossibilità di formulare giudizi capaci di raggiungere la verità del reale, la verità dell’essere. La politica autoritaria con la sua apoteosi del volere e la gestione del potere senza etica ha fatto tesoro di questo meccanismo: non c’è più bisogno di offrire un discorso che corrisponda ai fatti, non c’è più bisogno del consenso dell’interlocutore. E, d’altronde, già Hannah Arendt aveva identificato il suddito ideale del regime totalitario proprio nell’individuo per il quale la distinzione fra realtà e finzione, fra vero e falso non esiste più. La responsabilità del funzionamento di questo processo non sta, quindi, solo in chi pronuncia le nuove verità, ma anche in chi le accoglie senza spirito critico, senza fact-checking. Anche Gadamer sosteneva che la mente umana è in realtà bloccata nel regno del linguaggio puro, ma è proprio dal linguaggio che dovrà scoprire la verità. Esiste la possibilità del risveglio: l’assolutismo della ragione del più forte può essere arrestato. Un pilastro fondamentale del governo Ortega è stata la costruzione di sistemi di credenze inesistenti […]
Il contagio nei dormitori, le scelte necessarie per limitarlo e l’importanza di una “vita qualificata”.