“Terre mobili” – Seconda parte

Produzioni politiche dal basso nell’Emilia terremotata. Pubblichiamo la seconda puntata dell’etnografia del comitato cittadino Sisma.12, curata da Silvia Pitzalis. La ricerca è stata svolta nell’ambito di un’analisi delle politiche territoriali sviluppatesi nell’Emilia post-terremoto. Qui trovate la prima puntata.

PARTE II

In base a quanto finora esposto potremmo affermare una prima evidenza: le istituzioni vengono caricate dai terremotati del duplice significato del termine “responsabile”. Esso, infatti, designa sia chi è causa di una determinata situazione sia chi è addetto alla sua gestione e risoluzione. I “responsabili”, identificati con i rappresentanti politici al governo, dovrebbero essere strutture rappresentative atte alla gestione della cosa pubblica e, nel caso specifico, alla risoluzione delle problematiche socio-culturali, politiche ed economiche insite al processo di ricostruzione. Alcuni rappresentanti della scena politica e, specificatamente, del Partito Democratico (PD) che governa la regione Emilia-Romagna, vengono accusati dai membri del comitato di mala gestione, di false e continue promesse. Le istituzioni vengono indicate come responsabili della crisi nella quale versano ancora tanti terremotati a quasi ormai due anni dall’evento sismico. Le critiche più puntuali sono indirizzate al Commissario straordinario/Presidente della regione  Vasco Errani, Gian Carlo Muzzarelli, assessore regionale alla Programmazione e sviluppo territoriale, Cooperazione con le Autonomie locali e Organizzazione, Mario Monti ed Enrico Letta, presidenti del consiglio negli anni post-terremoto. La critica da parte dei membri del comitato è di assenza e sordità nei confronti delle problematiche, delle esigenze, delle urgenze dei terremotati. Inoltre le autorità vengono accusate di agire politicamente e strategicamente, spinte da precisi interessi privati.

Un’ altro dato emerso dalla ricerca riguarda la specificità del comitato, la quale si costruisce sul fatto che i suoi membri sono “terremotati”. La condivisione dello stesso trauma ha dato vita ad una solidarietà e ad un sentire condivisi tra i membri di Sisma.12, che parte e si sviluppa dall’essere e dal sentirsi tutti “vittime del terremoto” e, più in generale, del sistema socio-politico. La designazione letterale di “terremotato”, però, non sempre è valida ed applicabile a tutti i membri, alcuni dei quali non lo sono nel senso stretto del termine: il sisma non deve averti necessariamente lesionato la casa per poterti proclamare tale. Il disastro ha agito negativamente su differenti piani: chi ha avuto salva la propria dimora, ha comunque subito i suoi effetti a livello sociale, economico, politico e culturale. Dal campo è emerso, infatti, quanto diversificate possano essere le ferite che una catastrofe può provocare e in quanti molteplici e complessi modi essa possa colpire un individuo.

Da qui si sviluppa un altro punto interessante: la costruzione della figura del “terremotato”. Essa parrebbe acquisire una valenza particolare, perché definisce e delimita un’identità specifica, all’interno della quale gli interlocutori si riconoscono, e che presenta delle caratteristiche politiche ben precise. Questa categoria identitaria porta con sé principi di solidarietà, condivisione, lotta esperiti da tutti coloro che, entro il comitato, vi si riconoscono. Inoltre è utilizzata dai membri di Sisma.12 per riconoscersi come “comunità” (interno) entro un discorso nel quale ci si scontra con “qualcos’altro” (esterno), un antagonista identificato con autorità e istituzioni. Quest’identità dai confini fluidi sembra segnare comunque un limite tra il dentro e il fuori e attribuire una specifica caratterizzazione ai terremotati membri di Sisma.12.

Sebbene le catastrofi causino in primis distruzione, disordine, caos, può accadere che dai contesti da esse devastati prendano vita, in maniera rigenerativa, contestazioni e rivendicazioni appoggiate da diversi soggetti che presentano una spiccata attitudine a condividere lotte, anche quelle appartenenti ad altre realtà e che apparentemente non li riguarderebbero. Nel caso specifico, la maggior parte delle soggettività che “abitano” il comitato sono accomunate da un determinato percorso di coscienza e di attività politica, mostrando una certa sensibilità e vicinanza a specifiche questioni politiche, sociali e culturali, contro i soprusi e a favore dei diritti fondamentali. Emerge, inoltre, la costante per la quale il percorso di cambiamento, rivendicazione e lotta veicolato da Sisma.12 è stato intrapreso da quei terremotati portatori di principi ed esperienze soprattutto di sinistra, estrema sinistra e di gruppi extraparlamentari. Questi soggetti esprimono l’urgenza di comunità, di presa di coscienza e di partecipazione degli individui coinvolti non solo dal terremoto, ma anche dalla crisi e dallo stato di ingiustizia nei confronti dei cittadini che imperversa a livello locale e globale.

Altro punto interessante riguardano le modalità utilizzate dal comitato per diffondere le notizie e farsi conoscere. Gli strumenti impiegati sono vari e si completano a vicenda: il volantinaggio, praticato entro il cratere; le dichiarazioni alla stampa; l’uso di Internet e specificatamente dei social network. Quest’ultimo mezzo di comunicazione si carica di particolare importanza: i membri di Sisma.12 hanno creato, non solo un blog e una pagina Facebook  del comitato, ma anche un gruppo (Sisma.12-Comitato ricostruire la bassa dal basso), sempre all’interno di quest’ultimo. Esso si presenta come uno spazio interattivo di dialogo che contribuisce all’implementazione del discorso sulla ricostruzione, in continuo divenire. La pagina Facebook è inoltre un’arena di scambio, condivisione e diffusione di decisioni e notizie che riguardano la situazione post-sisma nel cratere.

L’uso del social network, però, a detta degli interlocutori, si rivela un’arma a doppio taglio. Da un lato rappresenta un’apertura, un luogo entro il quale si attiva il motore per la rivendicazione e la difesa di specifici diritti, rendendo maggiormente visibile l’attività del comitato e permettendo la diffusione di notizie e problematiche che in questo modo si diffondono con maggiore rapidità. Dall’altro però congela le rivendicazioni entro il cyberspazio, senza una corrispondenza numerica nel momento in cui si organizzano eventi reali ai quali partecipare, come assemblee e manifestazioni. Esemplare è stata la manifestazione organizzata da Sisma.12 e Finale Emilia terremotata protesta, tenutasi il 7 dicembre 2013 il cui slogan recitava “Basta burocrazia inutile, ricostruzione vera e subito”. Essa ha portato in piazza a Mirandola un massimo di 500 persone[1] (su trentaquattromila terremotati) vedendo la partecipazione dei coordinamenti dei map di vari comuni e, pur senza bandiere, del Movimento 5 Stelle, di Forza Italia, della Lega e del Prc[2]. I numeri riepilogati nel volantino che pubblicizzava l’evento, parlano di: “12 miliardi di euro di danni stimati, 6 miliardi di euro messi a disposizione dalla Cassa Depositi e Prestiti, 200 milioni di euro impiegati per la ricostruzione edilizia privata, 200 e più ordinanze emesse dal commissario straordinario Errani, zero agevolazioni fiscali concesse ai terremotati emiliani”.

La poca affluenza e partecipazione a quest’ultima manifestazione risulta chiara se paragonata a quella della simile iniziativa organizzata da Sisma.12 e dal Comitato Popolare Mirandolese il 25 ottobre 2012 sempre a Mirandola: i terremotati in piazza erano quel giorno circa duemila[3]. Si evince da quanto esposto una ancora flebile presa sul territorio da parte di Sisma.12 e delle sue rivendicazioni. Esso spesso viene incolpato dagli altri terremotati di essere “politicizzato”. Cercando di entrare nel dettaglio e approfondire queste affermazioni è emerso come venga impiegato per intendere invece il termine “partitizzato”, volendo esplicitare la convinzione che all’interno del comitato ci siano degli individui, afferenti a specifici partiti, da Rifondazione Comunista al Movimento Cinque Stelle, che utilizzano il comitato come luogo di propaganda e per trarre vantaggi personali a fini elettorali. Lo stesso assessore Muzzarelli, il giorno dopo la suddetta manifestazione, ha dichiarato alla stampa: “Sono passato dalla piazza e ho visto il quadro della situazione: tutte le strumentalizzazioni politiche sono evidenti […][4]

Il mio compito non è quello di dare giudizi alle affermazioni, ma di cercare di capire perché i soggetti pensano e si comportano in determinati modi. Emerge come l’accusa rivolta al comitato di essere “inficiato da ragioni e interessi di partito” sia indicativa della diffusa e sempre più dilagante sfiducia da parte dei cittadini nei confronti dei partiti politici del panorama italiano, e di un rigetto quasi totale di tutto ciò che per loro è definibile come “politico”, intendendo con quest’ultimo un campo che sembra essere metafisico, lontano, irraggiungibile, riguardante ormai solo delle “élite politiche”.

Sebbene vi sia una prevalenza all’interno del comitato di una componente di sinistra, alle altre soggettività non viene preclusa – almeno per quanto ho potuto osservare e testimoniare – la partecipazione e il dialogo, ma anzi si punta a rendere visibile l’apartiticità e la trasversalità di Sisma.12. È chiaro però che quest’obiettivo non è stato ancora pienamente raggiunto dal comitato. Questo dunque sarebbe un aspetto da migliorare puntando ancor di più sull’orizzontalità, la trasversalità, la partecipazione di tutte le soggettività per far sì che anche gli altri terremotati si riconoscano entro l’unica causa comune: il risarcimento dei danni provocati dal terremoto.

Da quanto finora esposto emerge come Sisma.12 sia divenuto un luogo entro il quale i soggetti, partecipando attivamente, cercano di costruire un discorso politico sul post-terremoto che parta dalle pratiche da loro stessi elaborate e proposte come alternativa alle modalità di azione messe in atto dalle istituzioni. Esso vorrebbe essere uno spazio di “democrazia diretta” entro il quale, attraverso il “fare politica”, si rivendichi l’uguaglianza e la giustizia tramite un percorso di messa in discussione del “politico” offerto dalla “cultura dominante”. Vorrebbe essere inoltre un luogo di creazione dell’emancipazione sociale e politica “dal basso”[5], da realizzare tramite processi creativi del divenire, che portino alla possibilità di un’apertura all’auto-determinazione. Da tutto questo emerge la necessità da parte dei soggetti di ri-socializzare il politico attraverso le differenti mediazioni socio-culturali, la presa di parola popolare all’interno di questi spazi, per poi essere portata all’esterno.

In conclusione potremmo asserire che il terremoto è stato un momento traumatico a partire dal quale, raggiunta una certa consapevolezza della propria condizione, ha preso forma una forte volontà/necessità di mutamento. E questo non solo per avviare la ri-edificazione del proprio quotidiano, ma anche e soprattutto per far ricreare e riattivare nuove energie, agendo in maniera auto-determinata a partire dal proprio coinvolgimento e dalla propria azione nel processo di cambiamento. I membri di Sisma.12, esprimendo una critica al sistema politico convenzionale e al sistema economico, vorrebbero spostare gli obiettivi da “politiche chiuse” ad “alternative partecipate”, che a loro paiono più sensate, efficaci e risolutorie perché pensate e costruite dai protagonisti stessi. Esso si propone come uno spazio socializzato entro il quale le varie soggettività sembrano avere maggior potere decisionale e d’espressione.

Da quanto affermato finora emerge come le politiche “dal basso” prodotte dai membri di Sisma.12 ed elaborate come alternative che potremmo definire propos-attive siano il risultato del potere ri-generativo che il terremoto ha fatto riemergere e ha innescato. Con ciò non si vuole asserire che il percorso entro Sisma.12 sia sempre facile, egalitario e condiviso, che le scelte siano sempre unanimi, né che gli scambi avvengano sempre senza contrasti e incomprensioni. Questo è sicuramente un altro aspetto su cui il comitato dovrebbe riflettere, se davvero ha l’obiettivo di diventare come uno spazio di lotta, emancipazione ed autonomia condiviso e partecipato accessibile a tutte le soggettività.

Malgrado le imperfezioni e le incongruenze di cui esso è portatore, perché prodotto e abitato da persone reali, dalla ricerca è risultato come i membri di Sisma.12 abbiano elaborato risposte con potenzialità interessanti ed originali alla doppia crisi che il terremoto ha esacerbato: da una parte la crisi emergenziale che li ha colpiti nel particolare, riguardante specificatamente il venir meno del diritto alla casa e al lavoro; più in generale la crisi economico-politica che imperversa nel nostro Paese (e non solo). Il comitato mi è parso così un microcosmo, uno spaccato della società italiana dalla cui analisi è possibile arrivare a comprendere le dinamiche della crisi che coinvolgono ormai la società odierna.

Note


[1]   Fonte: Modenaonline, articolo del 7 dicembre 2013 Sisma, terremotati e agricoltori protestano a Mirandola

[2]   Fonte: La Repubblica – Bologna, articolo del 7 dicembre 2013 Terremoto, corteo a Mirandola: “Viviamo tra topi e umidità” 

[3]   Fonte: Il resto del Carlino – Modena, articolo del 24 novembre 2012, I terremotati di Mirandola scendono in piazza; Modenatoday, articolo del 23 novembre 2012 Ricostruzione: la rabbia dei terremotati in corteo a Mirandola

[4]   Fonti on line Modenaqui, La Repubblica,  articoli del 8 dicembre 2013

[5]   Rancière J., Chronique des temps consensuels, Editions du Seuil, Paris, 2005

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