Pubblichiamo la testimonianza dell’insegnante della scuola primaria di Crevalcore (Bo), colpita dallo sciame sismico che ha recentemente interessato il Nord Italia. Si tratta di una testimonianza emblematica, infatti la metafora del sisma, metafora che il lavoro culturale ha già utilizzato per gettare uno sguardo sulle dinamiche del potere nella contemporaneità, attraverso l’esperienza traumatica del terremoto de L’Aquila in “Sismografie. Ritornare a L’Aquila mille giorni dopo il sisma”, racconta nei suoi accenti più crudi quello che sta succedendo alla scuola pubblica italiana: strutture fatiscenti che richiedono una messa in sicurezza immediata, la sovraresponsabilizzazione degli insegnanti a fronte di uno Stato assente, la competizione tra “poveri” che ministero e parti sociali contribuiscono ad alimentare tra precari storici e contrattisti di ultima generazione, il ruolo cruciale che la scuola gioca per la sopravvivenza del territorio. Come ha già messo in luce Naomi Klein in “Shock economy”, un terremoto è sempre una buona occasione per fare tabula rasa della rete di resistenza locali (fondate sulla cooperazione, sulla relazione tra scuola e territorio) per sostituirvi una rete di strutture private, finalizzate a disciplinare il territorio post sismico con il valore neoliberista dell’autoimprenditorialità.
Mi chiamo Chiara e sono un’insegnante precaria di scuola primaria. Quattro anni fa mi sono laureata in Formazione Primaria a Bologna e sono quattro anni che ho un contratto annuale. Lavoro a Bologna da due anni, ma il mio inizio è stato presso la scuola Lodi di Crevalcore, paese molto colpito dalle scosse, il centro storico è completamente distrutto e con lui anche tutte le scuole. Come vi sarà arrivata notizia la prima scossa è stata alle quattro di mattina e da quel momento la terra non ha mai finito di tremare fino al martedì 29 maggio, quando a Crevalcore 250 bambini erano all’interno della loro scuola.
Nei paese limitrofi, i danni hanno costretto alla chiusura delle scuole di ogni ordine e grado fin dalla prima scossa, senza parlare degli allestimenti nelle tendopoli per gli accertamenti di agibilità o inagibilità delle abitazioni. A Crevalcore, nessuno ha detto niente, ma dopo due giorni di chiusura la scuola è stata dichiarata agibile, la dirigente ha convocato un collegio straordinario per dare la notizia ufficiale lasciando trasparire che si era in stato di emergenza e che era meglio rimanere comunque fuori dall’edificio (anche se l’ordine era “Potete entrare!”). I miei ex colleghi mi hanno riferito che le condizioni della scuola erano problematiche: crepe, scale puntellate, ecc… Al primo rientro tutte le classi erano fuori in cortile, quel martedì maledetto alcune classi erano all’esterno, altre invece erano rientrate (addirittura al secondo piano). Poi alle 9 la terra ha tremato, polvere in ogni luogo, la scuola stava per crollare. I docenti e gli educatori dentro alla scuola hanno mantenuto il sangue freddo necessario per fare uscire dall’edificio tutti i bambini, chi era all’esterno ha dovuto spostare l’intera classe in zone ancora più distanti dall’edificio. Il tetto è crollato così come il cornicione, ma sono tutti salvi. La scuola ha comunque retto per miracolo. Non si doveva mettere in una situazione di pericolo un’intera scuola! Le responsabilità sono notevoli, ma nessuno ne parla. I media hanno fatto menzione solo della scuola superiore, anche quella distrutta. Nella scuola a Palata Pepoli (piccolo comune di Crevalcore) le insegnanti e gli educatori hanno fatto rete e hanno deciso di non entrare a scuola dalla prima scossa in poi.
Dopo quel 29 maggio, le tende sono aumentate così come sono aumentati i danni. La maggior parte degli insegnanti e le educatrici all’interno della scuola ed all’esterno (anche con bambini in carrozzina) hanno dimostrato una professionalità e un coraggio assolutamente invidiabili. Hanno veramente salvato le vite ai bambini, ma soprattutto hanno contribuito a mantenere la calma, fino a quando non è stato possibile dare libero sfogo alla paura, solo quando erano fuori al sicuro. Adesso finito il trauma del momento, è difficile affrontare il dopo. A Bologna le scuole hanno creato una rete, hanno adottato tutte le scuole interessate dal sisma, raccogliendo dei soldi; sabato 16 giugno è partita una delegazione di bambini, insegnanti e genitori verso la tendopoli di Crevalcore e con loro sono andata anche io ritornando nel paese che per due anni mi ha adottata. Per ora sono stati raccolti circa 43 mila euro, ma il conto iban è ancora aperto.
Nel frattempo però sta succedendo qualcosa di vergognoso: la Cgil sta facendo una campagna per reclutare docenti volontari. Se all’inizio mi sembrava una cosa non solo sensata, ma anche necessaria, dopo ho capito quello che stava accadendo realmente. Una mia amica educatrice a tempo indeterminato che lavora a Crevalcore da 12 anni, è dal 30 di maggio in cassa integrazione! Mi sono chiesta cosa stesse accadendo, per quale motivo alcuni di quegli educatori, vittime a loro volta di quei giorni traumatici, fossero estromessi dal loro lavoro senza tanti complimenti. Ebbene, succede che dal momento in cui la scuola ha chiuso, le cooperative hanno messo in cassa integrazione, quindi hanno mandato a casa tutte le educatrici e gli educatori che da anni terminano normalmente la scuola e riprendono la loro attività nei centri estivi (momento educativo importantissimo per quasi tutti i bambini del paese). Al posto di questi educatori ci sono ora dei volontari, che magari non possiedono nemmeno le competenze necessarie, proprio adesso che servirebbero più che mai. Un pezzo importante per ricostruire bene il puzzle estivo dei nostri territori, su cui ancora sto cercando informazioni precise, sono le Estati Ragazzi, altri eventi ricreativi, ma gestiti dalle parrocchie, che già funzionano con il volontariato.
Crediamo che la questione delle educatrici e degli educatori sia molto seria e stiamo cercando di diffondere la notizia il più possibile, soprattutto fuori dal circuito regionale. Una cifra della situazione può essere data dalle parole di un’educatrice di Crevalcore: “se non produci qualcosa, qui non vali nulla e si possono permettere di metterti a casa perché è un lavoro che tanto non serve”; la scuola è davvero sempre abbandonata in un angolo a piangere tutte le sue miserie, proprio quel luogo fondamentale per la crescita, lo sviluppo e la formazione della società rimane senza un tetto. Noi crediamo nel nostro mestiere e ci crediamo fino in fondo e fino alla fine, nonostante siamo tutti sottopagati e precari.
La paura è stata tanta anche a Bologna (dopo il 29 maggio, è arrivata l’ordinanza del sindaco di chiusura per tre giorni di tutte le scuole di ogni ordine e grado, e pare che stanzieranno fondi per mettere in sicurezza tutte quelle che non sono antisismiche). Le scosse si sono sentite tantissimo, la tristezza è infinita nel sapere che a pochissimi chilometri da qui è successo quello è successo, e solo il senso di impotenza ci lascia a guardare quello che succede nella nostra regione.
Mercoledì 20 giugno 2012 sull’Unità Emilia Romagna si legge: “le educatrici delle elementari di Crevalcore attaccano il progetto Insieme la scuola non crolla”. Che cosa è il progetto “Insieme la scuola non crolla”? È il progetto che sta dilagando su tutti i profili facebook e su tutte le mail personali di chi è inserito nelle mailing list della Cgil. È il progetto dei volontari che arrivano in paesi provati dal terremoto come Crevalcore, quando tutti gli educatori della scuola sono in cassa integrazione dal 29 di maggio.
I problemi sono purtroppo a monte. Il progetto si chiama “Insieme la scuola non crolla” e in un contesto così drammatico non possiamo pensare di non lavorare tutti insieme. È necessario che tutti i bambini siano nella condizione di partecipare ai contri estivi senza discriminazioni. Ma restano aperti numerosi interrogativi. Perché le cooperative e l’associazione Proteo Fare per Sapere sta promuovendo la sostituzione degli educatori cassaintegrati con i volontari? Perché le cooperative non prevedono situazioni di emergenza come questa? Perchè non si pensa nemmeno minimamente all’apporto che un educatore, con le sue competenze, può dare in una situazione del genere? Perchè deve partire il volontariato delle competenze, quando conosciamo tutti il misero stipendio degli educatori rispetto alle ore, alle responsabilità e al carico di lavoro quotidiano che hanno? Non credo che la questione del volontariato sia una questione di secondo piano, come sostiene la Cgil. Non lo è affatto perché se “Insieme la scuola non crolla” allora prima si lascia fare il proprio lavoro agli educatori, mettendo tutti i bambini nelle condizioni di partecipare ai centri estivi, e poi, se necessario, si cercano i volontari (meglio se insegnanti ed educatori) che siano disposti ad aiutare chi già ha il diritto di lavorare in questi mesi. I nostri timori, tra i tanti, sono che ad agosto non ci sarà più nessuno e che tutti quei bimbi che non vanno in vacanza possano rimanere da soli fino all’inizio della scuola, mentre a lavorare con regolare retribuzione saranno solo pochi eletti. Io sono la prima ad appoggiare queste iniziative, ma non voglio prendere il posto di educatori che devono essere retribuiti. Il terremoto ha fatto emergere tante questioni irrisolte, nel nostro caso la discriminazione tra educatori, tra superflui e volontari. Ci saranno delle discriminazioni anche tra i bambini?
Se davvero non vogliamo fare crollare la scuola allora dobbiamo sentirci coinvolti, ma con le modalità giuste e corrette perché altrimenti si rischia di speculare ancora sul terremoto. Mentre ancora una volta vengono esclusi e marginalizzati gli esperti di educazione e di formazione, quegli educatori e quegli insegnanti che quotidianamente cercano di dare il massimo per e con i bambini, anche quando lo Stato sembra invisibile.
Siti e contatti per informazioni e aiuti economici:
Assemblea Genitori e Insegnanti delle scuole di Bologna e provincia