“Presenti, Differenti” nasce nel 2008 dall’iniziativa di diverse componenti dell’Università di Siena tra cui docenti, ricercatrici, personale tecnico-amministrativo e studentesse, in seguito alla presentazione del libro Presenti, differenti. Donne nell’università e nella sfera pubblica, scritto da Michela Pereira e Maria Luisa Boccia e pubblicato dal Comitato Pari Opportunità dell’ateneo senese. Il gruppo si riunisce ogni mercoledì alle ore 14 nell’aula F della Facoltà di Lettere e Filosofia e la partecipazione è aperta a tutte in ogni momento Si tratta di un gruppo seminariale libero nel quale, riferendosi all’eredità dei collettivi femminili di autocoscienza degli anni Settanta, è esercitata la pratica dell’oralità e, assumendo la parola come atto politico, viene valorizzata una prospettiva di genere nella lettura dell’esperienza personale e collettiva.
Lo scambio teorico si delinea come opportunità di espressione della propria soggettività che, nella relazione con le altre soggettività, assume le forme di una rielaborazione collettiva dell’esperienza, produttrice di senso. Il gruppo è inoltre impegnato in attività di ricerca e produzione scientifica così come nella promozione di eventi culturali aperti alla cittadinanza (convegni, cineforum, presentazione di libri, ecc.).
Peculiarità di “Presenti, Differenti” è la trasversalità che coniuga molteplici individualità estremamente distinte ed eterogenee per ruolo e per età, le quali, ognuna con il proprio percorso, costituiscono un apporto ricco e variegato al confronto condotto ogni settimana in forma separatista poiché la stessa è ritenuta condizione imprescindibile all’autenticità della parola espressa dalle partecipanti e alla riflessione sulla differenza di genere. Interpretando quest’ultima come differenza fra generi – ognuno portatore di specifici bisogni, posizioni e ricchezze – il gruppo da sempre traduce il desidero di un confronto con il maschile nell’organizzazione di incontri dedicati a tematiche specifiche.
È anche in questa ottica che nasce la collaborazione con “cinematografico.labo” per la rassegna cinematografica Prostituzioni. Cinema tra necessità, libertà e relazioni di genere. Il fenomeno della prostituzione si è inserito nel percorso del gruppo sull’onda dell’intenso dibattito che ha accompagnato la manifestazione del 13 febbraio scorso promossa dall’associazione “Se non ora quando?” e la selezione dei film riflette la volontà di andare oltre la la visione dicotomica culturalmente egemone che compie una netta divisione tra le donne perbene e le donne permale, nella ricerca di una visione più ampia e sfaccettata del fenomeno e delle implicazioni della prostituzione.
La rassegna si è aperta infatti, presso la Sala Cinema di Fieravecchia, con Videocracy (2009) di Erik Gandini, in cui è evidente la strumentalizzazione del corpo delle donne e la sua mercificazione in quanto oggetto del desiderio maschile, e quindi l’alienazione di questo corpo in un sistema di potere patriarcale. Il prossimo appuntamento, martedì 19 aprile sempre presso la Sala Cinema alle 17,30, consisterà nella proiezione di Terra Promessa (2004) di Amos Gitai, che affronta la prostituzione come schiavitù e penetra nella dolorosa attualità della tratta delle donne in Medioriente. Mandana Dahim, del gruppo “Presenti, Differenti”, introdurrà la proiezione attraverso le parole di Isoke Aikpitanyi Le ragazze di Benin city. In conclusione, martedì 10 maggio presso la Corte dei Miracoli alle 21, attraverso Working Girls (1986) di Lizzie Borden e le parole dell’ospite Pia Covre, storica fondatrice del “Comitato per i diritti civili delle prostitute”, e essa stessa sex-worker, verrà messo a tema il legame tra prostituzione e diritto all’autodeterminazione.
Può infatti la prostituzione volontaria essere considerata una forma di emancipazione, di trasgressione di un sistema di scambio sesso-economico che ha la pretesa di “comprare” le donne, negando loro il diritto a gestire in forme autonome le condizioni di tale transazione? O anche, è possibile ammettere che la prostituzione sia una libera scelta o invece che si tratti solo apparentemente di una scelta che invece ripropone un modello in cui la donna è posta come oggetto nella relazione eterosessuale che sta alla base di un sistema patriarcale? E infine: prostituirsi è un mestiere qualsiasi? Esiste una differenza tra le escort dei palazzi del potere e le lucciole di “basso bordo”? In che modo lo scambio di denaro agisce da parametro per distinguere ciò che è prostituzione da ciò che non lo è, così come da confine tra il dignitoso e l’indignitoso? L’individuazione di questo confine e il senso della parola “dignità” variano a seconda dell’appartenenza di genere? In che modo si articola il rapporto tra morale e corpo? Quanto c’è di moralistico nel negare la possibilità di considerare libera una sex-worker?
Con questi interrogativi “Presenti, Differenti” e “cinematografico.labo” vi invitano ai prossimi appuntamenti di “Prostituzioni. Cinema tra necessità, libertà e relazioni di genere”, con l’intento di proseguire e arricchire il dibattito grazie al contributo del pubblico.