Il potere d’asilo

Per una storia europea del potere d’asilo.

Quando tentiamo di capire la catena di orribili eventi e “contromisure” che le istituzioni europee definiranno nelle prossime settimane per fare fronte a quella che molti politici ed esperti definiscono “la peggiore crisi dei rifugiati dopo la Seconda Guerra Mondiale”, dovremmo tenere a mente che la crisi non è semplicemente una crisi e che il linguaggio dell’emergenza non aiuta a comprendere ma solo a offuscare e nascondere ciò che è sotto i nostri occhi.

Il fatto che alcuni cittadini europei abbiano sentito il bisogno di compiere un atto eccezionale di accoglienza e di ricevere i migranti che dall’Europea dell’Est hanno raggiunto la Germania con dei cartelli “Benvenuti rifugiati!”, ci dice molto di quanto poco accoglienti siano le nostre pratiche ordinarie e quotidiane nei confronti dei rifugiati e dei richiedenti asilo.

Le immagini disturbanti che abbiamo visto sono solamente i sintomi superficiali di una questione molto più profonda, legata al livello di perniciosità a cui è giunta la nozione di asilo in Europa. Una storia dell’asilo europeo non è stata ancora scritta, ma le tracce di quanto ormai paradossale e aporetica è divenuta la pratica dell’asilo in Europa sono sotto i nostri occhi.

Nel suo significato classico, in greco e latino per esempio, asilo significa santuario, tempio, uno spazio sacro in cui ci si può rifugiare e in cui l’uso legale della violenza viene sospeso. Con la creazione degli stati-nazione moderni l’asilo è stato codificato nel “diritto d’asilo”— il principio normativo secondo cui gli stati hanno il dovere di dare protezione a coloro che abbandonano un altro paese perché la loro libertà e la loro vita sono in pericolo.

Tuttavia la nozione di asilo presenta una genealogia molto più ampia e non riducibile all’asilo politico e al processo che ha portato alla sua codificazione. La parola asilo include molti altri domini della nostra storia sociale, al di là dell’asilo politico, domini che non sono meno politici di quello dell’asilo politico. Per esempio, in Storia della follia nell’età classica (1978), Michel Foucault definisce la storia dell’istituzione terapeutica dell’asilo psichiatrico come una

serie di operazioni che organizzano silenziosamente il mondo dell’asilo, i metodi di cura, e allo stesso tempo l’esperienza concreta della follia. [Nel passaggio dall’imprigionamento del folle alla sua reclusione nell’asilo psichiatrico] è vero che l’asilo non punisce più la colpevolezza del folle, tuttavia esso fa qualcosa di più, poiché l’asilo organizza la colpevolezza; la organizza per il folle, come una forma di coscienza, e la organizza come relazione non reciproca con chi amministra l’asilo; l’asilo organizza la colpevolezza per l’uomo di ragione come consapevolezza dell’altro, come un intervento terapeutico nell’esistenza del folle (pp. 547-549). 

In questo passaggio Foucault analizza il significato della trasformazione delle prigioni come istituzioni repressive in moderni asili psichiatrici: dalle celle ai nuovi spazi di libertà vigilata in cui la medicina funziona come una forma di giustizia, e in cui i prigionieri non sono più costretti a vedere le catene, le sbarre e le griglie delle finestre delle prigioni in cui erano prima rinchiusi. Per Foucault la nascita dell’asilo costituisce una forma di liberazione e protezione molto particolare, il passaggio dalla segregazione alla segregazione medica in cui la terapia si pone come forma di disalienazione. Chi vive protetto dall’asilo non può sfuggire al potere morale e legale di chi amministra l’asilo, degli uomini di ragione, come li chiama Foucault.

Non voglio forzare troppo il parallelo tra asilo politico e asilo psichiatrico, ma è difficile non vedere le somiglianze tra le due istituzioni dell’asilo. Oggi ai migranti che giungono in Europa e chiedono asilo nel rispetto delle convenzioni internazionali viene offerta una terapia non contro la perdita della ragione, ma contro la perdita di una piena cittadinanza. L’asilo politico di oggi si pone come una terapia umanitaria per chi ha perso la piena appartenenza a una comunità politica. In un certo senso la follia sta all’asilo psichiatrico come la fuga in cerca di protezione di soggetti vulnerabili sta all’asilo politico.

Come quella dell’asilo psichiatrico, l’istituzione contemporanea dell’asilo va compresa come un connubio di operazioni morali e legislative. Da un lato pare che quasi tutti in Europa, anche chi viola il diritto di asilo o amministra un sistema che lo svuota del suo significato classico, siano pronti a riconoscere il dovere morale della benevolente offerta di asilo. Dall’altro nel tradurre in pratica questo dovere morale l’asilo si trasforma in un’istituzione fatta di misure fondamentalmente segreganti e violente: la polizia dei confini; l’identificazione con i numeri tatuati sulle braccia (le immagini provenienti dalla Repubblica Ceca), o le impronte digitali; il trasferimento in campi con varie gradazioni di segregazione; l’indagine per rilevare la natura e la veridicità della perdita di piena cittadinanza da parte dei richiedenti. Questa è, in breve, l’istituzione dell’asilo nella sua miglior forma esistente in Europa, quando essa non stermina i migranti in mare.

In breve, la situazione in cui ormai siamo da anni ci racconta due cose. In primo luogo ci dice che l’asilo politico è qualcosa di molto diverso dall’istituzione liberante e filantropica che continuiamo a difendere per proteggere la nostra posizione di salvatori di sopravvissuti. Il modo in cui traduciamo il diritto d’asilo in pratica presenta tutti i tratti di un’istituzione di potere — il potere di organizzare in forme segreganti e di concedere (o meno) l’asilo. In secondo luogo ci racconta uno dei paradossi contemporanei del regime internazionale dei diritti umani. La storia recente dell’asilo politico ci dice che gli stati-nazione che si sono fatti promotori delle norme e convenzioni fondamentali per i diritti umani in materia d’asilo sono gli stessi stati-nazione che violano in maniera istituzionalizzata i principi filantropici che hanno codificato in legge. Trasformando l’asilo in una serie di operazioni di controllo stiamo contribuendo alla disintegrazione etimologica e politica del valore dell’asilo.

(Mentre chiudevo questo articolo, ieri all’incontro di emergenza dei ministri degli Interni europei è stata presa la decisione di rafforzare le misure di internamento dei “migranti irregolari” e di creare nuovi campi profughi fuori dall’Europa. La bozza di documento dei ministri degli Interni dice che «è cruciale rafforzare i meccanismi di identificazione, registrazione e presa delle impronte digitali in Italia e Grecia»).

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