L’igiene degli elettori prima di tutto

Oggi ho svuotato la cassetta della posta da tutte le “impurità” accumulate durante il periodo elettorale. Tra volti che invocavano il mio voto guardandomi dritto negli occhi – per darmi del tu –, programmi elettorali indirizzati proprio a me, fac-simili delle schede elettorali che mi consigliavano chi e come votare, mi sono imbattuto in uno strano gadget: una confezione monodose di liquido igienizzante, con il simbolo e la scritta “Vota Lega Nord”. Una confezione monodose di aygen igienizzante, riposto nella cassetta della posta di chissà quante case a Siena e negli altri centri elettorali della Toscana. Sul retro della confezione troviamo le modalità di impiego: “versare il prodotto sulle mani e strofinare fino a completa asciugatura”. Il prodotto agisce e purifica con efficacia senza nemmeno bisogno dell’acqua.
Dopo aver interpellato, informato ed educato al voto, adesso il marketing politico ha deciso di prendersi cura dell’igiene personale degli elettori. La strategia di complicità ha compiuto così un notevole salto evolutivo: la politica si prende cura del corpo, dell’igiene, dei cittadini. La confezione monodose di liquido igienizzante è un esempio del passo in avanti – o meglio, all’indietro – che il discorso politico italiano, durante queste elezioni amministrative, ha compiuto. La propaganda elettorale aveva già da tempo invaso il privato ed abbandonato le piazze, ma adesso tenta la sua scalata alla sfera intima: la Lega Nord ci invita alle buone maniere e alla profilassi. Ancora meglio: la Lega Nord è il marchio del prodotto, l’igienizzante del popolo elettorale.
Non è un caso che la scelta del gadget in questione sia stata fatta proprio dalla Lega Nord. In questi giorni di “recupero”, nella corsa sfrenata all’accusa infondata contro Pisapia, il partito di Bossi è sceso in campo per trasformare il suo linguaggio, per rinnovare le sue armi retoriche. Non bastano più le scorribande di Borghezio sull’intercity Torino-Milano per “disinfestare” i vagoni passeggeri dalla presenza degli stranieri: è il “noi” ad essere diventato infetto. Non è più sufficiente difendersi dagli attacchi esterni, dall’orda che da diversi mesi sta assediando le coste di Lampedusa, per preservare purezza e integrità bisogna rendere più coeso ciò che si vuole proteggere. Insomma il luogo del contendere resta quello della frontiera, della barriera culturale e geopolitica eretta, ma prima di respingere bisogna omologare quello che dovrebbe restare chiuso dentro i confini, trovare delle difese al contagio inarrestabile. Il problema è proprio dentro i confini, che si restringono sempre di più fino a perimetrare il corpo, il tessuto epiteliale, dell’elettore.
Il tessuto sociale sta prendendo, a sua volta, delle contromisure. Non è più disposto a farsi circuire dalla retorica dell’assedio, dalla strategia della paura nei confronti dell’altro, dai proclami della necessaria e preventiva sicurezza. Il crollo della fiducia elettorale nei confronti del centro-destra a Milano ne è la dimostrazione politica. E a poco servono, se non a scatenare l’ironia, le accuse, create a tavolino da uno spionaggio di bassa lega, contro Pisapia e de Magistris.
Chissà cosa avrà pensato il vicino di casa con l’igienizzante “Lega Nord” tra le mani. Avrà usato con nonchalance il prodotto senza nemmeno pensare che un partito sia diventato uno strumento per disinfettarsi?
Acuta strategia: la pulizia è importante, quella etnica è necessaria, ma è ancora più urgente trovare delle contromisure al contagio. Resta una confusione da sciogliere: se il modello del contagio è efficace per prendere delle contromisure nei confronti della minaccia epidemica, lo stesso modello ha meno presa nei confronti delle trasformazioni culturali e sociali. Le culture non si contaminano per colpa dei batteri.