La presenza di alunni stranieri in Italia sta aumentando quotidianamente e questo fenomeno deve modificare in modo sostanziale l’approccio complessivo della scuola italiana nei confronti della provenienza culturale ed educativa di un alunno.
Da oltre dieci anni l’Istituto Comprensivo di Bella, in provincia di Potenza, accoglie oltre quaranta alunni in media all’anno provenienti dal Marocco, dalla Romania e da quest’anno anche dall’India. Bella è un comune di circa 5.000 abitanti che fu dichiarato disastrato a seguito del sisma del 1980 e per questo furono costruiti prefabbricati per accogliere le famiglie in attesa della ricostruzione delle case. In un’area dismessa di prefabbricati, a partire dalla metà degli anni Novanta, grazie ad una politica di accoglienza delle amministrazioni comunali di centro sinistra che governano la nostra comunità, hanno trovato una sistemazione le famiglie di marocchini che vivono facendo i venditori ambulanti di biancheria nei mercati. Queste famiglie hanno mandato i figli a scuola e da subito io come dirigente scolastico, i docenti, gli alunni, abbiamo dovuto fare i conti con questa realtà. Abbiamo cominciato a conoscere la loro cultura, rispettato i loro quaranta giorni di Ramadan, modificando il calendario scolastico, avviato corsi per l’insegnamento dell’italiano.
Subito dopo, intorno al 2000, nel nostro piccolo paese sono arrivate le donne rumene che assistono i nostri anziani con amorevole cura e che, dopo un po’, hanno chiamato a Bella i figli e i mariti. Rispetto ai marocchini, i rumeni hanno una cultura simile alla nostra e il loro inserimento è stato meno problematico. Da quest’anno frequentano la scuola elementare e media quattro figli di indiani che allevano le nostre mucche nella frazione di S. Antonio Casalini. Questi ragazzi hanno frequentato le scuole in India e conoscono l’inglese. Siamo partiti da questa lingua per avviare il loro inserimento.
Abbiamo da dieci anni istituito un Premio Nazionale di letteratura per l’infanzia e l’adolescenza. Premiamo libri che affrontano il tema dell’intercultura, dell’amicizia e della solidarietà fra i popoli. Abbiamo un sito web che racconta quanto facciamo per promuovere l’integrazione attraverso la letteratura.
Il nostro impegno per l’accoglienza e l’inserimento è costante ma i tagli che la scuola pubblica italiana sta subendo da tre anni a queste parte limita le nostre possibilità di azione. Il nostro concetto di famiglia spesso non corrisponde a quello di altre popolazioni, per questo motivo è bene che la scuola conosca, nei limiti del possibile e di quanto permesso dalla legislazione vigente, la situazione familiare dell’alunno straniero: con chi vive, come vive, dove vive. Ci siamo sforzati di coinvolgere le famiglie nelle nostre attività didattiche e imparato a mangiare e festeggiare insieme in occasione di feste, compleanni.
Nel sistema di governance proprio dell’autonomia scolastica le scuole devono fornire ai cittadini livelli essenziali di prestazione e garantire loro la tutela di diritti inalienabili (sicurezza, salute, privacy, trasparenza, diritto all’apprendimento, ecc.). Pertanto, qualora le competenze linguistiche dello studente straniero e della sua famiglia non siano adeguate alla penetrazione pur minima dell’idioma della burocrazia italiana, è la scuola che deve mettere l’alunno straniero e la sua famiglia in grado di capire quali sono i suoi diritti, come la scuola li tutela, quali sono le prestazioni che la scuola fornisce. Senza una capacità linguistica adeguata tutto il rapporto tra la scuola e le famiglie straniere è basato sull’enigma e la vaghezza.
Esiste il problema della comprensione delle comunicazioni scuola-famiglia: banalmente il Dirigente scolastico deve vigilare affinché le comunicazioni che vengono inviate dalla scuola alle famiglie abbiano un’oggettiva penetrazione. È impensabile inviare comunicazioni scritte in corsivo a persone che leggono ideogrammi, anche perché famiglie che non sono in grado di comprendere la grafia corsiva difficilmente possono desumere cosa è scritto su un diario in una scrittura manuale. Anche la comunicazione burocratica viene redatta in modo comprensibile per il destinatario, pena una mancanza grave nell’erogazione di un servizio dovuto.
Da queste situazioni una pubblica amministrazione seria e responsabile non può prescindere, perché le linee di civiltà di una società, anche sul versante amministrativo, non sono negoziabili. Prima di poter esercitare un suo diritto, un utente deve poter capire perfettamente che cosa un’amministrazione pubblica chiede e offre. Se l’“utente” è un minore straniero, tutto questo diventa particolarmente importante e delicato. È anche per questo che la modulistica della scuola di Bella è redatta, oltre che in italiano, nella lingua degli alunni stranieri. Quando l’alunno straniero ha avuto un congruo inquadramento amministrativo, può allora partire la reale personalizzazione del suo percorso formativo e didattico. Segnalerei, a questo proposito, un passaggio fondamentale del documento ministeriale sull’inserimento nella scuola italiana degli alunni stranieri: «Uno degli obiettivi prioritari nell’integrazione degli alunni stranieri è quello di promuovere l’acquisizione di una buona competenza nell’italiano scritto e parlato, nelle forme ricettive e produttive, per assicurare uno dei principali fattori di successo scolastico e di inclusione sociale».
Gli alunni stranieri, al momento del loro arrivo, si devono confrontare con due diverse strumentalità linguistiche: la lingua italiana del contesto concreto, indispensabile per comunicare nella vita quotidiana (la lingua per comunicare); la lingua italiana specifica, necessaria per comprendere ed esprimere concetti, sviluppare l’apprendimento delle diverse discipline e una riflessione sulla lingua stessa (la lingua dello studio). La lingua per comunicare può essere appresa in un arco di tempo che può oscillare da un mese a un anno, in relazione all’età, alla lingua d’origine, all’utilizzo in ambiente extrascolastico. Per apprendere la lingua dello studio, invece, possono essere necessari alcuni anni, considerando che si tratta di competenze specifiche. Lo studio della lingua italiana viene inserito nella scuola di Bella all’interno della quotidianità dell’apprendimento e della vita scolastica degli alunni stranieri, con attività di laboratorio linguistico e con percorsi e strumenti per l’insegnamento intensivo dell’italiano. L’apprendimento e lo sviluppo della lingua italiana come seconda lingua è al centro dell’azione didattica. Tutti gli insegnanti della classe, di qualsivoglia disciplina, sono coinvolti. Una volta superata questa fase, viene prestata particolare attenzione all’apprendimento della lingua per lo studio perché rappresenta il principale ostacolo per l’apprendimento.
Barbara Ischinger, direttore per l’Istruzione dell’Ocse, in “Indicatori Ocse 2006” ha scritto: «La valutazione PISA (“Programme for International Student Assessment”) rivela che l’ambiente sociale svolge, nel determinare le prestazioni di uno studente in paesi come la Germania, la Francia e l’Italia, un ruolo anche maggiore che negli Stati Uniti». E ancora: «A Hong Kong, comunque, le alte aspettative per gli studenti si accompagnano ad un ambiente didattico altamente incoraggiante, dove gli studenti riferiscono costantemente che gli insegnanti mostrano interesse all’apprendimento di ogni studente, danno un ulteriore aiuto quando gli studenti ne hanno bisogno e continuano a spiegare fino a quando tutti gli studenti abbiano capito. Invece, gli studenti di tutti i paesi economicamente importanti d’Europa, ed in modo particolare di Germania, Francia, Italia, Polonia e Paesi Bassi, hanno rivelato livelli significativamente più bassi di sostegno da parte degli insegnanti». Non si tratta tanto di insegnare l’italiano come Lingua 2, ma capire in che lingua “pensa” l’alunno straniero, quali possibilità linguistiche hanno certe lingue madri nei confronti delle metafore e delle allegorie italiane, in che modo certi linguaggi possono trasferire informazioni su complesse astrazioni di tipo matematico o scientifico, in che modo certe competenze linguistiche o culturali possono essere certificate. Se provate a chiedere agli alunni stranieri che frequentano la scuola secondaria in che lingua “pensano” vi troverete di fronte a grosse sorprese: alcuni alunni “pensano” in più lingue, nessuna delle quali è da loro conosciuta perfettamente nel senso che noi diamo a questo termine nell’Occidente europeo. La mancata padronanza di una Lingua 1 nella sua completezza e complessità pone l’alunno straniero davanti a scogli spesso insormontabili per la comprensione anche di semplici astrazioni proprie della lingua italiana.
In questi giorni celebriamo il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. In queste settimane migliaia di stranieri continuano a sbarcare sulle nostre coste provenienti da aree del Mediterraneo che lottano per la libertà. La scuola pubblica italiana deve essere messa in grado di fare la sua parte per garantire a tutti, attraverso la conoscenza, pari opportunità. È la speranza, il nostro futuro.