Pubblichiamo alcuni ritagli da “Silenzio per Gaza” di Mahmud Darwish, un capitolo di “Diario di ordinaria tristezza” (1973), appena uscito per Feltrinelli all’interno della raccolta “Una Trilogia palestinese“.
Si è legata l’esplosivo alla vita e si è fatta esplodere. Non si tratta di morte, non si tratta di suicidio.
È il modo in cui Gaza dichiara che merita di vivere.
Non si tratta di magia, non si tratta di prodigio.
È l’arma con cui Gaza difende il diritto a restare e snerva il nemico.
***
Perché il tempo a Gaza è un’altra cosa, perché il tempo a Gaza non è un elemento neutrale. Non spinge la gente alla fredda contemplazione, ma piuttosto a esplodere e a cozzare contro la realtà. Il tempo laggiù non porta i bambini dall’infanzia immediatamente alla vecchiaia, ma li rende uomini al primo incontro con il nemico. Il tempo a Gaza non è relax, ma un assalto di calura cocente. Perché i valori a Gaza sono diversi, completamente diversi. L’unico valore di chi vive sotto occupazione è il grado di resistenza all’occupante.
***
Gaza non è un fine oratore, non ha gola. È la sua pelle a parlare attraverso il sangue, il sudore, le fiamme.
***
Per questo, il nemico la odia fino alla morte, la teme fino al punto di commettere crimini e cerca di affogarla nel mare, nel deserto, nel sangue.
***