Se uscite dalle sale vellutate. Una riflessione sul pubblico di Metamorfosi

Pubblichiamo questo testo in occasione della giornata di studio “Il pubblico del teatro sociale in Italia e in Europa” che si tiene oggi a Siena, a cui parteciperemo con un intervento dal titolo: “Qual è il pubblico del teatro sociale? Una ricerca in progress a partire da Metamorfosi”. 

Se uscite dalle sale vellutate e dai palchi ovattati, se uscite dai luoghi comodi e facili da raggiungere, se uscite dalle convenzionali e dalle tradizionali abitudini mentali, se uscite dalla stanchezza ripetitiva dei riti mondani e sociali, se una volta tanto resistete alla tentazione di indossare l’abito elegante, allora forse potete ancora trovare il teatro.

Aveva ragione Gordon Craig quando, per definirlo, usava la metafora della montagna e lo paragonava alla sua vetta che molti avevano cercato di scalare, alcuni riuscendovi altri no, riportandone racconti e descrizioni diverse. Come diverse erano le descrizioni degli osservatori che tentavano di scorgerne la sommità dalle pendici, chi vedendo una cosa chi un’altra, chi dal lato della nebbia, chi dal lato del cielo sereno, chi con vista acuta e chi impedito da un ramo di albero o da un ciuffo d’erba.

Se ancora una volta dunque confideremo di cercare un teatro che non sia Il Teatro, ma una complessità e una molteplicità di uomini e di azioni, allora forse lo ritroveremo nei valori dei teatri, riconoscendoci nel senso di collettività e di partecipazione a un gruppo sociale, nel senso dell’emozione e dell’inquietudine che essi riescono a comunicarci. Come le microsocietà più in disparte degli uomini di teatro hanno sempre fatto, da duemila anni a questa parte. Appartandosi in luoghi strani e sconosciuti, senza troppo rumore ed esibizione, senza la volontà di imporsi divisticamente, ma semplicemente in attesa che qualcuno, “pazzo” come loro li andasse a cercare riconoscendoli per suoi simili.

Un tempo questi luoghi sono stati le piazze, le strade fangose o polverose, sono stati i paesi o le piccole sale scomode e difficili da trovare nell’intrico urbanistico delle grandi città, sono stati i laboratori sconosciuti e senza insegne. Oggi possono essere fabbriche abbandonate, scuole in disuso, capannoni, padiglioni di ex ospedali, palestre. Andateci, e almeno un altro spettatore lo troverete sempre. O avrete la sorpresa di trovarne molti, nonostante non sia stata fatta pubblicità negli spazi che tradizionalmente contano.

Uscite dalle capitali del teatro e il teatro lo incontrerete nelle periferie e nelle microcellule urbane…*

 

*[Il testo è tratto da: Luoghi appartati ed “evidenza” del teatro in Teatro e Disagio, primo censimento nazionale di gruppi e compagnie che svolgono attività con soggetti svantaggiati/disagiati, a cura di Ivana Conte, Ilaria Fabbri, Bruna Felici, Vito Minoia, Claudio Paretti, Emilio Pozzi, Giorgio Testa, Stefano Viali, Arti Grafiche Stibu, Urbania (PU), 2003. ]

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