Questioni di Battaglia

Le fotografie di Letizia Battaglia per Lamborghini e la leggibilità delle immagini.

Questioni di Battaglia
L’immagine di promozione della campagna “With Italy, for Italy” lanciata il 14 luglio 2020 dalla casa automobilistica Lamborghini. Come si evince anche dalla posizione della sua foto ritratto, Letizia Battaglia occupa un ruolo speciale in questa iniziativa.

Accade tutto velocemente. Il 18 novembre vengono presentate, sull’account ufficiale Facebook di Lamborghini, le fotografie realizzate da Letizia Battaglia e commissionate dalla casa automobilistica per il progetto “With Italy, for Italy”. L’idea alla base dell’operazione è semplice: venti fotografi italiani – più o meno noti – chiamati a raccontare il Bel paese, regione per regione, insieme ad altrettanti modelli di Lamborghini. La premessa è quella di voler omaggiare l’Italia in un momento di – apparente – ripresa post lockdown (i fotografi iniziano a scattare durante l’estate, non potevano sapere che il futuro prossimo non sarebbe stato così roseo). Le buone intenzioni ci sono tutte, e il risultato è una sorta di grand tour in tre tappe: sud , centro e nord. La punta di diamante della squadra è però lei, la ventunesima fotografa del team, Letizia Battaglia: a lei spetta il compito di raccontare la sua Palermo.

Torniamo, allora, al 18 novembre, ovvero quando gli scatti iniziano a circolare in rete. Le foto ritraggono alcune bambine tra le vie della città – Piazza Pretoria, Piazza San Domenico, ma anche Mondello, ecc. – accanto a un modello Lamborghini di colore giallo. Qualcosa, però, non funziona come dovrebbe. L’indignazione corre sui social, gli utenti scalpitano, montano le proteste, tutto si coagula e diventa grumo compatto, valanga che travolge ferocemente ogni cosa: il lavoro di Letizia Battaglia, la sua persona, la sua storia. Le accuse sono diverse, ma possono essere riassunte in alcuni filoni principali: la presunta svendita della fotografa, che accetta il compromesso e realizza un servizio fotografico per un’azienda di lusso in cambio di vile denaro (sacrilegio!); le foto sono esteticamente e tecnicamente poco valide (qualcuno insinua addirittura che non siano state scattate dalla stessa mano che ha firmato i bellissimi reportage che tutti noi conosciamo, o che la fotografa sia “impazzita”) e non rappresentano la città; infine, l’accusa più pesante di tutte: lolitismo. Ciò che viene imputato alla Battaglia è di essere caduta nel facile cliché donne-motori, anzi, peggio: di aver dato in pasto alla rete delle bambine, di averle sessualizzate. La polemica è così violenta che il sindaco Leoluca Orlando chiede a Lamborghini la sospensione della campagna perché, a suo dire, non è mai stata autorizzata dal Comune di Palermo – salvo poi scrivere un’accorata lettera di scuse alla fotografa rinnovando stima, amicizia e affetto, ma ormai il danno è fatto e la toppa è peggiore del buco – e la casa di auto di lusso non trova altra soluzione che fare marcia indietro – mi si perdoni lo scontato gioco di parole – e, di fatto, cancellare la campagna. Sui profili social ufficiali non ci sono più le foto firmate Letizia Battaglia, mentre alcune testate continuano a pubblicarle oscurando però il volto delle bambine. La rete ha vinto.

Nel gennaio del 2019 avevo programmato, per il lavoro culturale, un’intervista a Letizia Battaglia. Sono riuscita a incontrarla solo molti mesi dopo, al ritorno da una delle molte tappe di presentazione del film Shooting the Mafia di Kim Longinotto, il documentario che la vede protagonista; chiacchierammo a lungo, poi, nel congedarmi, mi disse che le avrebbe fatto piacere continuare l’intervista: di lì a breve sarebbe ripartita, mentre quel giorno aveva già un impegno e non c’era più tempo a disposizione – o forse, profeticamente, non era quello “il” tempo – ma voleva continuare a raccontare. A distanza di un anno l’intervista non ha ancora visto un seguito – e dubito che, alla luce degli eventi, ne troverà mai uno. E tuttavia, prima di iniziare questo articolo, è lì che sono tornata, a quella registrazione ancora inedita. Tra le molte cose che Letizia mi ha detto quel giorno c’è soprattutto la rivendicazione di un non-dire che mi sembra, oggi, illuminante: «le foto sono fatti, prima di essere scatti… non mi farai mai dire nulla sull’arte fotografica separata dalla vita (…) dentro la macchina fotografica io ci porto il mondo, lo vivo come io desidero che il mondo sia». Ed è all’interno di questa cornice, non già teorica bensì biografica, che bisogna muoversi, recuperare una distanza ormai compromessa e che rende le foto illeggibili; se la polemica generata attraverso i social – e fomentata da una certa categoria di fotografi e critici che potremmo definire “purista” – ha pregiudicato la possibilità di una comprensione critica delle immagini, è necessario costruire allora una nuova leggibilità – e mi perdonerà Letizia se faccio qui appello alla teoria e a Didi-Huberman – ricontestualizzando le immagini stesse, meglio: ri-montandole in un nuovo flusso, accostandole ad altre immagini e testi. Ed è da questo azzardo che vorrei partire.

Questioni di Battaglia
Letizia Battaglia, foto per “With Italy, for Italy”: due ragazzine abbracciate in primo piano voltano le spalle all’automobile, che invece cattura tutti gli sguardi maschili.

Cosa vediamo quando guardiamo

Ritorniamo, allora, alle fotografie. Protagoniste sono alcune bambine – le “sue” bambine, come le chiama da sempre la fotografa: una bimba dai capelli rossi, una bambina in età pre-adolescenziale, e una terza ragazzina, di cui però non si vede il volto. La bambina dai capelli rossi compare in due scatti: quello realizzata a Piazza Pretoria e quello alla Cala. In entrambe le fotografie la bambina è ripresa in primo piano: lo sguardo è serio, sembra interrogarci; la macchina, invece, rimane sullo sfondo. Le fotografie della seconda bambina sono quelle che maggiormente hanno fatto gridare allo scandalo: in un caso, la bambina è seduta a Piazza San Domenico, nell’altro è abbracciata a una coetanea in una strada trafficata, probabilmente la Vucciria; è vestita come ogni altra ragazzina durante l’afosa estate palermitana, pantaloncini corti e top; la macchina rimane, anche in questo caso, sullo sfondo. Le altre fotografie vengono realizzate a Mondello, ma qui la bambina è fotografata di spalle: seduta su di una panchina mentre osserva qualcosa (il mare? la macchina?) in una fotografia, mentre in un’altra la massa di capelli ondeggianti copre tutto il resto; la Lamborghini non è più neanche sfondo, scompare dietro il movimento della testa della bambina.

Letizia Battaglia non realizza still life: nelle sue fotografie, i soggetti non sono mai in posa, l’immagine è sempre il risultato di uno scontro, di un “corpo a corpo” con le cose che accadono – «mi piace fotografare da vicino (…) è come un abbraccio» mi ha detto durante l’intervista – e questo vale anche quando incontra le sue bambine: nulla è programmato, non c’è niente di ricercato, costruito. Quando Francesca Alfano Miglietti sceglie la famosa fotografia della bambina con il pallone per la mostra Fotografia come scelta di vita (Tre Oci, 2019), decide di ricostruire – per la prima volta – l’intera sequenza: la bambina gioca con la palla, poi è la posa stessa a farsi gioco e la bambina sceglie liberamente di assumere una postura “da adulta”. Letizia non interviene, è lì, coglie l’attimo – «aspetto l’incantesimo… mica mi riescono tutte le fotografie delle bambine!» – fotografa. La posa è quasi sensuale, il braccio alzato, lo sguardo serissimo: potremmo mai dire di quella foto che è “oscena”?

Qualcuno obietterà dicendo che la pubblicità e il reportage parlano due linguaggi differenti, e che l’associazione donne-motori ri-attiva un immaginario sedimentato nel tempo. Ma l’associazione è solo nostra, non certo nell’intenzione della fotografa. Anzi: da anni Letizia Battaglia lavora nella direzione diametralmente opposta. Attraverso una differente composizione – ma potremmo dire ri-montaggio? – la fotografa opera nel senso di un disinnesco delle immagini stesse. Lo ha fatto con le sue fotografie di mafia e morti ammazzati, ri-fotografandole dopo averle trasformate in sfondo per altre azioni e soggetti: donne, bambine, fiori, «ho persino cercato di farlo con Pippo, il mio cane, ma non ci sono riuscita». Anche in quel caso, qualcuno gridò allo scandalo: non solo Letizia stava sottraendo quelle fotografie a una presunta proprietà collettiva, ma metteva in discussione lo sguardo dello spettatore. E se, allora, il problema non fosse – ancora una volta – altro che questo, ovvero il depotenziamento di un immaginario che è nostro e con il quale, davanti a quelle fotografie, siamo chiamati inevitabilmente a fare i conti? Ritorniamo ancora alle fotografie: la macchina è fuori fuoco, è lo sfondo, sono le bambine a essere in primo piano. Sono loro il centro dell’azione, la macchina di lusso, oggetto associato al potere maschile, perde tutta la sua potenza simbolica. A incrinare l’operazione della fotografa è l’utilizzo del colore, questo sì richiesto dalla casa automobilistica: noi non vediamo la macchina, è il colore giallo che salta agli occhi. Provate allora a immaginare le foto in bianco e nero: adesso le riconoscete?

Questioni di Battaglia
Letizia Battaglia, foto per “With Italy, for Italy”: una ragazza guarda il mare, sullo sfondo una Lamborghini parcheggiata di traverso

Dimenticare Palermo

Le fotografie per Lamborghini sono state realizzate in alcuni dei luoghi più famosi di Palermo: Piazza Pretoria (o della Vergogna), la Vucciria, Piazza San Domenico – nella Chiesa di San Domenico è sepolto Giovanni Falcone – Mondello. Eppure, questo non sembra essere sufficiente a rappresentare la città. Forse, se le bambine avessero avuto in mano un’arancina, chissà… Riprendiamo per l’ultima volta le foto, in particolare lo scatto realizzato alla Cala. Una coroncina di rose bianche spicca tra i capelli rossi della bambina: le rose, non sono forse il fiore della “Santuzza”? Nel 2018 il sindaco di Palermo nomina Letizia Battaglia direttore artistico del “festino” di Santa Rosalia. Il tema scelto dalla fotografa sembra, alla luce di questa polemica, scontato: Palermo Bambina. Perché che Palermo sia per Letizia Battaglia una bambina, non è una trovata pubblicitaria: in una città dove per anni il sangue ha lavato le strade, le bambine sono per lei da sempre l’unica speranza possibile per un futuro migliore.

E ancora: chi ha visitato anche solo una volta Palermo ne ha sperimentato i contrasti radicali che in alcuni quartieri della città danno vita a una bellezza sfacciata. Ed è questa bellezza insolente che sembra affacciarsi appena sul volto della bambina seduta in Piazza San Domenico a disorientarci, perché espressione non di un atteggiamento provocante, ma di una contraddizione che è strutturale alla città stessa. Dimenticare questo significa perdere di vista ciò che la città, essenzialmente, è.

«Quando io ho fatto le fotografie, non ero per niente un’artista. Ero una fotografa maltrattata, non valorizzata, non pagata: nessuno mi diceva “brava”. Oggi sta succedendo questa cosa per cui sarei una “artista” e mi dicono che sono brava, dopo tanti anni. È una cosa assolutamente ingiusta quello che sta avvenendo ora, così com’era ingiusto quello che accadeva allora. Per fortuna io ho le mie fotografie… ». Mi dispiace, Letizia, per questa nuova ingiustizia. Per fortuna, anche noi abbiamo ancora le tue fotografie, con la speranza che ce ne siano ancora delle altre. Ma capisco che questo riconoscimento è per te una magra consolazione.

 

[Durante un intervento per Rainews24, Letizia Battaglia ha comunicato la sua volontà di lasciare a gennaio la direzione del Centro Internazionale di Fotografia di Palermo in seguito alle polemiche suscitate da questo lavoro. Fondato nel 2017 dentro i Cantieri Culturali alla Zisa, il Centro ha ospitato in questi anni alcuni tra i più grandi nomi della fotografia del nostro tempo.] 

Questioni di Battaglia
Letizia Battaglia, foto per “With Italy, for Italy”: una bambina con una ghirlanda di rose, simbolo di Santa Rosalia; alle sue spalle, forse, una Lamborghini.
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