Martedì 1 dicembre 2015 i coniugi statunitensi Mark Zuckerberg e Priscilla Chan hanno reso pubblica la notizia della nascita della loro primogenita Max, attraverso una lunga lettera postata nella sezione “Note” del profilo Facebook del marito.

La loro gioia si è immediatamente irradiata – quasi trecentomila condivisioni, più di centomila commenti e un milione e mezzo di Like – presso la comunità di utenti del social network fondato dal giovane padre nei primi anni Duemila.
La notizia della dolce attesa era stata annunciata già alla fine di luglio, quando Zuckerberg aveva postato una bella foto scattata all’aria aperta, accompagnata da una didascalia molto esplicita:
Io e Priscilla abbiamo una straordinaria notizia: aspettiamo una bambina! Questo aprirà un nuovo capitolo delle nostre vite.
Siamo già stati così fortunati per l’opportunità di toccare la vita delle persone in tutto il mondo: Cilla come medico ed educatore, io attraverso questa comunità e la filantropia. Ora ci concentreremo a rendere il mondo un posto migliore per il nostro bambino e per la prossima generazione.
Nei mesi successivi, ne sarebbero succedute altre. Alcune scattate da anonimi, altre da figure di primo piano della fotografia mondiale. Il 4 novembre, circa un mese prima dell’annuncio, Zuckerberg posta ad esempio una nuova immagine con la quale loda i tratti “intensi e gentili”, “amorevoli e feroci” della moglie, nonché la capacità straordinaria di Annie Leibovitz – storica compagna di Susan Sontag, nota ritrattista di “frontman-filantropi” – di “catturare il suo spirito e la sua bellezza”.
I giornali di tutto il mondo riprendono e rilanciano questi frammenti di vita, esaltano l’amore tra i coniugi e la dolcezza di questo giovane uomo che – nonostante abbia trasformato il mondo con la sua invenzione – si lascia prendere dai gesti del quotidiano, cambia il pannolino alla neonata. (E chi l’avrebbe mai detto che questo nerd…? Non lo avevamo lasciato in The Social Network (2010) di David Fincher che premeva ossessivamente il tasto refresh per vedere se la ex fidanzata gli concedeva l’amicizia su Fb?).
E invece eccolo a scrivere “Un altro è andato, centinaia a venire”, proprio sul suo Fb, pubblicando una foto che lo ritrae con la piccola Max posta sul fasciatoio, sotto una cartina del globo fatta di animaletti, trasfigurazione infantile del gioco del padre.
Ma anziché farci prendere la mano da un’intensa storia d’affetti, come se fosse una storia qualunque, come se queste foto e queste parole riguardassero vallette e calciatori e fossero state pubblicate da Alfonso Signorini o da Candida Morvillo nei loro bollettini di cellulosa, è forse necessario assumere consapevolezza della portata specifica e dell’eccezionalità certosina di questi scatti, di queste parole, di questo annuncio, di questa nascita.
Il fondatore e co-proprietario della più importante rete sociale globale – con un miliardo e mezzo di utenti attivi in tutto il mondo –, e la moglie – medico e benefattore –, danno la vita a una figlia e ne rendono partecipe il mondo attraverso i canali della rete stessa, come se si trattasse di una comunicazione familiare allargata. Ancora di più, la nascita di Max li porta a scrivere e rendere pubblica, nell’immediato, una lunga lettera esplicitamente indirizzata a lei ma rivolta all’umanità tutta.
Priscilla and I are so happy to welcome our daughter Max into this world! For her birth, we wrote a letter to her about…
Posted by Mark Zuckerberg on Martedì 1 dicembre 2015
Da Famiglia Cristiana a Wired, i contenuti espressi in questo documento sembrano aver suscitato sincera ammirazione ed entusiasmo. Ma se letta con attenzione e presa sul serio, la lettera suscita a dir poco inquietudine. Costituisce il tentativo della giovane coppia di entrare a pieno merito nella cerchia prestigiosa della filantropia, giusto accanto a Bill e Melinda Gates, ma presenta anche notevoli originalità, perlopiù dovute alle specifiche caratteristiche dell’infrastruttura tecnologica e sociale che costituisce il loro capitale di riferimento: un social network capace di aggregare e raccogliere informazioni anagrafiche e attitudinali riguardanti la popolazione di buona parte del pianeta, nonché di favorire e orientare le forme di relazione tra i soggetti. Quegli stessi soggetti ai quali, potenzialmente, si rivolge la loro iniziativa benefica.
Nell’incipit della lettera, mamma e babbo si rivolgono a Max, appena nata, ma dichiarano infatti che le loro passioni e attenzioni non sono indirizzate soltanto a lei:
Faremo la nostra parte e non solo perché ti amiamo, ma perché abbiamo una responsabilità morale di fronte a tutti i bambini della prossima generazione.
Di fronte all’evento della nascita di Max, Zuckerberg e Chan si pensano e si pongono in rapporto ai bambini di tutto il mondo, a tutti quelli della “prossima generazione”. Dedicano loro un testo molto lungo e dettagliato nel quale si parla di progresso tecnologico, di salute, di lotta alla povertà e alla fame, di lavoro, di tutela delle minoranze. Temi d’unanime importanza e riscontro.
Da un paragrafo all’altro, la dolce lettera muta registro, cambia genere: si va dal pathos epistolare all’utopia, al “contratto con l’umanità”. Dalla declaration of intent si passa all’implementation. La mission è addirittura scandita per punti:
Dobbiamo intraprendere investimenti di lungo periodo oltre i 25, 50 o anche 100 anni…
Dobbiamo impegnarci direttamente con le persone con cui operiamo…
Dobbiamo costruire tecnologie che garantiscano il cambiamento…
Dobbiamo partecipare alle decisioni politiche e ai dibattiti per dare forma alle opinioni…
Dobbiamo sostenere i leader più forti e indipendenti in ogni campo…
Dobbiamo prenderci dei rischi oggi per trarre insegnamenti per domani…
Infine, esplicitando le modalità operative attraverso le quali porre in atto tali intenzioni, i coniugi dichiarano di essere pronti a liberarsi dei loro averi e a cedere il loro patrimonio.
Come tu dai avvio a una nuova generazione della famiglia Chan Zuckerberg, così iniziamo diamo vita alla Chan Zuckerberg Initiative, il cui obbiettivo è di raggiungere persone in tutto il mondo per promuovere il potenziale umano e la parità per tutti i bambini nella prossima generazione. Inizialmente ci focalizzeremo sull’apprendimento personalizzato, sulla cura delle malattie, sulla connessione tra persone e la costruzione di comunità forti.
Nel corso della nostra vita daremo il 99% delle nostre azioni Facebook – attualmente circa 45 miliardi di dollari – per far progredire questa missione. Sappiamo che questo è solo un piccolo contributo rispetto a tutte le risorse e i talenti di quelli che già stanno lavorando su questi temi. Ma vogliamo fare ciò che possiamo, lavorando accanto a molti altri.
Constatato l’apprezzabile gesto (ma che cosa significa “dare 45 miliardi di dollari?”: qui una possibile risposta), sembra importante arrestare per un attimo l’entusiasmo e cercare di tenere insieme il metodo e il merito della lettera degli Zuckerberg.
Nelle loro parole, la nascita di un figlio costituisce la condizione di possibilità per il lancio di un nuovo soggetto filantropico-imprenditoriale, la Chan Zuckerberg Initiative, capace di affermare un sistema di valori universale del quale si sentono custodi. Com’è ovvio che sia, la cessione o il dono di tale somma non potrà risolversi in una transazione netta (a vantaggio di chi?), ma si dispiegherà in una serie di azioni economiche e comunicative mirate a indirizzare la vita sociale del pianeta a discapito della conflittualità, senza rivendicazioni tra le parti, senza politica praticata. Come scrivono nella lettera: “Dobbiamo partecipare alle decisioni politiche e ai dibattiti per dare forma alle opinioni […] Dobbiamo sostenere i leader più forti e indipendenti in ogni campo”.

La nascita della piccola ha di certo un valore in sé per la coppia e non è il caso di metterlo in dubbio – “Io e tua madre non troviamo ancora le parole per descrivere la speranza che ci dai per il futuro”, scrive Zuckerberg nella lettera –, ma esprime soprattutto una funzione simbolica e politica di grande portata. In quanto proprietari di un sistema sociale che si estende da un capo all’altro del globo, all’occasione della nascita della loro primogenita, i due imprenditori hanno compiuto l’azzardo di proporsi come “genitori” di tutta un’umanità che, tra oggi e domani, iscriverà i propri dati personali e articolerà i pensieri e le emozioni della propria vita all’interno del dispositivo tecnologico stesso.
Il bersaglio della lunga lettera che diventa manifesto e programma umanitario, è la figlia Max e con lei tutti i “nativi digitali”. Quelli che avranno vent’anni tra quindici anni, la cui formazione è stata profondamente influenzata dall’evoluzione tecnologica, e il cui orizzonte di riferimento civile e politico sembra ancora in buona parte impensato.
Da chi e in che modo saranno gestiti i loro dati personali? Quali istituzioni si faranno garanti dei loro diritti civili e del mantenimento di uno spazio di piena articolazione del politico? È pura fantascienza ipotizzare un prossimo futuro in cui la rete globale di Facebook o di altri social network assumerà una funzione para-istituzionale o post-istituzionale, trasfigurandosi in un sistema anagrafico autonomo e globalizzato? (A ben vedere, la rapidità di Facebook nel rispondere a eventi traumatici come quelli avvenuti a Parigi il 13 novembre scorso – qui un’analisi della app Safety Check – sembra già costituire una forma di istituzionalizzazione del social network che assume funzioni di ordine pubblico e di pubblica sicurezza).

Sulla base di queste domande, di questi spunti, è forse possibile ritornare sull’immagine che fa da corredo alla lettera dagli Zuckerberg. Vediamo un uomo e una donna che portano in braccio una neonata. Le loro teste convergono in un gesto di affetto reciproco e formano un vertice nella parte alta della fotografia. I loro sguardi sono sulla piccola. A guardar bene, si nota che la bambina è tra le braccia del padre, mentre la madre avvolge in un unico abbraccio gli altri membri della famiglia.
Dal punto di vista iconografico, retorico e politico, quella di Max non è una nascita, ma una Natività, per quanto sui generis.
Non è il semplice proseguimento di una linea parentale. È il tentativo di fondare simbolicamente una comunità di “fratelli” a partire da tale atto di nascita. Una comunità alternativa o concorrente con il sistema di tutele politiche che definiscono la cittadinanza. Certo, Facebook è concepito formalmente come una comunità di amici, all’interno della quale è possibile specificare relazioni parentali o sentimentali specifiche, tendenzialmente corrispondenti a quelle dello stato civile. Con la nascita di Max, tale sistema relazionale non si modificherà di certo: continueremo a chiederci l’amicizia, fidanzarci e sfidanzarci, sposarci e divorziare, simulare e dissimulare. Non diventeremo “parenti” di Zuckerberg. La lettera dei coniugi esprime piuttosto il duplice tentativo politico e filosofico – per non dire teologico – di ribadire la trascendenza all’interno del social network e di assegnargli una corporeità, in quanto presente e futuro oggetto di governance. È l’esplicitazione di una funzione di amministrazione assunta dai detentori dell’infrastruttura sulle vite di coloro che partecipano del suo corpo superindividuale.
L’istituzione di una “Natività digitale” costituisce in questo senso un tentativo di amministrare il futuro dei “nativi digitali”, vincolandoli a un’immagine-corpo, a un principio di relazione e conformazione.
Certo, per poter radicare in profondità tale ipotesi, si tratterebbe di condurre fino in fondo l’analisi qui solamente abbozzata. Si tratterebbe di ripercorrere passo passo la lettera, come di riconoscere lo specifico sistema di ruoli e di sguardi che costruisce l’immagine della famiglia Zuckerberg rispetto all’iconografia della Sacra Famiglia affermatasi nel corso dei secoli. Ma a ben vedere – e senza scomodare i filosofi, gli storici e gli antropologi che nel corso degli ultimi decenni hanno toccato la questione –, la strategia di comunicazione degli Zuckerberg sembra costituire l’ennesima manifestazione di un processo di secolarizzazione dell’iconografia religiosa all’interno delle pratiche politiche che caratterizzano il tardo capitalismo: le icone gloriose di leader nazionali e transnazionali che si sottraggono ai vincoli politici dello stato di diritto; il sistema di passioni a distanza che definisce il frame umanitario e inibisce la piena articolazione dell’azione politica.
Una volta tanto – sempre più spesso – osservare le iconografie e le stratificazioni dell’immaginario non trova un fine in se stesso, ma dà l’impressione di poter cogliere le pendenze morali e politiche del presente.
Insomma, eccoci qua, di nuovo, a contemplare l’enigma di un bambino che nasce.
Buon Natale!
