Dopo la tragedia di Lampedusa, l’accoglienza indegna di un paese civile

Dopo la tragedia consumatasi nel mare di Lampedusa, una riflessione dedicata all’analisi delle responsabilità del sistema ‘accoglienza’ in Italia.

Le immagini riprese da un inviato RAI che ha trascorso la notte nel centro di prima accoglienza e soccorso di Contrada Imbriacola a Lampedusa hanno fatto il giro del mondo. Il ministro dell’interno Alfano e i gestori del centro non possono più dire che si tratta solo di sovraffollamento e che il sistema di accoglienza in Italia funziona.

L’accoglienza affidata ai prefetti che hanno utilizzato ancora la legge Puglia del 1995 – con la creazione di una miriade di strutture di accoglienza improvvisate come scuole e palestre, ma anche capannoni industriali e tende in un mercato ittico – ha moltiplicato centri di trattenimento informale al di fuori del diritto. E per molti migranti l’imperativo categorico è diventato fuggire dall’Italia senza farsi rilevare le impronte digitali, per riuscire ad accedere alla procedura di asilo in un paese capace davvero di accogliere ed integrare. La maggior parte dei 5000 siriani arrivati quest’anno in Sicilia è così fuggita verso i paesi del Nord Europa dove ha potuto presentare una richiesta di asilo e trovare un’accoglienza dignitosa. Molti sono stati percossi mentre tentavano di fuggire o perché rifiutavano di farsi prendere le impronte digitali.

E questo lo sanno anche i superstiti della strage di Lampedusa che adesso hanno anche paura di farsi trasferire verso strutture come il CPSA di Pozzallo, nelle quali si sono verificati gravi abusi ai danni dei migranti, in alcuni casi anche ai danni di minori non accompagnati.

A Lampedusa si verifica ancora una volta la stessa situazione indegna di mala accoglienza che denunciammo dal 2003, documentata da video e da rapporti facilmente reperibili in rete. Una situazione che puntualmente si ripresenta con ciclicità, a seconda delle crisi internazionali, un’emergenza ricorrente.

Ormai arrivano quasi esclusivamente potenziali richiedenti asilo; potenziali perché in realtà nessuno di loro vuole presentare domanda di asilo e rimanere in Italia, dove, si sa, le procedure possono durare degli anni. In Italia infatti mancano il lavoro e l’alloggio e vengono sistematicamente negate quelle possibilità di integrazione che in altri paesi europei si possono ancora sfruttare. Ancora una volta il sistema di accoglienza italiano dimostra come il centro di prima accoglienza e soccorso di Lampedusa sia in realtà sintesi di un problema molto più ampio, profondo e radicato.

Solo nel 2008 con il “modello Lampedusa” – un sistema integrato di trasferimenti rapidi e di seconda accoglienza, ideato dal prefetto Morcone, con l’avvio del progetto Praesidium, in convenzione con il ministero dell’interno – si riuscì a garantire nell’isola il transito rapido di 30.000 naufraghi (molti più di quanti ne sono arrivati quest’anno, con tempi massimi di permanenza di 72 ore, e quindi il rapido trasferimento in centri di seconda accoglienza in tutta Italia).

Adesso assistiamo a una situazione di degrado avvilente che colpisce anche i superstiti della strage più grave che si sia mai verificata nel Mediterraneo. E i rappresentanti di Praesidium, che vivono questa situazione ogni giorno, non sono più capaci di incidere sulle scelte del Ministero dell’Interno. Anzi: non denunciano più quanto avviene, neppure con semplici comunicati, come è avvenuto invece fino al 30 aprile di quest’anno.

Devono essere giornalisti e parlamentari a scoprire il trattamento disumano e degradante al quale sono sottoposti gli immigrati rinchiusi nei Centri di prima accoglienza (CPA). Nel CPA di Lampedusa infatti non fanno entrare nessuno. Hanno negato l’ingresso anche al sindaco di Lampedusa: il centro viene spesso utilizzato come un “centro chiuso”, anche se è una struttura dalla quale non è difficile uscire e rientrare, malgrado le continue attività di ripristino dei reticolati che lo circondano. Dall’esterno appare come una grande gabbia in fondo ad un fosso; all’interno mancano posti letto al coperto, spesso donne e minori sono costretti alla promiscuità. Una situazione che denunciamo da anni e che molti hanno ignorato fino a quando su Lampedusa non si sono accesi i riflettori dei grandi media. Questa volta, con tanti morti, nessuno ha potuto ignorare quello che era successo trovandosi costretto a considerare anche le condizioni indegne nelle quali viene trattenuto chi si è salvato. Le indagini penali a cui sono stati sottoposti i “sopravvissuti” mettono in tutta evidenza il carattere inutilmente vessatorio delle norme della legge sull’immigrazione, sia della Bossi-Fini sia dei complementari pacchetti sicurezza di Maroni che nel 2009 hanno introdotto il reato di immigrazione clandestina.

Il centro di prima accoglienza e soccorso di Contrada Imbriacola va svuotato e ristrutturato, ancora ci sono i segni del rogo che ne distrusse una parte nel 2011. I profughi vanno trasferiti urgentemente in veri centri di accoglienza, o in alberghi da requisire, assistiti dalle professionalità che servono – mediatori, legali, psicologi, medici – e non deportati nel Centro di primo soccorso e accoglienza (CPSA) di Pozzallo, che, quando è sovraffollato come in questo periodo, presenta condizioni analoghe a quello di Lampedusa e, tanto meno, nel mega-Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) di Mineo che consente l’inabissamento delle persone in una comunità senza tempo e senza storia di 3000 persone. Ci vogliono altri centri con le professionalità adeguate per realizzare una vera accoglienza decentrata. Ci vogliono soldi e professionalità. Occorre togliere di mano a prefetti e questori la gestione di una materia che non può rientrare sempre e soltanto nella sfera dell’ordine pubblico.

Per documentare le clamorose e ricorrenti condizioni indegne in cui versano in Italia i centri di prima accoglienza e soccorso (CPSA) per stranieri in Sicilia (Pozzallo e Lampedusa) si possono consultare diversi materiali diffusi a partire dal rapporto coordinato dall’ASGI “Il diritto alla protezione”.

Potranno ripulire e sgomberare il centro di Contrada Imbriacola in vista della visita di Barroso a Lampedusa con il vice-premier Alfano (mercoledì 9 ottobre), ma non riusciranno a nascondere la vergogna di cui sono responsabili.

[Di seguito una selezione di contributi che documentano nel tempo le condizioni delle stutture di accoglienza in Italia]

DOCUMENTAZIONE 2003-2013

http://www.lasua.com/immigrati-chaouky-pd-al-cie-lampedusa-situazione-indegna-paese-civile/

http://www.rainews24.rai.it/it/video.php?id=35196

www.abuondiritto.it/upload/files/Lampedusa.pdf

http://www.cestim.it/sezioni/tesi/tesi_indries_linguaggio_media_cie_lampedusa_10-11.pdf

http://mariarosetta.blogspot.it/2009/04/tornano-in-liberta-gli-emigrati.html

http://archiviostorico.corriere.it/2003/giugno/19/Lampedusa_invasione_non_ferma_co_0_030619013.shtml

http://mariarosetta.blogspot.it/2009/04/tornano-in-liberta-gli-emigrati.html

http://archiviostorico.corriere.it/2003/giugno/19/Lampedusa_invasione_non_ferma_co_0_030619013.shtml

[Su Italian struggles trovate la traduzione in inglese del testo]

Print Friendly, PDF & Email
Close