“Zona” (BUR Rizzoli, 2011), di Mathias Énard, è uno dei romanzi più importanti usciti negli anni Duemila. È apparso nel 2008 in Francia e nel 2011 in Italia, nell’ottima traduzione di Yasmina Melaouah.
Il disegnatore Alessandro Bacchetta – che, fra le altre cose, ha pubblicato di recente una biografia a fumetti di Raffaello Sanzio e, prima, una di Virginia Woolf – ha tratto da Zona dodici tavole, con lo scopo di calare il pubblico di CaLibro Festival, a Città di Castello, nell’atmosfera del libro, in occasione dell’incontro – poi rimandato – con Mathias Énard.
Come già scritto su il lavoro culturale, Zona è il racconto del viaggio in treno da Milano a Roma di Francis Mirković, croato divenuto francese. Mirković ha con sé una valigia piena di documenti, liste scottanti di nomi di vittime e carnefici dell’Olocausto e di altri drammi, che ha potuto raccogliere nel corso della sua carriera. Sta andando in Vaticano a vendere quei documenti. La sua attività, nella zona mediterranea che va da Barcellona a Beirut, gli ha dato modo di raccogliere informazioni segrete e terribili sugli ultimi cinquant’anni di storia europea e mediterranea, e con il viaggio raccontato in Zona tenta di ricavare da quell’archivio personale abbastanza soldi da poter cambiare nome e ritirarsi a vita privata. Prima di trasferirsi in Francia, Francis Mirković ha combattuto la guerra civile in Jugoslavia. Non si è risparmiato – né da testimone né da artefice – nessuna delle atrocità di quella guerra che ci hanno combattuto dietro casa. Mirković ha combattuto prima per l’indipendenza della Croazia, poi dell’Erzegovina e poi per una Bosnia croata, cavalcando i nazionalismi di quegli anni e di quei luoghi. E dice di essere stato un «debole antisemita» e un «cattivo fascista».
Il suo viaggio in treno è lungo circa 500 chilometri, come circa 500 sono le pagine di questo libro, che si presenta come un’unica frase (eccetto per alcuni brevi inserti di un romanzo nel romanzo, in cui un certo scrittore libanese racconta la vicenda di una guerrigliera palestinese). Mentre attraversa l’Italia da nord a sud, fra le campagne buie e le periferie urbane, Mirković, alterato da anfetamine e alcol, ripensa al suo passato, e a come il suo percorso biografico si sia intrecciato con la violenza che ha segnato e che continua a segnare la storia della “Zona”. Il suo è un viaggio che smette presto di essere personale e diventa l’affresco della tragica scena del ventesimo secolo europeo e mediterraneo.
Ricalcando i ventiquattro canti dell’Iliade, eventi della storia recente e antica si trovano l’uno a fianco dell’altro: miti e fatti storici, dalle saghe greche alla Gaza di oggi, dal genocidio armeno alla guerra civile spagnola e alle guerre jugoslave, e il tutto è accomunato dal buio percorso biografico del protagonista. Zona è infatti da leggere come una tragedia greca, salvo poi rendersi conto di esserne tutti attori, incastrati claustrofobicamente sul palco, fra il coro e gli dèi manipolatori.