Violenza e politica a Rio de Janeiro

“Laboratorio Favela. Violenza e politica a Rio de Janeiro” (edito da Tamu Edizioni) è una raccolta di testi e discorsi di Marielle Franco.

Pubblichiamo il Discorso al consiglio comunale durante la giornata di sciopero globale dell’8 marzo 2018, tenuto pochi giorni prima del suo assassinio.

Laboratorio favela
Foto: Bernardo Guerreiro / Mídia NINJA (licenza CC BY-NC-SA 2.0)

Anche in questo momento in cui la democrazia appare debole, in cui ci chiediamo se avremo o meno delle elezioni democratiche e in cui non si parla d’altro che degli scandali in parlamento, è fondamentale parlare delle donne che lottano per un modo diverso e più democratico di fare politica. La precarizzazione della vita delle donne viene giustificata con la crisi, e se ne parla con grande difficoltà. Dove sono i posti negli asili che sono stati approvati dal sindaco Marcelo Crivella e che andavano ampliati, aumentati? Dove sono quelli che non sono stati convocati per i concorsi pubblici? Come stanno le bambine e i bambini in questo periodo di interventi? Ora non mi interrompete eh, un altro uomo che vuole fare lo splendido…

[Le danno un fiore]

Grazie. Grazie agli assessori, e come ho detto oggi alla Fondazione Cruz: le rose della resistenza nascono dall’asfalto, siamo quelle che ricevono rose, ma siamo anche quelle che con il pugno chiuso parliamo dei nostri luoghi di vita e resistenza contro gli ordini e i soprusi che subiamo.

Anche perché questa questione non si limita all’oggi, e mi riferisco al consigliere con cui stavo parlando la settimana scorsa riguardo alla violenza che subiscono le donne durante il Carnevale, e che per tutta risposta mi ha chiesto da dove avevo tirato fuori questi dati. Quando le donne scendono in piazza, come oggi che è l’8 marzo anche alla Candelaria, lo fanno perché su 83 paesi il Brasile è al settimo posto negli indici di violenza, e lo ripeto, questi sono dati dell’Oms. I numeri continuano a salire, nell’ultimo anno c’è stato un aumento del 7,5% e sono undici le donne che ogni giorno vengono assassinate in Brasile. Gli ultimi dati dello stato di Rio de Janeiro parlano di tredici stupri al giorno. È questa la violenza contro le donne.

[Un uomo grida dalla tribuna « viva Ustra » e Marielle gli risponde] 1

Qui c’è un uomo a favore della dittatura e che ha qualcosa da dire contro il mio intervento? Chiedo alla presidenza del Consiglio comunale di impedire che qualcuno dalla tribuna mi interrompa durante il mio intervento, e che nessun consigliere venga interrotto. Non verrò interrotta! Non tollero chi interrompe i consiglieri in questo spazio. Ancora meno tollererò l’interruzione da parte di un cittadino che viene qui e non sa ascoltare la voce di una donna E-LET-TA! [Applausi]

[Interviene la presidente del Consiglio comunale]

Grazie presidente Tania, sappiamo che purtroppo questa non è la prima, né l’ultima volta. Tuttavia, l’attacco a chi viene dalla favela e al mio discorso ha a che fare con la violenza che subiamo noi donne; siamo aggredite e violentate da molto tempo e in molte occasioni. E in questa fase in cui l’intervento federale è diventato un intervento militare, voglio sapere: come stanno le madri e le famiglie dei bambini scomparsi? Come stanno i medici che non possono lavorare nelle cliniche? Come stanno le donne che non hanno accesso alla città? Sono molte, quelle donne: sono donne nere, donne lesbiche, donne trans, donne contadine, donne che costruiscono questa città, le cui storie ci restituiscono la loro forza e la loro centralità, che i signori qui presenti lo vogliano o meno. Oltre alle loro storie, queste donne hanno presentato dei dati concreti, come il dossier sui lesbocidi. Nel 2017 è stata uccisa una lesbica a settimana. Lesbocidio è un concetto che le donne lesbiche stanno coniando, proprio come abbiamo coniato il termine femminicidio nel dibattito relativo agli omicidi delle donne. Questi dati mostrano l’assurda realtà, che siamo davvero vittime della nostra diversità. Per esempio, molte donne nere quando camminano per strada devono sentire uomini che si permettono di dire «che fianchi larghi», come se stessimo ancora nel periodo della schiavitù. Eh no, mio caro, quel periodo è finito! Siamo in una democrazia! Dovrai tollerare che sia una donna nera, trans, lesbica a occupare diversi spazi.

[Applausi]

Le persone che difendono il militarismo oggi hanno il coraggio di venire qui e urlare nel bel mezzo di un dibattito democratico. Rifiutiamo il potere delle armi, come già hanno fatto altri municipi. Il potere delle armi non si riprodurrà qui, e oggi nemmeno la polizia militare è preparata a usarle. Per contestualizzare: qualcuno ha visto cosa è successo in piazza San Salvador ieri? [qualcuno risponde] Esatto; meno male che la polizia che era lì non era armata. Sono corsi a proteggersi proprio come tutti gli altri cittadini, perché se avessero estratto le armi, sarebbero stati certamente uccisi e avremmo perso altre vite di dipendenti pubblici della città di Rio de Janeiro. Ecco perché gli uomini e le donne che pensano al processo democratico rifiutano tutto ciò che potrebbe provocare ancora più vittime tra gli abitanti di questa città. Al contrario, più armi significherà meno diritti. Si può uscire veramente da questa situazione solo creando condizioni di lavoro dignitose per queste persone.

È per questi e altri motivi che difendiamo la presenza di più donne. Volevo salutare l’assessora Rosa Fernandes, presente qui oggi. Lei è un riferimento per me, anche se abbiamo divergenze e differenze di partito, è una donna che mi ha accolta, ricevuta e trattata con rispetto […]. Il movimento che portiamo avanti, «Più donne negli spazi decisionali», ha lo scopo di far capire la necessità di politiche pubbliche che mettano fine alle molestie di strada in modo da poter parlare di mobilità e di economia sostenibile da una prospettiva di genere. Voglio salutare anche Cristina, Juliana, Cristina, Simone, donne che sono qui oggi, e Renata Stuart, le donne del mio assessorato, con le quali sto costruendo il mio mandato e sviluppando le politiche che vi presentiamo. Il mandato è per l’80% formato da donne perché capiamo che il motto «Una donna che sale sostiene l’altra» ha bisogno di essere concretizzato.

Una scrittrice che mi piace molto, Chimamanda, dice che la situazione cambierà solo se le donne che sono al potere sollevano, abbracciano, accolgono, costruiscono insieme ad altre donne. Se questo parlamento è composto solo per il 10% da donne, per strada siamo la maggioranza, ed essere la maggioranza significa pretendere il rispetto delle nostre identità. Purtroppo lì fuori ci sono sempre più vittime. Il motto di quest’anno dice «Siamo diverse, ma non siamo disperse». Lo intoneremo oggi alla Candelaria perché è uno degli slogan che mettono al centro la questione della valorizzazione della vita, come fanno le donne in tutto il mondo quando parlano di « sciopero transnazionale». Stiamo costruendo questa città a partire da chi è alla base della piramide sociale, come ha fatto Chiquinha Gonzaga. Tra un po’ finirà l’incontro e le donne e gli uomini di questo Consiglio si congratuleranno con Dida per la medaglia Chiquinha Gonzaga. Dida è una donna che fa politica con amore, che si occupa di gastronomia, che organizza spazi di resistenza a Praça da Bandeira, luogo di incontri di potenti donne nere.

Per terminare, vorrei citare Audre Lorde, una donna nera e lesbica, scrittrice statunitense di origine caraibica, femminista e attivista per i diritti civili. «Io non sarò libera finché un’altra donna sarà oppressa, anche se le sue catene sono molto diverse dalle mie». Per questo, camminiamo insieme, lottando contro ogni tipo di oppressione. Sono molte e diverse le questioni della lotta per la vita delle donne: la legalizzazione dell’aborto, la maternità, la cultura, l’imprenditoria…

E mi sembra fondamentale ringraziare, per concludere, Elaine, Júlia, Vitória, Mônica, Fernanda, Fabíola, Mariana, Lana, Rossana, Priscila, Renata, Iara, Bruna, Rogéria, Natália e Luna. Ringrazio le donne che costruiscono la storia insieme a me. Vamos junt@s!

[La tribuna dove sono sedute queste donne grida: « Ni una menos, juntas venceremos »]

Laboratorio favela

 

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Note

  1. [1] Carlos Alberto Brilhante Ustra è stato un colonnello dell’esercito brasiliano e capo del Doi-Brasileiro, un organo che ha portato avanti una fortissima repressione politica durante gli anni della dittatura militare tra il 1964 e il 1985. Ustra è stato condannato nel 2008 per i sequestri e le torture commessi durante il suo mandato
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