10 febbraio: il ricordo che si prende le strade
L’uso dei corpi e la retorica del 10 febbraio nella “Corsa del ricordo”.
L’uso dei corpi e la retorica del 10 febbraio nella “Corsa del ricordo”.
Trieste è sulla rotta balcanica «Trieste, porta d’oriente per l’immigrazione clandestina. […] Così l’esodo è ricominciato, irrefrenabile, spinto anche dalla miseria […]. II flusso è in crescendo, le destinazioni principali sono Germania, Olanda, Svizzera, l’Italia è per lo più zona di transito, anche se molti si fermano. Trieste è una delle principali porte dell’immigrazione clandestina, da una ventina d’anni. Non è nuova a tragedie. […] Da un anno gli arrivi stanno crescendo incontrollabilmente. Un afflusso spaventoso, e non si capisce ancora perché.» Michele Sartori, «l’Unità», domenica 21 aprile 1991 Ci sono due questioni per le quali Trieste e il confine orientale – generalmente inspiegabilmente così lontani dal senso comune italiano, così esterni alla coscienza nazionale – fanno delle comparsate nel dibattito pubblico: la prima è il cosiddetto Giorno del Ricordo, la seconda è la rotta balcanica. E la prima sproporzionatamente di più della seconda. E allora le farse? Il 10 febbraio è quel giorno dell’anno in cui l’Italia si ricorda di avere un confine orientale sancito definitivamente col trattato di Osimo del 1975 e, imbellettati i fascisti e tolto dal cassetto il gonfalone della X MAS, trasforma una narrazione strumentalmente confusionaria e parziale in memoria nazionale. Il Giorno del Ricordo, introdotto […]