Nel 1927, radunando i comuni del Lazio orientale e inglobandone alcuni dell’Abruzzo, viene istituita la provincia di Rieti. Da diversi anni questi paesi, esiliati dalla loro regione di appartenenza, ignorati dalla regione che li aveva reclamati e avrebbe dovuto accoglierli, sono finiti nel limbo.
Accorpare le province, abolirle… Sono decisioni politiche prese dai governi per varie motivazioni. Si protesta, si cerca di difendere ciò che si sente proprio e si finisce con il pensare, fra sé e sé, che qualcuno ce l’abbia con noi. Non si tratta di questo: sono semplicemente decisioni politiche. Così come è stata una semplice decisione politica quella di istituire nuove provincie nel 1927.
È così che è nata la provincia di Rieti, radunando i comuni del Lazio orientale e inglobando quelli abruzzesi di Accumoli, Amatrice, Antrodoco, Borbona, Borgocollefegato, Borgo Velino, Cantalice, Castel Sant’Angelo, Cittaducale, Cittareale, Fiamignano, Lugnano di villa Traiana (ora Vazia, frazione di Rieti), Leonessa, Micigliano, Pescorocchiano, Petrella Salto e Posta.
17 comuni, per un totale di circa 70.000 abitanti (oggi ridotti a meno della metà), in poche ore si trovano esiliati, al di fuori dei confini della loro regione d’appartenenza. Un’appartenenza che non aveva solo una valenza politica, ma soprattutto culturale, poiché è innegabile che in questi luoghi ogni cosa, dal dialetto alle usanze, dai costumi all’alimentazione, racconti ancora una “storia” abruzzese. Tante delle nostre piccole storie di famiglia sono storie di famiglie abruzzesi: sulla carta di identità di mio nonno fu scritto: nato nel 1920 a Borgovelino, provincia dell’Aquila.
Mettiamola così: al tempo magari non ci fecero neanche molto caso, di sicuro la guerra fu un problema peggiore. Solo oggi vediamo quali sono state le vere conseguenze di questa decisione; e non parliamo di campanilismo, parliamo del fatto che l’unico momento in cui la storia dell’Italia moderna sembra essersi ricordata di questi paesi sia stato quello in cui sono stati “spostati”.
Se quanto detto fin qui per alcuni è una novità c’è poco di cui stupirsi. Non solo questo è un aneddoto dimenticato e poco conosciuto della storia d’Italia; quegli stessi territori sono tutt’oggi dimenticati e poco conosciuti: esiliati dalla loro regione di appartenenza, ignorati dalla regione che li aveva reclamati e avrebbe dovuto accoglierli, sono finiti nel limbo.
Ma la storia su quelle montagne non si è fermata e purtroppo la storia di questi luoghi oggi è una storia di abbandono, di abusi e di silenzio. Sì, perché nel silenzio delle istituzioni la montagna è stata aggredita, violata e cementificata, abusivamente e non: strade, spropositate per il traffico che devono sostenere; impianti sciistici, che una volta dismessi lasciano carcasse ovunque e orrende cicatrici sul terreno; enormi alberghi, molti dei quali ormai in disuso…
Questa è solo la parte più evidente del problema: se le montagne sono state violate, cosa è stato di quei paesi e dei loro abitanti che sono stati esiliati dal loro contesto originario? Ed esiliati è la parola che forse più si addice ad una popolazione che ancora parla un dialetto abruzzese, alle feste veste costumi abruzzesi e che, all’improvviso, per una decisione politica, sono stati estromessi dalla loro regione. Loro forse hanno subito la sorte peggiore: dimenticati da tutti, oggi sono gli abitanti di una “terra di nessuno”.
I pochi soldi che arrivano alle comunità montane non bastano ad arginare lo spopolamento e ad attuare politiche che impediscano che dialetto e usanze sbiadiscano lentamente ma inesorabilmente. La gente (già alle prese con i problemi della quotidianità) si rassegna e la storia “intangibile” (quella fatta dal dialetto, dagli stornelli, dai proverbi, le leggende e tutto il resto) si perde anche quella parte concreta e “tangibile” che ci circonda.
Perché, sebbene spesso lo si dimentichi, queste zone sono ricche di testimonianze archeologiche. Paesi arroccati, piccole pievi, mura e torri hanno osservato per secoli (a volte più di mille anni) la vita di coloro che ancora vi abitano vicino, se non dentro o a ridosso, e nessuno sembra essersi mai reso conto di loro. Sono stati lasciati all’incuria e abbandonati a se stessi. E loro in silenzio crollano o soccombono all’ignoranza e alla prepotenza. La prepotenza forse ha fatto i danni peggiori. La prepotenza con cui alcuni sono arrivati (in maniera più o meno legale) ad appropriarsi di vecchi ruderi o terreni dall’evidente alto potenziale archeologico, recintandoli, impedendo così l’accesso che per anni era stato libero, costruendovi sopra e deturpandoli.
La domanda che sorge spontanea è sempre la stessa, ormai abusata, quella che ci facciamo sempre quando accadono queste cose: ma a chi appartiene tutto ciò? Ha diritto il “borghese” di turno di appropriarsi di tutto?
Queste sono domande che suscitano indignazione giustamente. O forse non così giustamente. Non è forse tempo di lasciar da parte la composta e quasi altera indignazione e fare un altro passo avanti? Se a chi ci chiede indignato: ma hanno diritto di farlo?, noi rispondessimo: ma glielo lasceremo fare?
A questo punto chi tentasse di capire quale sia l’effettivo stato giuridico di quelle evidenze (archeologicamente intese) e quale sia il livello di tutela ad esse riservato, si trova di fronte all’indifferenza e al disinteresse della Soprintendenza. Persino alcune amministrazioni locali sembrano insensibili al problema: quelle “robe vecchie” non hanno interesse per nessuno o peggio ancora sono un peso per le casse comunali che devono pure preoccuparsi della loro manutenzione.
Non è inutile stare a lamentarsi guardando con invidia regioni che si sono arricchite con il turismo quando non si è data nessuna possibilità alle proprie ricchezze?
Oltre la sofferenza, nel vedere mura e paesi invasi dalla vegetazione (nel migliore dei casi) o deturpati dal cemento, c’è anche l’incredulità di fronte al fatto che non sia neanche stato fatto un tentativo di valorizzazione del paesaggio.
Nel limbo delle montagne dimenticate c’è un tesoro. Pochi sanno cosa davvero sia, alcuni credono di averlo trovato nell’edilizia forsennata, molti l’hanno cercato e dicono che non esista…eppure è sotto gli occhi di tutti, alla luce del sole, per le vie dei paesi, sulle vette delle montagne.