Come si vive da single durante una crisi sanitaria globale? Tra depressione e desiderio

A marzo 2020 la pandemia mi ha sorpresa a Roma, appena rientrata da un lavoro.
Ho 39 anni, faccio la script supervisor e assistente regia, mi sono laureata appena prima della crisi del 2008, ho fatto vari lavori per anni, stage nel mio ambito e poi a 33 anni suonati hanno iniziato a pagarmi per il mio lavoro. Una professione però precaria, quindi difficile comprare un’auto, una casa, una TV, “metter su una famiglia”. Ammetto di non avere uno spiccato senso materno, ho deciso di non alimentarlo e accettare la condizione precaria che questa società mi offriva. Mi sono dedicata molto al lavoro e ho riempito la mia solitudine di tante altre attività, tante conoscenze, qualche amico/a e non ne ho mai sofferto. Non ho una storia d’amore da anni e non la cerco, ho rapporti occasionali con degli affezionati e non, ho trovato un equilibrio anche in quello. La mia vita mi va bene così, sono riuscita a comprarmi un mini-appartamento di 40 metri quadrati nella periferia di Roma per cui sto pagando ancora il mutuo grazie a mio padre che mi ha fatto da garante e lavoro come una matta per arrivare come tutti a fine mese.
Poi è arrivata la pandemia. Ho deciso di non scappare, sarei potuta tornare dai miei genitori, a soli 70 km da Roma, nella casa in cui sono nata e cresciuta, in piena campagna, nella natura. Volevo tutelarli e seguire le regole quindi sono rimasta in quaranta metri quadri senza balcone, sola, come altri milioni di italiani. In quindici giorni sono dimagrita quattro chili – sono alta 1,70 e a fine marzo pesavo 43 kili. Ho cominciato ad avere mille paure, a soffrire di mille paranoie, non mangiavo per paura che il cibo finisse in casa mia prima e nei supermercati dopo, mi sentivo soffocare, ho cominciato a non dormire mai più, a deprimermi e a vivere nell’incubo di non rivedere mai più i miei genitori.
Dopo un bel po’ riesco a ricongiungermi ai miei e da quel momento loro si sono presi cura di me. Sono rimasta lì per tutta l’estate, non riuscivo più a stare a Roma, nella casa che ho comprato con tanti sforzi, la solitudine che è sempre stata la mia allegra compagna di vita è diventata il mio incubo. Ho ripreso a lavorare a luglio e da quel momento ho ripreso a vivere. Gli impegni mi hanno aiutato a non pensare alla pandemia che nel frattempo si era attenuata e da quel momento ho ricominciato a pensare ad un altro aspetto della mia vita che per qualche mese non avevo più preso in considerazione: il sesso!
Inizialmente ho pensato di vedere un uomo ogni quattordici giorni, per essere certa che tra un rapporto e un altro potesse passare il giusto periodo di quarantena, ma non sarei potuta più tornare dai miei, quindi ho iniziato a pensare di vedere un uomo al mese aspettare quattordici giorni e poi tornare dalla mia famiglia. Poi ho pensato di sceglierne uno tra i miei “affezionati” e frequentare per un periodo solo lui, mettendoci proprio d’accordo a tavolino, dichiarandoci fedeltà per qualche mese, ho provato ad accennarlo a qualcuno, ma hanno avuto paura che stessi parlando di una storia d’amore e sono spariti. Ho cominciato a dire di no alle varie proposte dei negazionisti, “ma si ammala una minima percentuale su tutta la popolazione, figurati se proprio noi due!”, “noi siamo giovani e forti capirai non ci fa neanche il solletico!”, “sicuramente l’abbiamo già avuto e non ce ne siamo neanche accorti!”. A luglio ho iniziato a fare esami sierologici e poi tamponi per i protocolli rigidissimi imposti dal mio settore, quindi mi sono rinchiusa in una sorta di auto-lockdown lavorativo imposto e ho deciso di vedermi sporadicamente con qualche mio collega che stesse seguendo i miei stessi protocolli, mi sono concessa due/tre incontri in due mesi.
Quando la situazione è gradualmente iniziata a peggiorare mi sono di nuovo paralizzata nella mia solitudine, torno dai miei un’unica volta al mese e con loro teniamo la mascherina in casa. Adesso sono loro che tutelano me, io arrivo lì tamponata e negativa, loro non si sa, quindi sto a distanza da mamma e papà, anche per tutelare la persona con cui lavoro a stretto contatto che ha sessanta anni. A tavola mi siedo da sola, ho smesso di dormire con mamma che è stata la mia consolazione dopo la depressione di marzo, non ci sfioriamo nemmeno per sbaglio, sono esclusa dal divano su cui ci si siede per guardare la tv, poi torno a Roma e guardo il soffitto della mia stanza.
La desolazione a noi single ci sta distruggendo. Non è solo un discorso di attività sessuale, che sarebbe già un discorso serio perché un essere umano giovane e attivo non può non praticare per quasi un anno. Anche questo ha e avrà delle conseguenze gravi: un amico mi ha chiamata qualche giorno fa, non tocca una donna da febbraio ed ora è terrorizzato di ricominciare a farlo, in molti soffriranno di ansia da prestazione; ho ritrovato uno dei miei “affezionati”, che fino all’8 marzo era pieno di desiderio per me, fidanzatissimo con una ragazza conosciuta forse via chat ed ora quasi padre. La solitudine che era sempre stata nostra dolce compagna improvvisamente è diventata un terribile nemico da combattere al più presto, possibilmente prima della seconda ondata. Ci si è buttati tra le braccia di chiunque in due mesi, matrimoni, fidanzamenti, figli, senza valutare troppo le situazioni.
Nel mio caso è stato difficile anche riprendere le vecchie amicizie, non ho mai avuto l’amica/o del cuore, sono sempre stata amica di tutti, quindi a inizio fase due ero piena di voglia di rivedere tutti, ma la stessa cosa non era per gli altri, in situazioni come queste si deve ridurre al minimo gli incontri e quindi si fa una scelta prioritaria e io non ero la priorità di nessuno, le mie amiche non vedevano da due mesi i loro fidanzati e quindi…, oppure tutti hanno scelto di rivedere prima i “migliori” amici e diciamo che i semplici conoscenti potevano aspettare e io sto ancora aspettando.
Una società che circa quindici anni fa ci aveva messo in condizione di accettare una solitudine imposta ora ad un tratto è come se ti dicesse “chi te l’ha fatto fare a stare solo, è un problema tuo, non nostro!”. Abbiamo insomma accettato una condizione che ora ci rilanciano contro come un boomerang. E nessuno o quasi ne parla. I bonus vacanze, i bonus monopattino, ma un bonus psicologo? Un bonus per tamponi privati per fare sesso? Sì proprio per fare sesso! Il sistema sanitario è al collasso e non c’è spazio per noi. Cerchiamo di tutelare le famiglie, le scuole, mettiamo a disposizione i bonus babysitter. Ma noi soli nelle nostre quattro mura non abbiamo voce in capitolo? Eppure a luglio i tremila euro di tasse li ho pagati lo stesso.
Se provo a lamentarmi con conoscenti della mia esperienza del lockdown le risposte sono: “tu non lamentarti proprio, non sai che incubo avere dei figli in quarantena”, “beata te che non hai un compagno!”. Non importa se ero depressa, se mangiavo solo una fetta biscottata con il miele al giorno per paura di avere mal di pancia (soffro di molte intolleranze alimentari) e di non poter essere soccorsa da nessuno. Se la spesa piuttosto che al supermercato l’ho fatta in farmacia, ben 170 euro di antidolorifici di ogni tipo, contro mal di testa, mal di pancia, mal di orecchie, mal di schiena ecc.
Voglio essere risarcita per le conoscenze non approfondite, sono sicura che quel bellissimo fotografo che conobbi a dicembre sarebbe potuto essere l’uomo della mia vita. Avevo iniziato in maniera graduale a scrivergli qualche messaggino ogni tanto, senza correre troppo, per invitarlo o farmi invitare a prendere una birra, poi è arrivato il virus, di birra non se n’è potuto parlare, i messaggini non hanno retto, insomma a giugno si era fidanzato con un’altra. Evidentemente mentre io mi facevo le paranoie a calcolare la possibilità di un uomo ogni quattordici giorni gli altri hanno continuato a vivere.
Vorrei che qualcuno raccontasse a questa società tutta impegnata a tutelare economia e famiglie, che c’è gente che non sfiora più la pelle di un essere umano che non sia sé stesso da mesi. Anche questo è un problema.