Ultimo miglio #2

Il reportage di un precario della logistica di Amazon. Seconda puntata.

Reportage amazon 2

Amazon arriva dappertutto. Io in compenso non conosco niente, a parte il Valdarno dove sono nato e Firenze dove vivo. Non essendo pratico di nessuna zona, l’azienda si sente autorizzata ad affibbiarmele più o meno tutte, in un ordine che per tutta la durata del contratto non riuscirò mai a comprendere, o che forse probabilmente non esiste. Le zone comode se le tengono i fissi, che mandano grossomodo a mente non solo le aree geografiche, ma anche i nomi delle strade e perfino quelli dei clienti. I natalini vengono sbattuti senza troppe remore un giorno nella zona industriale di Prato, l’altro a battere palmo a palmo paesini arroccati sulle montagne del pistoiese, l’altro ancora profondamente incuneati lungo la FI-PI-LI. I furgoni sono quello che avanza dopo che i fissi si sono presi il loro; dato che siamo inesperti, e che quindi potenzialmente possiamo fare più danni ai mezzi, i capi tendono a darci i mezzi più scarsi o già danneggiati. Finisce, in genere, che i danni li fai per davvero. Poco male, verrebbe da pensare, giacché i mezzi saranno per forza assicurati. E ovviamente lo sono davvero. Ma l’assicurazione prevede una franchigia di cinquecento euro in caso di danno, che saranno scalate dalla paga dell’autista. Uno di quelli che fanno il corso con me scolpisce il suo nome nel guinness il secondo giorno di lavoro: gratta via metà fiancata e quasi tutto il parafango, il danno fa scattare la franchigia, il tipo saluta e si licenzia. Niente paga, niente franchigia, niente penale. Il gruppo comunque si assottiglia anche senza incidenti. Il lavoro è sfibrante, e le persone semplicemente se ne vanno, a cominciare dai più giovani, che sono lì quasi solo per arrotondare. Rimangono i più rodati, o i bisognosi. A fare il corso siamo una ventina, il lavoro lo finiremo in due. Il dieci per cento. Nel frattempo continuo il mio personale giro di Toscana su mezzi precari, fino a che pure io non gratto una fiancata. Il danno non fa scattare la franchigia, per fortuna, ma basta a farmi sclerare coi capetti. Mi hanno assegnato un mezzo senza specchietto destro e mandato in un paesino di montagna dove a malapena circolano le auto. Il danno se lo sono andati a cercare, gli urlo nel telefono, quando mi chiamano, nientemeno, per chiedermi conto del ritardo. Da lì in poi cercheranno di darmi mezzi un po’ più decenti. Più per la paura che faccia danni e me la fili, suppongo, che per farmi un favore. In tutto questo, almeno lo sfondo vale la pena. La Toscana è bellissima, irta di colli, tempestata di castelli e di chiese, verde, piena di gente cordiale che si fa in quattro per darti un’indicazione, e io la amo alla follia la mia regione. Spesso mi trovo a finire il turno in piccoli paesi di provincia, dopo il tramonto. Mi ricordano il mio, mi sale un picco di nostalgia. Ma mica solo. I paesi poco illuminati, con la gente chiusa in casa per sfuggire dal freddo e dal vento hanno anche un che di inquietante, nel mio cervello intoppato di film horror e Death metal. Mi immagino una trama per un racconto: un coglione ignaro viene assunto per una ditta di corrieri, che in realtà è un paravento per una setta di cannibali. I colleghi del corriere ignaro spariscono uno dopo l’altro e il nostro non si spiega perché. Almeno fino a che, nel finale, la vittima non è lui, che viene ucciso in un paesino sperduto della provincia toscana, dopo il tramonto, in una sera di inverno. Dio mio, che cazzata, penso subito dopo. Sono stanco morto, è meglio rientrare. 

Scoprirò in seguito, parlando con i fissi, che nonostante l’arroganza del capetto hipster torti e ragioni sono abbastanza ripartiti. Ci sono colleghi, mi diranno, che passavano più di un’ora in trattoria durante la pausa pranzo. Certi altri usavano il furgone in affidamento per macinare chilometri e chilometri per affari personali, chilometri, mi diranno, che non riuscivano ovviamente a giustificare, percorsi con il gasolio pagato dall’azienda. Inoltre, nonostante la maggior parte dei colleghi, e pure i capi di primo livello, siano perlopiù gentilissimi con i nuovi, alcuni non ne vogliono sapere di venire in aiuto ai natalini per terminare le rotte. Questi, mi diranno, data la loro esperienza finivano la rotta anche due tre ore prima della fine dell’orario, e avevano la pretesa di terminare con quell’anticipo la giornata di lavoro. Giornata che grazie al cielo era pagata a ore, per nove ore, e non a cottimo. Questa ostilità mi capita, per fortuna di rado di provarla sulla mia pelle. Certi veterani che mi mandano sbuffano e se la prendono con me per il mio ritardo, come se fosse possibile in qualche giorno tenere i ritmi di chi lavora da due, cinque o dieci anni. Come se loro potessero effettivamente tornare a casa due ore prima. Mi ritrovo con la schiena dolorante a guardare quelle facce ostili, e rimango zitto e impotente davanti alle loro rimostranze. Non saprei che rispondere, e neanche mi vorrei calare nel ruolo di difensore d’ufficio dell’azienda. Un tale una volta mi chiede addirittura i soldi per il gasolio. Lui non ha una lira, mi dice, e ha già finito la rotta, e è qui per aiutare me, no? Non rispondo e gli presto una manciata di spiccioli, lo guardo sgommare via con una decina dei miei pacchi. Appena sparisce dalla vista mi siedo al posto di guida, bevo un sorso d’acqua e accendo una sigaretta. Solo dopo riparto. 

Reportage amazon 2

Nel frattempo, nelle sedi Amazon piemontesi i corrieri scendono in sciopero. Un blocco di sedici ore a ridosso del venerdì nero, senza preavviso. I colleghi chiedono, attraverso i delegati della UIL trasporti, di diminuire i carichi di lavoro estenuanti, perché per rispettare la media delle centoventi consegne in otto o nove ore di lavoro sono costretti a non rispettare il codice della strada, mettendo a rischio loro stessi e gli altri. Amazon risponde prontamente spiegando che lo sciopero non riguarda il suoi dipendenti, bensì le imprese di logistica subappaltate, e che, parole loro, “Amazon richiede che tutti i fornitori di servizi di consegna rispettino il Codice di Condotta dei Fornitori Amazon, e garantiscano che gli autisti ricevano compensi adeguati, siano trattati con rispetto”, dato che… “Il numero di pacchi da consegnare è assegnato ai fornitori di servizi di consegna in maniera appropriata e si basa sulla densità dell’area in cui devono essere effettuate le consegne, sulle ore di lavoro, sulla distanza che devono percorrere. Amazon assegna le rotte ai fornitori di servizi di consegna che poi le assegnano ai loro autisti sulla base della loro disponibilità”.

Lo sciopero dei corrieri non piace neanche al Codacons, che lo definisce “Assolutamente inopportuno e causerà disagi e problemi ai consumatori italiani”. Il presidente dell’associazione dei consumatori si spinge oltre, arrivando a chiedere la differita dell’agitazione. Queste le sue parole: “Condividiamo le ragioni dei lavoratori, perché la sicurezza e la legalità deve essere garantita, ma riteniamo sia sbagliato colpire gli utenti nel momento dell’anno in cui si concentra un elevato numero di acquisti online”. Qua da noi invece i colleghi si fermano al mugugno, il malumore non si concretizza. La nostra azienda non ha neanche delegati sindacali. La cosa mi stupisce, dato che i sindacati dei trasporti sono una struttura solida e attiva, e i lavoratori hanno tutt’altro che paura a farsi valere; l’ho visto bene nella riunione il primo giorno. Avercene avute di teste calde così, nell’ambiente omertoso dei tremebondi lavoratori del settore alberghiero. Ma tant’è, e neanche posso farci niente. Neanche a volere potrei iniziare una guerra per procura, sono un precario e tra breve il mio contratto scadrà. A cacciarmi con un calcio in culo basterebbe una telefonata all’agenzia di somministrazione, e nessuno dei corrieri fissi darebbe retta a un natalino. Mi tocca tenermi i miei dubbi, masticare il rospo e tirare dritto fino a fine contratto. Dello sciopero d’altra parte i corrieri neanche parlano. Eppure era su tutti i giornali. Che non ne parlino di proposito? Qualche giorno dopo, cercando non mi ricordo cosa nel furgone che mi hanno affidato, trovo un foglio piegato in quattro. Lo apro, è una comunicazione del settore trasporti della CGIL. È una richiesta di un incontro urgente per dibattere di alcune questioni. La comunicazione le elenca in sindacalese stretto: piano ferie (inesistente), comunicazione dell’orario di lavoro, che deve essere almeno settimanale (ce lo comunicano giorno per giorno, alla fine del turno), regolamento interno aziendale (quello comunicato è a tutti gli effetti un contratto integrativo, pertanto da ritenersi nullo), pagamento del patrono (mancato), e per finire chiarire l’utilizzo dei furgoni aziendali e del parcheggio. L’azienda ha proposto ai dipendenti fissi di potersi portare il furgone a casa in cambio di ottanta euro scalate dalla busta paga (hanno accettato in pochissimi). La comunicazione è diretta a un’altra azienda, ma è di sicuro la nostra, capita che le aziende cambino nome e intestazione. E a quanto pare deve essere stata del tutto ignorata: risale al maggio scorso. 

Reportage amazon 2

I device, che poi altro non sono che telefoni cellulari aziendali con l’applicazione di Amazon, ti tengono costantemente sotto l’occhio dei capi. Sanno sempre dove sei, quando e dove hai consegnato, le motivazioni per ogni mancata consegna, i tempi delle pause. Anche il telefono personale va tenuto acceso, e con la suoneria attaccata, in modo che ti possano contattare se hanno bisogno. Dio solo sa perché non ti possano contattare sul telefono aziendale, ma è così e basta. Appena assunto ti hanno inserito in una chat aziendale su WhatsApp, una chat nella quale solo gli amministratori possono scrivere, senza diritto di replica. Gli amministratori sono i capi servizio, il dirigente romano del primo giorno e altri soggetti ancora più in alto, che non conosco, che non ho mai visto e che non vedrò mai. Su questa chat arrivano a pioggia messaggi di servizio. I messaggi arrivano in continuazione, spezzando il ritmo del lavoro; anche solo per leggerli devi fermare il furgone o posare il pacco in consegna, e non sia mai che non vengano letti; ciò porterebbe altri messaggi per dire di leggere i messaggi, e ad altre interruzioni, e a altri ritardi sul lavoro, che porterebbe ad un altro diluvio di messaggi, in un loop potenzialmente senza fine. I messaggi sono tutti scritti rigorosamente in maiuscolo, in un italiano stentato da cinepanettone, puntellati di punti esclamativi. Contengono indicazioni, ma anche incitamenti a tenere duro ed essere più veloci, e slogan raffazzonati, rimproveri, minacce.
RAGAZZI… IO SONO SENZA PAROLE. FATE ATTENZIONE CHE POI PER COLPA DI QUALCUNO (COME SUCCEDE OVUNQUE) CI RIMETTONO TUTTI E QUANDO SUCCEDERÀ NON VOGLIO SENTIRE STORIE DA NESSUNO.
Non è dato sapere che cosa debba succedere a chi, e per colpa di chi; chi è nominato lo saprà per certo, tutti gli altri sono avvisati. Il fatto che la Cassazione si sia espressa più volte per classificare come reato di minaccia aggravata il ventilare sanzioni a un dipendente sembra sfuggire del tutto ai dirigenti, o venire ignorato.
ENNESIMO RIMPROVERO DA PARTE DI AMZ … MA COME SI FA VI VIENE DIFFICILE CARICARE VELOCEMENTE E ANDARE VIA SENZA LAMENTELE… TUTTI SE NE SONO ACCORTI CHE VI LAMENTATE E SIETE GLI UNICI SU 4 DITTE… NON È POSSIBILE CAZZO STIAMO ENTRANDO NEL PERIODO PIU’ IMPORTANTE E SI PERDE ANCORA TEMPO A DIRE STE COSE… LO SAPETE IO SONO CHIARO E DIRETTO PER CHI NON HA PIU VOGLIA DI VENIRE A LAVORARE LO DICESSE TRANQUILLAMENTE ALMENO SI EVITANO PROBLEMI E RITARDI… SIAMO STUFI DELL’ATTEGGIAMENTO ARROGANTE E MENEFREGHISTA DI ALCUNE PERSONE. QUESTO NATURALMENTE VA A DANNEGGIARE TUTTE QUELLE PERSONE CHE DA DUE ANNI NON HANNO MAI APERTO BOCCA E CONTINUANO A FARE UN OTTIMO LAVORO… DATEVI UNA REGOLATA SIETE GRANDI E VACCINATI… AVREI PREFERITO DIRVELE A VOCE QUESTE COSE MA VISTO I TEMPI RISTRETTI HO SCRITTO… GRAZIE E BUON LAVORO A TUTTI.
Mi verrebbe da lanciare il cellulare fuori dal finestrino, se non fosse che è il mio. Che sia una strategia? Possibile che non capiscano che mettere pressioni e minacciare i dipendenti non ha un’influenza positiva sulla produttività? Ma con che criterio li scelgono, i dirigenti, mi domando mentre do gas, scarico, consegno, do gas di nuovo.
RAGAZZI VI CHIEDO LA GENTILEZZA DI SEGNALARE SEMPRE QUANDO AVETE FINITO UNA ROTTA E TERMINATA LA VOSTRA PAUSA CHE RICORDO È DI MAX 30 MINUTI. CI HANNO SEGNALATO CHE ALCUNI DI VOI (CHE PER PRIVACY NON SCRIVIAMO QUI) SI FERMA ANCHE PIU’ DI 1 ORA E QUESTA COSA NON È FATTIBILE, SOPRATTUTTO QUANDO POI ABBIAMO ROTTE CHE RIENTRANO CON I PACCHI NON TENTATI. SONO GLI ULTIMI GIORNI E RINGRAZIO OGNUNO DI VOI PER GLI SFORZI FATTI. CERCATE DI COMUNICARE SEMPRE QUANDO AVETE FINITO LA VOSTRA ROTTA E SIETE DISPONIBILI SENZA DOVER RICHIAMARVI O GIUSTIFICARE DAVANTI AL NOSTRO CLIENTE IL PERCHE’ ALCUNI SONO FERMI PIU’ DEL CONSENTITO. COLLABORIAMO SEMPRE E CERCATE DI CAPIRE CHE GLI AIUTI FANNO PARTE DEL LAVORO, È SEMPRE STATO COSI. I VOSTRI DISPATCHER NON LO CHIEDONO PER DIVERTIMENTO MA PERCHE’ DOBBIAMO SEMPRE PORTARE I RISULTATI… SE RIESCONO GLI ALTRI CON TUTTE LE DIFFICOLTA’ DEL CASO, POSSIAMO (E DOBBIAMO) FARLO ANCHE NOI… NÉ PIU’ NE MENO!
E via di questo passo. Nessuno, neanche a voce, gli ha mai fatto notare quanto sia stupida e controproducente questa condotta? Magari qualcuno l’ha fatto, e sono venuti alle mani, o l’hanno licenziato.
RAGAZZI, SOPRATTUTTO PER I NUOVI, NON SETTATE UTL (NON TROVO L’INDIRIZZO) PRIMA DI AVER CHIAMATO IL DISPATCHER. SIAMO STATI I PEGGIORI IERI E IN GENERALE QUESTA SETTIMANA. VERIFICHIAMO SE SONO REALI O NO.
Siamo stati i peggiori, ci dicono un giorno a fine turno. E non gli viene niente da chiedersi, a quanto pare. I peggiori, mi dico, e mi si gonfia il petto di orgoglio, come quando me lo dicevano alle superiori, e sogghignavo all’ultimo banco. 

 

[Qui la prima puntata].

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