Lontani o vicini?

La prossemica come lente per la comunicazione.

Troppo lontani, troppo vicini. Elementi di prossemica virtuale, l’ultimo libro di Emanuele Fadda, ci racconta del nostro quotidiano onlife, degli intrecci tra virtuale e reale, di una vita comunicativa che tutti noi conduciamo. Comodo come un tascabile, è un prontuario diviso in tre parti: Spazi, Branchi, Segni.

E avrei voglia di dirti ch’è meglio se sto solo

Troppo lontani, troppo vicini. Elementi di prossemica virtuale (Quodlibet, 2018), risponde al bisogno di comprendere e definire i fenomeni comunicativi contemporanei che, pur essendo regolati da grammatiche, appaiono come processi dinamici poco stabilizzati. Essi, non avendo una tradizione consolidata, nascondono al parlante la meccanica della lingua. Per fenomeni “virtuali”, con riferimento al titolo, si pensi pure a tutte le situazioni quotidiane che viviamo e che ci collocano in ambienti ed ecosistemi digitali.

Di particolare interesse dell’autore sono tutti quei casi in cui si assiste al corto-circuito prossemico dove “un modo di stare fisicamente lontani è peggio che stare vicinissimi” (Fadda, p. 17). Il parlante che vive e interagisce onlife1 percepisce effetti di vicinanza o lontananza eccessivi, che portano alla trasformazione delle soglie tra sfera pubblica e sfera privata. Le novità del linguaggio e della comunicazione digitale, una grammaticalità debole e fluida, sono elementi sufficienti a disegnare nuovi confini tra individui e collettività. Piattaforme, reti e comunità online sono luoghi privilegiati dove è possibile dare nuove forme alla dimensione sociale delle vite di ognuno. La distanza fisica, allora, va pensata come un’illusione, poiché non mette più al riparo dalla presenza e dalla vicinanza invasiva dell’altro.

Multitasking, Trump e la mobilitazione totale

Su questi argomenti entra in gioco la potenzialità dell’analisi prossemica: i luoghi virtuali vengono sentiti dalla comunità parlante come spazi in cui tenere alto e costante il livello d’attenzione, dover badare al proprio posizionamento e ai propri movimenti, veri e propri campi di battaglia dove la lingua è costitutiva del sé e dell’altro.2

È proprio adesso, mentre scrivo queste righe usando un servizio cloud dalla mia scrivania, che fisso lo schermo del mio laptop, riprendo ogni tanto la lettura del cartaceo di Troppo lontani, troppo vicini, mi sposto tra gli appunti sul block notes, ogni tanto butto un occhio al telefono; in sottofondo, grazie a degli auricolari, ascolto una composizione.

Vivo, come probabilmente lo vive chi legge, uno di quei casi di “mobilitazione totale”3 del corpo, in connessione e relazione interpersonale, generato e prodotto reciprocamente dall’intreccio tra reti virtuali e reali. Apparentemente questo caso può non sembrare minimamente connesso alla comoda illusione di poter accedere allo scibile umano tramite uno smartphone o a ciò che è successo durante l’ultima campagna elettorale degli Stati Uniti, con lo scontro comunicativo tra democratici di Clinton e repubblicani di Trump.

Se attraverso le lenti della prossemica facciamo luce sulle dinamiche interazionali e comunicative, è possibile delineare alcuni modelli di razionalità comuni a questi nuovi fenomeni.

Prossemica, modelli e forme di vita

Troppo lontani, troppo vicini discute la trasformazione che sta avvenendo tra un tipo di società, fondata su un paradigma di visibilità e sorveglianza – come poteva essere quello del panopticon – e un secondo tipo, regolamentato dal nuovo paradigma della souveillanceLa prossemica virtuale ci parla delle dinamiche delle scene di vita entro uno spazio teatralizzato,4 costruito dalla messa in rete di sguardi digitali e sorretto da relazioni reciproche molti-a-molti.

Il volume si interroga su cosa succede in questi contesti alla gestione e alla contezza del sé, partendo da analisi concrete di netiquette o regole di comportamento adottate nel corso di azioni massive. L’uomo tra la massa diviene segno tra segni5 in un ambiente dove trasparenza e opacità dell’agire sono costantemente discusse anche con estranei.

Tra le conseguenze analizzate, il libro offre una ricca riflessione dedicata alla sovrastima delle proprie opinioni, intrecciata al dibattito sulle logiche algoritmiche e agli effetti di vita entro eco-chamber e filter-bubble virtuali. La diversificazione dei propri contatti onlife produce arricchimento o dispersività? Come funzionano le cerchie entro cui si comunica e si interagisce con l’altro? In queste bolle digitali vigono le dinamiche dell’ironia6 e della viralità e sempre più ci si domanda con quali criteri venga modellato il giudizio dei parlanti sulla pervasività sociale delle proprie opinioni. Da ciò l’autore affronta le problematiche, anche emotive, legate aspettative dell’impatto delle azioni e dei comportamenti virtuali. Da un punto di vista etologico il modello della primatologia offre strumenti per l’analisi di relazioni individuali entro bolle prossemiche ridotte e che vengono sorrette o da relazioni di empatia o di fiducia sospesa. Cosa succede quando le forme di vita onlife innescano meccanismi continui di sospensione della fiducia, mettendo sempre sul chi va là il parlante? Il libro ci guida nella trasformazione della percezione del tempo, delle relazioni diacroniche e sincroniche dell’agire virtuale, offrendo coordinate per muoversi tra ambienti digitali fluidi e i tempi di reazione degli interlocutori virtuali.

Quale senso all’umanità onlife

Prossemica, semiotica e zoosemiotica,7 sono chiamate a rispondere a problematiche epidemiologiche e linguistiche. La prossemica è una batteria di domande e strumenti, una modalità semio-linguistica di gestire i rapporti interpersonali e comunicativi tra parlanti.

Ogni questione di prossemica onlife impone al ricercatore di focalizzarsi su fenomeni di affollamento,8 intendendo quelle occasioni in cui si può osservare il comportamento massivo di persone, corpi, maschere e ruoli 9 coinvolti nella produzione di spazio.

Da un punto di vista zoosemiotico, il modello di umanità individuato da Fadda definisce l’uomo come quell’animale che lavora sul proprio corpo a partire dalla pressione sociale.

L’umanità contemporanea, distante e vicina allo stesso tempo – che sia il caso delle adunate di piazza raccontate da Vitaliano Brancati o delle piattaforme social – appare variegata e duplice: nell’interazione online ci comportiamo come animali non-umani, la cui forma di vita politica può non prevedere la diplomazia. E tuttavia da un punto di vista fronetico, l’umanità appare anche flessibile e resiliente, in grado di orientarsi e muoversi nelle pieghe della vita sociale.

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Note

  1. Luciano Floridi (ed.), Onlife Manifesto. Being Human in a Hyperconnected Era, Springer, New York, 2015
  2. Per i rapporti tra prossemica, linguistica e semiologia cfr. Ferdinand de Saussure, Corso di linguistica generale, Laterza, Roma-Bari, 1967 e sgg.; Roland Barthes, Elementi di semiologia, Einaudi, Torino, 1966.
  3. Maurizio Ferraris, Mobilitazione totale, Laterza, Roma-Bari, 2015.
  4. Erving Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione, Il Mulino, Bologna, 1969.
  5. Cfr. Charles Sanders Peirce, Collected papers, Harvard University Press, Cambridge, 1931-55; Emanuele Fadda, Peirce, Laterza, Roma-Bari, 2013.
  6. Cfr. Riccardo Finocchi (ed), Strategie dell’ironia nel web, «Carte Semiotiche», Aprile 2016; Gabriele Marino, Mattia Thibault (ed), Viralità, «Lexia», 2017.
  7. Cfr. Felice Cimatti, Filosofie dell’animalità, Laterza, Roma-Bari, 2014; Gianfranco Marrone (ed.), Zoosemiotica 2.0. Forme e politiche dell’animalità, Museo Pasqualino, Palermo, 2017.
  8. Edward Hall, La dimensione nascosta, Bompiani, Milano, 1968.
  9. Sui fenomeni di incorporazione cfr. Pierre Bourdieu, Per una teoria della pratica, Raffaello Cortina, Milano, 2003.
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