Gruppi di Acquisto Solidale: dal biologico alle relazioni locali

La possibilità di costruire nuovi stili di vita e forme di resistenza a partire dalle relazioni locali permea in modo trasversale numerosissimi movimenti sociali contemporanei in tutto il mondo; i Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) si inseriscono in questo cammino.

I GAS rappresentano oggigiorno un’esperienza affermata di riconnessione tra mondo urbano e rurale. La centralità data da questi gruppi a un’alimentazione sana e locale molto spesso li ha fatti percepire come semplici meccanismi di compravendita di prodotti biologici. Senza negare l’importanza di questo elemento, occorre ripensare l’azione del GAS come a qualcosa di più ampio dal punto di vista socioeconomico, culturale e, soprattutto, politico.

In Italia si affermano in maniera diffusa pratiche e politiche di resistenza intorno al nucleo della cultura alimentare. Le motivazioni sono da rintracciarsi certamente nella parte di immaginario collettivo costruito attorno alle pratiche alimentari locali, dell’enogastronomia, dalla varietà di cibi, ricette, storie e momenti “a tavola”. Il cibo è un elemento centrale delle nostre pratiche quotidiane, alimentando un forte sistema culturale di relazioni e rituali sociali. Inoltre, il mercato globale si è appropriato di questo immaginario facendo dell’Italia un luogo dove la cultura culinaria ed enogastronomica diventa risorsa primaria nei circuiti di ristorazione etnica o nell’ambito del turismo.

Per tutti questi ed altri elementi, l’alimentazione diventa uno dei canali di identità culturale e resistenza politica più forti.

La produzione agroalimentare di tipo locale, rappresentata dalle filiere corte e dai prodotti km 0, sono un importante fenomeno di trasformazione del mondo rurale italiano con riferimento diretto alla cultura alimentare, presentando indici in crescita costante. Le filiere corte sono caratterizzate da un numero limitato di tappe produttive, quasi esclusivamente prive di intermediazioni commerciali, constando nella maggioranza dei casi nello scambio economico diretto fra produttore e consumatore. I Gruppi di Acquisto Solidale – GAS, invece, sono collettivi spontanei di cittadini comuni, riuniti da legami di vicinato, di amicizia o familiari, che decidono di gestire le proprie spese domestiche in forma collettiva e partecipata. Obiettivo principale di un GAS è costruire una relazione diretta con un piccolo produttore: conoscerne le pratiche produttive, i principi guida ed elaborare a partire da tale prossimità uno scambio economico diretto e collettivo organizzato settimanalmente o mensilmente. Questo tipo di rapporto non è però neutro. Il GAS al suo interno elabora uno spazio di discussione sociopolitica ripensando stili di vita, modelli di sviluppo e dinamiche socioeconomiche in contrapposizione al mercato globale.


Questo antico/nuovo modo di fare/scambiare/consumare cibo sul territorio sembra rispondere tanto alle necessità dei consumatori quanto dei produttori, creando una relazione biunivoca. Da un lato, il GAS permette ai consumatori esigenti di poter conoscere e scegliere origine e qualità dei prodotti ad un prezzo nella media di mercato. Dall’altro lato, per i piccoli produttori spesso il GAS rappresenta una possibile strategia anticrisi, grazie alla possibilità di vendere a prezzo pieno il proprio prodotto direttamente ai consumatori finali, senza intermediazione, e aggregando il valore della produzione biologica e locale garantita.

Ma la questione non è soltanto economica. Nell’ambito della produzione agricola e di cibo locale, è visibile la riemersione di pratiche produttive e know-how “tradizionali” provenienti direttamente dall’epoca pre-rivoluzione verde, unite con tecnologie sociali innovative e soprattutto con forme discorsive morali e culturali che aprono la strada a possibili dinamiche di resistenza del locale. La ricerca di relazioni sembra essere, in un’analisi dettagliata di tali pratiche, il principio generatore di tutto il sistema.

È interessante notare la centralità data in questo ambito di “consumo responsabile” ai concetti di salute e cibo salutare. Esiste una grande preoccupazione da parte dei consumatori nei confronti delle catene di produzione e distribuzione globali del cibo, dove percepiscono nell’incontro tra industria agroalimentare e industria chimica, la trasformazione definitiva del cibo in merce, in oggetto di mercato. La preoccupazione rispetto all’origine degli alimenti e all’uso di prodotti chimici, i cui effetti fisiologici risultano essere ancora poco chiari, è un fattore determinante nella ricerca di cibo biologico. Grande parte della produzione Km 0 e dello scambio diretto promosso dai GAS, è basato sulla produzione di tipo biologico, intendendo una produzione agricola e di trasformazione alimentare caratterizzata nella sua interezza dall’assenza o dall’uso controllato di componenti chimici, tipici invece di una produzione di tipo industriale.

Eppure la qualità e la dimensione salutare del cibo, all’interno di questi scambi diretti tra produttori e consumatori, non sembra essere ristretta all’assenza di veleni. Ciò che distingue di fatto un Gruppo di Acquisto Solidale dai reparti di prodotti biologici, ormai presenti in qualsiasi catena di supermercati, è il potenziale politico e di ricostruzione di relazioni che accompagna lo scambio economico. 


In merito ad alcuni commenti dei mass media sulla credibilità dei prodotti biologici, un produttore per la Rete GAS Brianza risponde così: «La nostra lotta non è nel prodotto biologico, quello si trova in qualsiasi negozio di alimentari ora, è lì, la sezione di biologico, si paga dieci volte il prezzo del prodotto normale e hai il prodotto biologico. Inoltre, io lo so benissimo che se la mia Cascina sta facendo agricoltura biologica e il mio vicino di casa utilizza tonnellate di sostanze chimiche, arrivano sulle mie verdure, non ci vuole una laurea per saperlo. Ma bisogna conoscere meglio quello che facciamo, perché le cose qui vanno ben oltre».

Ciò che distingue i prodotti e gli scambi all’interno di un GAS è la differenza sostanziale, riportata in questa citazione, tra biologico come elemento puramente tecnico – l’assenza di chimica nella produzione agricola – e biologico come messa in discussione dell’intero modello agricolo, socioeconomico e politico dei sistemi produttivi di alimenti su scala globale.

Oltre al fatto che la semplice assenza di veleni non costituisca a priori un modello sostenibile, anche l’elemento critico riferito all’elevato prezzo dei prodotti biologici “da supermercato” è sfidato nel caso del GAS che, grazie all’assenza di intermediari, ripropone ai suoi consumatori un prezzo “giusto”, nella media del mercato convenzionale, o leggermente superiore. In questo senso, si demolisce anche l’idea che il biologico e l’appartenenza a gruppi di consumo critico sia una “cosa da ricchi”, un movimento elitista come tanti altri. Dati dell’istituto CORES dell’Università di Bergamo riportano che il reddito medio dei partecipanti ai GAS non sia riconducibile solo a una fetta di popolazione ad alto capitale economico ma ad una classe media allargata.

Il concetto di “sano” promosso dal GAS si costruisce sia attraverso la produzione biologica sia attraverso il legame di fiducia e di reciprocità tra tutti gli attori del percorso di produzione. 

È in primo luogo nella relazione tra consumatori che si discutono le tematiche del consumo critico. Costruendo relazioni tra vicini, tra conoscenti, o anche tra sconosciuti in merito al modello alimentare a cui si aspira per sé e per la propria famiglia.

Nel rapporto diretto con i produttori si entra in contatto con il cibo, parlando con gli agricoltori, conoscendo le loro pratiche, la loro etica lavorativa, la loro conoscenza del lavoro e del prodotto. Non mancano nell’esperienza dei GAS momenti conviviali e domeniche spese nelle cascine e nei terreni agricoli dei produttori. Anche il legame con la terra e la natura è importante all’interno del GAS, dove si discutono, evitando immagini bucoliche e idealizzate, le forme di produttività da incentivare. Un modello dove si riattivano cicli agricoli più lenti, meno aggressivi per l’ambiente, non più basati sulla massima estrazione come frutto del rapporto tra input chimici ed output, ma sul giusto equilibrio con ciò che la terra può offrire senza impoverirsi. La relazione è ricostruita anche con il territorio, attraverso la promozione di reti locali dove il cibo viene effettivamente prodotto vicino a casa, ritrovando connessione con le pratiche alimentari culturali locali.

La relazione è dunque il filo di Arianna che unisce tutte le tappe di questa attività socioeconomica critica e innovativa. La relazione sociale costruisce il senso del consumo critico e “sano”, in questa attività locale di economia solidale.

Il prodotto è dunque sano perché l’acquirente conosce il produttore e sa come funziona la produzione, costruisce con lui un rapporto di fiducia. Allo stesso modo, la pratica del consumo critico ha la sua applicazione sostanziale nel rapporto che si crea tra i soggetti del territorio, nella costruzione di un collettivo, il GAS, in cui si discutono questioni politiche attraverso il consumo.

Da questo punto di vista il biologico è una tappa intermedia dei processi di trasformazione della connessione tra mondo agricolo/urbano, preceduto e seguito da un sistema di relazioni locali basate sulla reciprocità e sulla fiducia.

L’esperienza locale di produzione e distribuzione di cibo del GAS è parte di un processo di discussione politica di concetti, simboli e pratiche produttive e di consumo. La direzione morale, politica e sociale di questa proposta, in contrapposizione al modello di mercato egemonico, è il motore di questa discussione: tramite le relazioni dirette si ri-politicizza lo scambio economico.

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