
“Una radicale diversità”. La costru...
Esattamente ottant’anni fa, in questi giorni, veniva chiuso il primo numero – uscito il 5 agosto del 1938 – de “La difesa della razza”, organo ufficiale del razzismo di Stato nel regime fascista.
Esattamente ottant’anni fa, in questi giorni, veniva chiuso il primo numero – uscito il 5 agosto del 1938 – de “La difesa della razza”, organo ufficiale del razzismo di Stato nel regime fascista.
“Nei primi anni Sessanta, a causa dell’inquinamento dell’aria, e, soprattutto, in campagna, a causa dell’inquinamento dell’acqua sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c’erano più. (Sono oggi un ricordo abbastanza straziante del passato)”. Con questa straordinaria metafora “poetico ecologica”, come l’ha chiamata Didi-Huberman, Pasolini lanciava una delle sue più strazianti denunce. Le lucciole sono scomparse, ovvero: la stessa cultura popolare o d’avanguardia, a cui Pasolini fino a quel momento riconosceva una pratica di resistenza è stata assorbita da una cultura di massa totalizzante. L’intellettuale italiano parla di un vero e proprio “genocidio culturale”, della scomparsa delle condizioni antropologiche di resistenza al potere centralizzato. “Ho visto con i miei occhi – dice Pasolini – il comportamento coatto del potere dei consumi ricreare e deformare la coscienza del popolo italiano fino a una irreversibile degradazione”. Lette oggi quelle parole sembrano profetiche. I lunghi anni dell’impero berlusconiano hanno portato a compimento una rivoluzione culturale senza precedenti. In questi anni il potere politico si è mostrato in tutta la sua volgarità e brutalità, chiuso nel Palazzo, impegnato in festini a base di “escort”. Intanto fuori dal palazzo dilagavano stereotipia sociale e orge […]