Viaggio nel Vorrh tra fantasy e memoria coloniale

Il primo volume della trilogia scritta da Brian Catling edita da Safarà

Vorrh Safarà

Era la madre di tutte le foreste; più antica della lingua stessa, più vecchia di ogni specie conosciuta e, secondo alcuni, propagatrice di tutte, avviluppata da un sistema evolutivo e climatico che solo in essa poteva esistere.

(Vorrh. La foresta senza fine, p. 44).

 

Allucinazione e incanto sono qualità rare in un romanzo, e in effetti nulla in Vorrh, la foresta senza fine, il romanzo di Brian Catling, può definirsi ordinario. Aspetto che conferma la vocazione audace e sperimentale del catalogo editoriale Safarà.

Le illustrazioni di Gianluigi Toccafondo – quadri materici in bianco e nero ad alto contrasto che inaugurano ciascun capitolo, il tratto pastoso e rapido che ricorda le atmosfere di certi incubi – e la traduzione in italiano di Massimo Gardella ci accompagnano in Africa, in una foresta sovrannaturale, il Vorrh del titolo, popolata da creature semi-umane, divinità e antropofagi, un luogo che custodisce storie e leggende capaci di far precipitare al suo cospetto curiosi, disperati e cacciatori di fortuna tutt’altro che preparati all’impresa di entrarvi.

La foresta, luogo più antico dell’umanità stessa, rete vivente e iperconnessa a ogni ordine del vivente, diventa occasione e pretesto per il proliferare di storie e personaggi che sfidano l’umano e l’ordine del reale anche nella controparte urbana della foresta, Essenwald, la città situata al di qua delle propaggini arborescenti del Vorrh.

Le storie, tra realismo grottesco e fantasy, che Catling ha pazientemente ordito, potrebbero costituire dei romanzi autonomi. Le avventure che tendono e annodano i destini dei vari personaggi all’interno del libro – al momento il primo di una trilogia – duplicano presto l’impresa di chi legge il volume, un palinsesto travolgente di registri, generi e atmosfere lungo circa cinquecento pagine.

Peter Williams, un giovane ex tenente inglese sopravvissuto alla Grande Guerra, decide di raggiungere il remoto avamposto coloniale africano vicino al misterioso Vorrh. L’incontro con Este – giovane sciamana con poteri magici e figlia del Vorrh, della quale si innamora ricambiato – inaugura la nuova parabola del suo destino e di quella del romanzo. Alla morte di lei, infatti, Peter dovrà smembrare meticolosamente il corpo di Este per costruirvi un arco magico seguendo le istruzioni che la sciamana stessa gli detta nei suoi ultimi giorni di vita; con quell’arco, Peter entrerà nel Vorrh. Attraverso questo incontro simbolico tra il potere coloniale e quello magico, Catling sembra voler trasfigurare sin da subito l’immaginario occidentale della wilderness africana, cercando di interrompere (forse non sempre in maniera efficace) ogni rischio di esotismo.

Peter sarà il primo essere umano a intraprendere un viaggio nel cuore del Vorrh, un’impresa che solleverà le preoccupazioni di chi crede che un antico equilibrio possa venirne alterato in maniera irreparabile da questo viaggio.

Tsungali, uomo del cosiddetto Primo Popolo, ha conquistato negli anni la fiducia degli inglesi tanto da diventare membro della polizia tribale controllata dai coloni e venire convocato per una missione non ufficiale potenzialmente mortale: uccidere un uomo bianco che inspiegabilmente ha iniziato un viaggio nel cuore della foresta senziente, armato di uno strano arco.

C’è poi Ishmael, che somiglia a un uomo, ma che non è come tutti gli altri uomini perché ha un occhio solo: è un ciclope e cresce senza mai vedere la luce del sole, nascosto nei sotterranei di una grande casa a Essenwald. I proprietari, tanto discreti che la loro identità rimane oscura persino a lui, gli assicurano la sopravvivenza e un’educazione al riparo dal mondo umano. Anche la “famiglia” che si occupa di quotidianamente di lui ha dello straordinario: sono i Kin, macchine coscienti fatte di bachelite, anche loro con un occhio solo proprio come Ishmael. I Kin lo crescono e istruiscono mostrandogli oggetti provenienti dal mondo esterno e sottoponendolo giorno dopo giorno a sessioni didattiche sullo scibile umano e animale. Un giorno, la sua esistenza verrà scoperta e anche per Ishmael inizierà una nuova biforcazione del proprio destino che si intreccerà con quello di Peter e Tsungali, proprio al centro della foresta.

Vorrh Safarà

Questi sono solo alcuni dei protagonisti principali di questa storia, ma tra le figure che contribuiscono all’originalità di Vorrh; vi sono però anche personaggi reali, come il fotografo Eadweard Muybridge e lo scrittore Raymond Roussel. Questa incursione biografico-storica è sicuramente un dato che fa conquistare all’opera di Catling un’attenzione particolare, dal momento che la presenza di entrambi nel romanzo convive organicamente accanto alla componente finzionale, senza ossessioni derivative tra realtà e finzione.

Merita un’attenzione particolare la figura di Raymond Roussel perché vi è un debito chiaro da parte di Catling nei suoi confronti. Roussell, scrittore e poeta parigino atipico per antonomasia, considerato il padre della patafisica e della letteratura combinatoria, è stato infatti l’autore di un romanzo intitolato Impressions d’Afrique, pubblicato nel 1910 e seguito da Nouvelles impressions d’Afrique, stavolta una raccolta di poesie. Nel primo pare che Roussel avesse raccolto e mescolato elementi fantastici e surrealisti in quello che viene definito un romanzo d’avventura in cui degli uomini naufragano sulle coste africane. Catling raccoglie dunque il testimone di Roussel facendo propria la sfida letteraria ispirata dal continente africano ma che trascende il dato geografico per farsi celebrazione di un’immaginazione prolifica e ai limiti del delirante.

Roussel aveva inoltre spiegato nello scritto Comments j’ai écrit certains de mes livres il suo personale approccio alla scrittura, fatto di espedienti linguistici selezionati e combinati per verificarne le molteplici possibilità di significato, una vocazione alla sperimentazione linguistica che gli varrà la stima e l’attenzione, tra gli altri e prima di Catling, degli scrittori dell’Oulipo. Un altro elemento di curiosità è che Roussel pare abbia scritto l’opera dedicata all’Africa senza mai uscire dalla sua camera d’albergo, rammentando un altro autore atipico e dal destino letterario mai davvero riconosciuto, Emilio Salgari, il quale, come ricorda devotamente lo scrittore Michele Mari, fatta eccezione per una brevissima esperienza come mozzo da Venezia a Brindisi, non navigò mai. Eppure Mompracem per noi è oggi ancora più reale che mai, dice Mari, e così per Catling l’Africa di Roussel, e per noi il viaggio nel Vorrh di Catling:

Il Francese era l’unico essere umano ad avere esplorato il Vorrh in tempi moderni, a mettere piede nel suo cuore e annotare alcune sue caratteristiche nei dettagli. L’unico… e quel viaggio pericoloso era completamente frutto della sua fantasia. C’era forse modo migliore di penetrare in un luogo tanto sacro e proibito? (Vorrh, p. 59)

Anche il resto della vita di Roussel meriterebbe un romanzo: ignorato completamente dalla critica e dal pubblico, lasciò la scrittura per dedicarsi agli scacchi continuando la propria parabola atipica fino alla morte per barbiturici in un albergo di Palermo, circostanze che sfidarono la semplice tesi del suicidio, nonché la curiosità di Sciascia che dedicherà un romanzo-inchiesta alla vicenda (tra i primi titoli pubblicati dall’allora appena nata casa editrice Sellerio).

Anche l’elemento spaziale riceve un’attenzione particolare nel romanzo attraverso il contrasto tra il centro coloniale (Essenwald) e la foresta (il Vorrh). Essenwald, la città europea direttamente “importata pietra su pietra” nel continente africano, non potrebbe esistere senza un rapporto di continuo contro-specchiamento con il Vorrh, la foresta viva che mette in crisi ogni tentativo di essere mappata. I due ordini, umano e non umano, si minacciano e richiamano l’un l’altro: Essenwald rischia di essere inglobata dalla debordante voracità del Vorrh, mentre quest’ultimo è al centro di continui tentativi di perlustrazione e di appropriazione coloniale e di svelamento, soprattutto da quando una leggenda racconta che nel Vorrh risieda intatto il giardino dell’Eden. La specificità di ciascuno dei due spazi viene mantenuta proprio nel continuo atto di rifiuto e nella tentata appropriazione che modula questa relazione tra opposti. Catling amplia lo iato tra Essenwald e il Vorrh modulando le incursioni del fantastico nel romanzo e attribuendo poteri magici alla foresta, ad esempio quando il Vorrh viene descritto come un essere senziente che intrattiene con gli esseri umani una relazione ambivalente e minacciosa:

La fitta vegetazione e gli immensi alberi che ne respiravano l’aria pura offrivano molto agli umani, ma potevano anche divorare migliaia delle loro insignificanti vite in una frazione del loro tempo infinito e imperscrutabile (Vorrh, p. 44).

In tali frangenti torna in mente il perturbante dell’Area X, lo spazio alieno e fagocitante che abbiamo perlustrato nella trilogia di Jeff Vandermeer: anche in quel caso l’ordine della natura sfida l’intelletto e il linguaggio umano attraverso una biologia indecifrabile, letale e in rapida espansione sottraendo progressivamente sempre più suolo allo spazio antropizzato. Anche in quel caso l’impianto non realista del romanzo concorreva a un’elaborazione più complessa del rapporto umano-natura dispiegando un conflitto aperto e spietato con un ordine naturale tutt’altro che sottomesso e colonizzabile. In Vorrh, similmente, il disegno imperialista nel continente africano è ignaro del sovrannaturale e del mostruoso che intanto cospira e attende, non solo attraverso la rappresentazione di una foresta senziente, ma anche nello scontro tra le vicende umane e le forze sovrannaturali che corrono lungo le pagine di tutto il romanzo. Siamo al primo libro di una trilogia e ai vari misteri si aggiunge anche quello sulla capacità dell’autore di riuscire a domare questa materia incandescente anche nei romanzi che seguiranno. Nel frattempo, vale la pena entrare nel Vorrh e farsi ammaliare.

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