Multisegnalazioni #7

Una nuova tornata di segnalazioni di titoli editoriali selezionati da Alberto Prunetti.

 

Multisegnalazioni 7 Prunetti

Igiaba Scego (a cura di), Future. Il domani narrato dalle voci di oggi, Firenze, Effequ, 2019, pp. 221, euro 15

Un’antologia di scrittrici afroitaliane. Un libro importante per decolonizzare l’immaginario della letteratura italiana contemporanea. Lo cura Igiaba Scego, che firma anche un’introduzione in cui fotografa magistralmente il punto dello stato dell’arte della narrativa, superando le etichette ormai datate delle “scritture migranti” o della narrativa delle “seconde generazioni”. Le autrici del libro scrivono collocate in un punto di vista instabile ma anche fertile, quello della doppia consapevolezza, della capacità di stare sul guado dei confini fittizi dell’essenzialismo identitario. Assieme smontano le retoriche identitarie dell’italianità, ultimo cappello retorico del fascismo eterno, portando a galla rimossi coloniali e dure vicende di discriminazione, affermando al tempo stesso l’orgoglio della propria storia e la consapevolezza che la resistenza inizia dal corpo e dalla pelle. Contributi diversi, che stanno assieme perfettamente, scanditi da pagine potenti. Le note che vibrano sono differenti: a volte il registro è quello del memoir (come il racconto, commovente, di Maire Moïse); altre volte c’è il gioco narrativo che rielabora la memoria coloniale e gli archivi (Angelica Pesarini), o la denuncia, ruvida, sofferente, ma anche corroborante, delle ferite della pelle nera (Laeticia Ouedraogo), fino ai giochi sperimentali, carichi di umorismo corrosivo, di Wii. È un libro che rimarrà, nella speranza che anche l’industria editoriale cominci a togliersi il bianco di dosso e che il tema della cittadinanza per le persone afrodiscendenti (e per tutti gli italiani senza cittadinanza) entri nell’agenda di istituzioni e movimenti sociali.

Multisegnalazioni 7 Prunetti

 

Wu Ming 1, La macchina del vento, Torino, Einaudi, 2019, pp. 337, euro 18,50

Da adolescente ho visto a scuola La notte di San Lorenzo dei fratelli Taviani. Il film mi piacque tantissimo e la scena che mi colpì di più, da liceale appassionato di mitologia classica, fu quella della battaglia del grano, quando ai fascisti, intenti a rastrellare le campagne toscane alla ricerca di partigiani e sfollati, si contrappongono all’improvviso, nello sguardo di una bambina, degli eroi greci. Era geniale: univa la forza dello sguardo lucido di Atena, come lo trovavo nei classici, con i racconti sui giorni da sfollata che mia nonna mi faceva da piccolo. E soprattutto restituiva epicità a una narrazione, quella resistenziale, che ormai in quegli anni stava diventando liturgia, e quindi lettera morta. Da allora ogni tanto dico tra me e me che qualcuno dovrebbe raccontare la lotta contro il fascismo attingendo dall’immaginario di dei ed eroi greco-romani. Per ridare alla lotta antifascista tutto il suo epos. Ecco, quella storia è arrivata, ed è una storia bellissima partorita da Wu Ming 1, che riscalda il cuore e ci dà la forza di intrecciare la storia minuta di un gruppo di confinati con la grande storia, quella che trasforma il mondo, con l’aiuto della nottola di Minerva. In una notte come quella che stiamo vivendo, in cui tutte le vacche, né di destra né di sinistra, sono nere, solo Atena può aiutarci a dividere il campo per rilanciare la lotta. Rifiutiamo i regali di Poseidone, preferendo piuttosto l’ulivo di Atena. Che i suoi nodosi rami cadano a bastonare i neri servi del dio degli abissi. (Poscritto: Il ventennio è stato un lungo presente irrancidito, il tempo morto della dittatura che sembrava non cadere mai. Ventotene, col suo tempo accelerato, è un esempio da tener presente: nell’epoca neoliberista – quella del There is no alternative thatcheriano – ci sono istanze che squarciano il presente e aprono al vento del cambiamento. Che indicano un futuro a chi non ha la lungimiranza di trasformare la realtà. C’è sempre un’alternativa). 

 

Vanni Santoni, I fratelli Michelangelo, Milano, Mondadori, pp. 609, euro 20

Tra le uscite recenti, è uno dei romanzi che ho più apprezzato. Del suo “romanzone” Vanni Santoni parlava da tempo e quel tempo, come direbbe Debord, non se l’è né bevuto né giocato. È un romanzo affascinante, ambizioso e sicuramente riuscito, che durerà tra le scritture dei nostri giorni, capace di coniugare le storie della provincia toscana con derive narrative nel mondo dell’arte o degli “expat” dediti al traffico di sostanze in Asia, con una scrittura formidabile e ipnotica, carica di dispositivi umoristici. Una riflessione sul padre, da uccidere e da salvare. Un romanzo che ci parla della vita e dei legami famigliari, che è un perdersi, e cercarsi, e ritrovarsi per caso dopo aver sbagliato strada. Chapeau.

 

Loredana Lipperini, Magia nera, Milano, Bompiani, 2019, pp. 226, euro 16

La magia funziona in virtù della sua efficacia simbolica. La magia dei racconti di Loredana Lipperini trasforma la realtà insinuandosi in una vita quotidiana fatta di piccole cose: acciacchi, noia, malattia, vecchiaia, solitudine, rumori fastidiosi che arrivano dal vicinato. Sembra proprio questa la cifra del libro, un realismo in cui si insinua silenziosamente il fantastico: un dettaglio, un ristorante sushi, un pendaglio che vibra, un automa che si muove dopo l’inserimento di un tizzone di carbone in un corpo meccanico (come nello stupendo racconto in chiave steampunk). E l’irruzione della magia trasforma la vita delle tante donne protagoniste dei racconti di Magia Nera, riportando magicamente vita in quella che era ormai solo sopravvivenza, nella quotidianità calcificata dalle abitudine meccaniche, dalla ripetizione degli stessi gesti, privi della luce delle passioni che ci fanno vivere. Scrive Emily Dickinson: “Per fare un prato occorrono un trifoglio e un’ape /un trifoglio e un’ape /e il sogno! / Il sogno può bastare / se le api sono poche”. Il sogno è la magia a occhi chiusi. La magia, è il sogno a occhi aperti. È la magia che può contribuire a cambiare il mondo negli anni delle passioni tristi.

 

Alessandra Daniele, Franco Pezzini, Gioacchino Toni, Luca Cangianti, Sandro Moiso, Immaginari alterati. Politico, fantastico e filosofia critica come territori dell’immaginario, Sesto San Giovanni, Mimesis, 2018, pp. 153, euro 16

Un’antologia di scritti di alcuni redattori di Carmilla, rivista che da anni si occupa di come la narrativa di genere possa fornire spunti per la critica dell’esistente e per la costruzione di un immaginario antagonista. Finita l’epoca in cui il fantasy era un genere considerato d’evasione, oggi ci si interroga sulle possibilità di andare oltre il realismo per descrivere la realtà nella maniera più spietata. L’opera di Lovecraft può fornirci elementi per raccontare la dimensione allucinante dello sfruttamento. Il vampirismo del Capitale è una metafora recente o lo stesso Marx la usava con cognizione di causa, attingendo al genere gotico della sua epoca? Gli zombie sono solo espedienti per terrorizzare i fanatici delle serie tv o ci parlano del rimosso del colonialismo? Da queste domande partono gli autori dell’antologia, in un libro che si interroga sulle forme della narrazione seriale e di genere dei nostri giorni.

 

Amoreno Martellini, Abasso di un firmamento sconosciuto. Un secolo di emigrazione italiana nelle fonti autonarrative, Bologna, Il Mulino, 2018, pp. 252, euro 20.

Da sempre sono affascinato dalle testimonianze scritte dell’emigrazione italiana. L’aspetto che mi interessa di più, oltre all’estrazione sociale, spesso popolare, degli autori di questi contributi, è quello linguistico. Sono perlopiù persone poco alfabetizzate che scrivevano memoriali o contributi epistolari. La lingua, come nel caso del cocoliche argentino, è perlopiù il dialetto della regione italiana di partenza, spesso ibridato con forme lessicali del paese di arrivo. Martellini, il curatore di questo saggio, ha scandagliato l’archivio diaristico di Pieve Santo Stefano, organizzando i materiali per ambiti tematici e costruendo un saggio che inquadra quei contributi dal punto di vista storico e sociologico. Il risultato è un’opera interessante che funziona anche da un punto di vista narrativo. I contributi memorialistici sono talvolta commoventi; a volte – come nelle pagine sugli stupri di guerra – lasciano sgomenti.

 

Wolf Bukowski, La buona educazione degli oppressi. Piccola storia del decoro, Roma, Alegre, 2019, pp. 159, euro 14

Wolf Bukowski da tempo smonta con intelligenza e sguardo critico (una critica del reale, dell’esistente e dell’economia politica) alcuni frame tossici della nostra contemporaneità. Dopo due splendidi saggi sul food porn e lo storytelling del cibo, Wolf torna al lavoro smontando le logiche del decoro e quelle securitarie che accompagnano neoliberismo e gentrificazione. E lo fa non tanto lavorando sul piano del debunking fattuale. Opera a livello di frame, facendo vedere che tipo di cornici e di impianti, politici e narrativi, gravitano in questi ambiti di discorso e come riescano ad aprire brecce per smantellare sistemi di protezione. E come queste brecce, quando ci si infila il capitalismo, diventano mercati. Ovvero cancri. Continua a scavare, Wolf.

Multisegnalazioni 7 Prunetti

 

Andrea Olivieri, Una cosa oscura, senza pregio, Roma, Alegre, 2019, pp. 429, euro 18

Tanti anni fa lessi un libro di un certo Adamic dal titolo esplosivo: Dynamite! Era una storia della classe operaia americana che mi rivelò un mondo di cowboy anarchici e di vagabondi dell’ideale, su cui suonavano le canzoni di Woody Guthrie e gli slogan dei picchetti degli IWW. Ma non avevo mai approfondito la storia dell’autore di quel libro per me così importante, perché raccontava vite proletarie con un taglio a metà tra il lavoro dello storico, quello del giornalista e quello del narratore. A raccontarci la storia di Adamic – e che storia – è adesso Olivieri. E lo fa recuperando la cifra stilistica di Adamic, ibridandola in grado esponenziale con la sua storia di famiglia – e, anche questa, che storia: una storia di lotta proletaria tra i cantieri navali di Monfalcone e la lotta internazionalista di una famiglia di militanti comunisti. Il risultato è esplosivo e di pregi ne ha tanti, perché fa saltare in aria i confini: tra gli stati e i generi letterari.

 

Luigi Di Ruscio, Poesie scelte, 1953-2010, Milano, Marcos y Marcos, 2018, pp. 305, euro 20

Continua la riedizione dell’opera narrativa e poetica di Luigi Di Ruscio, dopo la sua scomparsa, e questa è una grande notizia. Di Ruscio, operaio italiano emigrato in Norvegia dove ha lavorato tutta la vita come metalmeccanico, è un esempio luminoso di scrittore operaio. La sua è una lingua d’impasto, potente, espressiva. Più misurato come poeta, nella narrativa si fa più sperimentale: ovunque batte a macchina con quel tipico senso del dovere operaio che lo spinge a fare i conti con la realtà senza ammiccare, senza furbizia, ma con la forza di chi sa di essere il sale della terra e che si racconta da solo, per non farsi raccontare da altri.

 

Sara Fabbri, Chiara Natalucci, Claudio Sopranzetti, Il re di Bangkok, Torino, add editore, 2019, pp. 215, euro 19,50

Un graphic novel che racconta (bene) gli anni più recenti della Thailandia. Anni bui, tanto che il protagonista è cieco. Lo seguiamo nella sua vita e nelle sue parole piene di disincanto: «Ero stato un contadino e un migrante, un muratore e un taxista. Mi ero fidato del monaco, del re e di Thaksin. Ma ora cosa rimaneva di me?» Una storia che dalle risaie di provincia arriva fino al conflitto sociale e alla dittatura militare, scritta con competenza narrativa e sguardo antropologico documentatissimo. Ma soprattutto una storia che ti tiene legato alle pagine, dalla prima all’ultima scena (meravigliosa e commovente la sequenza della storia operaia del protagonista, nel periodo in cui è occupato come muratore). Assolutamente da leggere.

 

Tomaso Montanari, L’ora d’arte, Torino, Einaudi, 2019, pp. 213, euro 15

Scrivere dell’arte per demistificare il potere. Un cambio di prospettiva rispetto alla contemplazione della macchina della bellezza (che in Italia è ormai “un’idea senza parole”, alla maniera di Furio Jesi). Montanari nella sua carrellata di “diapositive narrative” di storia dell’arte mette in tensione il passato e il presente e racconta la storia dell’arte evidenziando conflitti sociali e dissidenze degli artisti dai loro committenti.

Il libro però mi ha colpito soprattutto perché, in mezzo a tante opere di pregio, ce n’è una che viene dalla produzione industriale e ha tanto a che fare con la mia storia. Sono i colonnini tortili in ghisa che circondano il duomo di Firenze. L’autore ricorda di quante volte nella sua infanzia li ha toccati. L’ho fatto anch’io, una volta sola, quando ormai ero uno studente universitario, a vent’anni, camminando accanto al duomo di Firenze. Lessi sulla ghisa il nome della fonderia di Follonica e cominciai a sfiorare con le dita le colonne. Fu una sorta di agnizione working class: quella fonderia, quel posto che ai miei tempi era un nascondiglio per tossici, dove con la mia banda di ragazzini proletari si andava a fare a pallonate e cazzotti, aveva una storia alle spalle, che andava scavata e riportata alla luce. Mi son reso conto che nel fango delle nostre storie c’era anche dell’oro, ma bisognava setacciare. In quella fabbrica ormai dismessa nei primi anni Ottanta ho fatto cross con la bici su mucchi di loppi, ho giocato a pallone e mi sono rintanato con la mia gang di adolescenti proletari proprio nel forno san Ferdinando dove sono stati forgiati quei colonnini (la fonderia oggi ospita il museo Magma). Una storia che in parte avevo raccontato in quest’articolo su Repubblica.

 

Louis Mercier Vega, La cavalcata anonima, Milano, Eleuthera, 2019, pp. 174, euro 15, traduzione di Gaia Cangioli

Una cavalcata nella storia del movimento anarchico negli anni in cui migliaia di esuli e di fuoriusciti si raccoglievano in Francia, sans papier, stretti nelle morse della repressione. Una storia che è in parte anche autobiografica, dato che l’autore ha vissuto sotto diversi nomi in una vita di continue fughe e lotte contro il potere. Splendide poi le pagine del viaggio attraverso l’Atlantico fino all’arrivo in una Buenos Aires ancora segnata dalla dittatura, col ricordo delle vittime dei massacri della Patagonia tragica, fino all’approdo oltre la cordigliera, alla conquista di un altro nome sotto cui ricominciare la lotta di tutta una vita.

 

Giovanni Iozzoli, L’alfasuin, Roma, Sensibili alle foglie, 2018, pp. 127, euro 13

Un libro bello e importante, che racconta una delle dimensioni più inquietanti del lavoro dei nostri giorni, quella del lavoro interinale, delle cooperative e della logistica. Un romanzo con la forza del realismo d’inchiesta, che porta il lettore nel mondo grigio, tra legale e illegale, delle pseudo-cooperative che forniscono forza lavoro priva di diritti ai giganti dell’agroalimentare, per poi passare a due famosi episodi di cronaca: la morte, durante un picchetto a Piacenza nel 2016, dell’operaio di origine egiziana Abd El Salaam Ahmed El Danf e il tentativo più recente di incastrare un sindacalista. Tanto di cappello per chi ha saputo raccontare con precisione il lavoro dei nostri giorni.

 

Luca Cangianti, I morti siete voi, Santarcangelo di Romagna, Diarkos, 2019, pp. 238, euro 16

Un romanzo fantastico che racconta la storia del movimento Bandiera rossa, attivo nella resistenza romana con migliaia di aderenti e protagonista di azioni decisive nella liberazione della capitale. Ma anche una storia di zombie (macchine nelle mani dei fascisti o ritorno del rimorso?). E poi avventura, alla maniera di Salgari. Un cross-over narrativo per raccontare un immaginario antagonista che dalla resistenza romana arriva fino al G8 di Genova.

 

Cinzia Scaffidi, Il mondo delle api e del miele. Le stagioni, i problemi, la vita dell’alveare e dei suoi prodotti, Bra, Slow Food Editore, 2019, pp. 253, euro 253.

Non è un manuale tecnico ma quello di Scaffidi costituisce un’ottima introduzione al mondo dell’apicoltura. Orientata forse verso i consumatori, può funzionare bene anche per le scuole medie e superiori e per chi vuole tentare un primo approccio verso questo mondo. Da approfondire ovviamente con qualche manuale tecnico e con la pratica: il mestiere si ruba con gli occhi e si diventa apicoltori andando a visitare le arnie con qualche amico più rodato. Ma seguire la storia dell’ape che nel testo racconta in prima persona (e con buon garbo narrativo) la vita nell’alveare è divertente, che siate apicoltori esperti, apprendisti o semplici appassionati di miele.

 

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