«Non ci hanno detto niente. Eravamo impreparati».

L’uragano Katrina e la devastazione di New Orleans (2005) #1

L’uragano Katrina ebbe effetti devastanti sulla città di New Orleans e gli stati della Louisiana, dell’Alabama e del Mississippi. Nel decimo anniversario del disastro, più che di bilanci e giudizi sugli interventi attuati e le trasformazioni subite da New Orleans, Sismografie si occuperà di rivivere giorno per giorno la distruzione provocata dall’uragano.

Prologo

Il 25 agosto una tempesta tropicale chiamata Katrina, individuata a 135 miglia dalla costa della Florida, viene elevata al grado di uragano. In breve tempo la categoria che contraddistingueva la potenza di Katrina passa da 1 a 5, il massimo, e Katrina sta puntando direttamente su New Orleans, dove arrivò il 29 agosto, dopo aver toccato terra e attraversato le coste degli Stati affacciati sul Golfo del Messico.

L’80% della città fu inondato, morirono circa 1400 persone, nei vari stati attraversati dall’uragano, i senzatetto furono circa 600 mila e i danni ammontarono a circa 150 miliardi di dollari. Al 2014 la popolazione di New Orleans risulta essere circa il 79% di quella residente prima di Katrina, ma New Orleans già prima dell’uragano era la nona città più povera degli States, con circa il 70% di afroamericani e con il 38% della popolazione sotto la soglia di povertà.

Ecco il racconto di cosa avvenne in quei giorni di agosto di dieci anni fa.

Day 1 (28 agosto 2005)

L’uragano Katrina ha già raggiunto il livello 5 con effetti disastrosi in Florida e Alabama. Si predispongono rifugi e si proclamano stati d’emergenza tra il 26 e il 29 nei vari stati (Alabama, Mississippi, Louisiana). Il presidente George W. Bush è in vacanza in Texas. Ray Nagin, il sindaco di New Orleans, ordina l’evacuazione per 485 mila residenti, la prima evacuazione obbligatoria nella storia della città, ma molti abitanti delle zone più povere non hanno auto, né possibilità di comprare biglietti del bus. Allora vengono preparati dieci campi di accoglienza, il Superdome (lo stadio della squadra di football dei New Orleans Saints) e le zone adiacenti sono individuate come area per ospitare fino ad 80mila sfollati; la previsione delle scorte di cibo è di circa 36 ore.

Day 2 (29 agosto 2005)

La popolazione affolla le autostrade, la I 10 in particolare, verso nord. Molti altri sono al Superdome o nei rifugi ma molti altri irriducibili non vogliono lasciare le proprie case. Al Superdome nella notte i generatori collassano e non sono più in grado di far funzionare l’aria condizionata.

I venti a est di New Orleans raggiungono le 140 miglia orarie e si creano muri d’acqua alti 30-40 piedi. Anche nel Superdome si apre una fessura e si staccano fogli di alluminio dalla copertura, facendo entrare acqua. Dall’Arizona, Bush lancia un messaggio alla nazione, garantendo dopo l’uragano tutto l’aiuto necessario e affermando di aver mandato sul posto il capo e tutto lo stato maggiore della FEMA (Federal Emergency Management Agency).

A New Orleans le folate di vento aumentano, dalle case iniziano a staccarsi tegole, pezzi di coperture e tetti, verande, i segnali stradali, i rami e i tronchi vengono sradicati dal terreno; tra le 7 del mattino e le 14 il vento soffia a 100 miglia all’ora. Le strade diventano fiumi e la polizia non ha barche e mezzi d’acqua a disposizione perché si trovano tutti nella parte più colpita. Si inizia a parlare di cadaveri che navigano sull’acqua. All’insaputa di tutti gli argini si rompono; ci sono polemiche sulla notizia della rottura degli argini tra le varie istituzioni e sul fatto che la popolazione sia stata tenuta all’oscuro di tutto per tanto tempo. Nella notte altre raffiche creano ancora più caos, la città è nell’oscurità e sono saltati tutti i servizi igienici, anche al Superdome, dove non c’è un piano per evacuare la gente, così come non c’è per gli ospedali.

Intanto Katrina, da uragano di livello 5 ridiventa pian piano una tempesta tropicale.

Day 3 (30 agosto 2015)

Il livello delle acque inizia ad abbassarsi, anche se non dappertutto. Il quartiere francese è sott’acqua, circa 40 mila case sono isolate e cinquecento persone sono intrappolate nelle proprie case. Le strade sono diventate canali pieni d’acqua inquinata, rami, detriti, tronchi, auto e barche alla deriva. Alle due del pomeriggio del 30 agosto la CNN diffonde la notizia della breccia negli argini sul Lago Pontchartrain. Appare però chiaro da subito che le brecce sono più di una. Si inizia a pensare a come porre rimedio ai danni degli argini, mentre le acque del lago si riversano nelle strade della città.

I negozi improvvisati sono presi d’assalto, si parla di gang armate e spari in varie parti della città, la polizia non riesce a controllare lo sciacallaggio. Il presidente Bush sospende le sue vacanze e torna a Washington per gestire la crisi.

Al Superdome ci sono circa 20 mila persone; la situazione peggiora rapidamente, ci sono violenze, i servizi igienici non funzionano e non c’è acqua potabile. Le forze dell’ordine (polizia, pompieri, marina e anche i volontari, gli angels of the storm) soccorrono quanta più gente è possibile, spesso senza autorizzazioni o istruzioni ufficiali. Le acque strappano cadaveri e corpi persino al cimitero cittadino.

Day 4 (31 agosto 2005)

Al mattino il sindaco sbotta per la disorganizzazione e per le priorità scelte da altri.

Bush invia le navi dell’esercito nel golfo, anche per ospitare gli sfollati. Il governatore della Louisiana, Kathleen Blanco, cerca continuamente al telefono Bush, non sempre però riesce a comunicare con la presidenza.

Continuano i saccheggi e l’azione delle gangs. Lo sciacallaggio, i furti e gli atti di violenza sono fuori controllo.

Al Superdome la situazione è grave; l’acqua che costeggia la zona è piena di batteri, carcasse di animali e rifiuti. I sopravvissuti si domandano perché nessuno viene a soccorrerli e perché non si è pensato a trasferirli per via aerea. Nel pomeriggio del 31 viene presa la decisione di trasferire gli sfollati del Superdome a Houston, all’Astrodome, a 300 miglia di distanza, con i bus.

Dal Superdome, però, la gente inizia a incamminarsi fuori città, un esodo volontario.

Le autorità dicono che i sacchi di sabbia e le barriere posizionate sulle brecce degli argini stanno funzionando e l’acqua non sta più salendo di livello, anche se c’è timore per gli insetti e le epidemie. I responsabili delle forze dell’ordine e dei dipartimenti nazionali per la sicurezza e l’emergenza cercano di tranquillizzare la popolazione e in una conferenza stampa si fa il punto della situazione: 500 posti in ospedali da campo, 50 elicotteri, 8 navi attrezzate stanno arrivando nell’area colpita. Gli ospedali sono in difficoltà, senza acqua corrente e coi generatori allo stremo.

Come Pompei, come Baghdad, come Hiroshima, come Sumatra: i paragoni e i paralleli con altri disastri del passato si sprecano nelle parole delle autorità e dei giornalisti.

(Fine prima parte)

 

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