Un mondo di trame

 Come si costruisce, si articola e si evolve la trama di un romanzo? 

Cos’è la trama di un romanzo?  Come si costruisce, si articola e si evolve la trama di un romanzo? Sono alcune delle domande al centro di La trama (Carocci), libro da poco pubblicato da Giacomo Raccis, ricercatore all’Università di Bergamo. Ringraziamo l’editore per la possibilità di pubblicarne questo estratto.

Siamo immersi nelle storie. Oggi più che mai, nell’era dei social network, dei talent show, dei videogiochi e della produzione televisiva seriale, viviamo in un flusso costante di racconti, che provano a coinvolgerci ed emozionarci. Non a caso, per questa nostra epoca, si parla spesso di narrative turn, a dire di come il paradigma narrativo non sia più appannaggio esclusivo della sfera delle arti, ma sia esondato nei campi disciplinari più disparati, dal diritto alla gestione d’impresa o alla psicologia.

Eppure, nonostante questo allargamento esponenziale del campo narrativo sia legato a doppio filo al tempo presente e all’influenza dei nuovi media, non si può non notare come la pervasività del racconto sia in realtà una caratteristica propria di tutte le epoche. Già nel 1966 Roland Barthes apriva l’Introduzione all’analisi strutturale dei racconti scrivendo che «il racconto comincia con la storia stessa dell’umanità; non esiste, non è mai esistito in alcun luogo un popolo senza racconti». La capacità di raccontare è connaturata a quella condizione di «animale sociale» attribuita da Aristotele all’uomo. E le recenti acquisizioni della neuronarratologia, disciplina che propone un approccio cognitivo alla narrazione non solo letteraria, non fanno che confermare quel legame tra pratica narrativa e costruzione dell’identità individuale già messa in evidenza da studiosi come Paul Ricoeur o Frank Kermode.

Solo riconducendo gli eventi destrutturati ed eterogenei della vita entro la forma riconoscibile e compiuta della narrazione – definita dalla triade incipit-svolgimento-conclusione – è possibile acquisire esperienza e dare senso all’esistenza. Prima ancora che veicolo di un appagamento estetico, quindi, il racconto dev’essere considerato come risposta a una necessità psichica individuale e sociale che coinvolge l’ordine logico in cui disponiamo gli avvenimenti della nostra vita, ma anche gesti e azioni minime della più banale quotidianità.

In un simile contesto di «narratività diffusa» s’inserisce La trama (Carocci 2018), questo libro, che vorrebbe essere un rapido prontuario su come le storie si costruiscono, si articolano e si evolvono nella storia del romanzo occidentale.

La scelta del romanzo come terreno di confronto tra le trame è presto spiegata. Come ha scritto Walter Benjamin, l’introduzione del romanzo nel sistema letterario moderno ha determinato un cambio di paradigma nelle modalità di ricezione della narrazione, definendo un modo nuovo di leggere e assimilare le storie, che dura ancora. Dalla narrazione orale dell’aedo che intrattiene un uditorio che è anche, e soprattutto, una comunità, si passa a un libro scritto, letto privatamente nel silenzio della propria stanza. È l’inizio della Leserevolution, una rivoluzione della lettura strettamente legata all’invenzione del libro a stampa. Non ci vorrà molto perché nascano i primi romanzi, che anzi saranno la linfa della futura industria editoriale, anche se per molto tempo gli autori s’ingegneranno per adottare trovate che restituiscano al racconto scritto l’urgenza e la concretezza della narrazione in praesentia: dal ricorso a espedienti narrativi come i manoscritti ritrovati all’invenzione di narratori-conversatori, fino alla fine del Settecento il romanzo sarà il campo di simulazione di vecchie modalità di comunicazione letteraria. E sul fronte opposto, la stessa «volontaria e temporanea sospensione dell’incredulità» che ogni lettore adotta all’inizio di un romanzo, quando stipula con l’autore uno specifico “patto narrativo”, decidendo che per tutto il tempo della lettura prenderà per vero quanto gli verrà raccontato, contribuisce a ricreare, almeno idealmente, le condizioni per una ricezione integrale del testo, che dia appagamento estetico, ma trasmetta anche un’esperienza collettiva e salvifica.

In questo campo di tensioni si muovono le trame romanzesche, che hanno sempre intrattenuto strette relazioni con i sistemi socio-culturali, i paradigmi conoscitivi e le configurazioni dell’immaginario delle diverse epoche. Come sosteneva Michail Bachtin, d’altra parte, il romanzo è un genere onnivoro, capace di assimilare e mescolare ogni tipo di codice linguistico, stile e modalità espressiva. In altre parole è, sostiene Guido Mazzoni, una forma narrativa che permette di «raccontare qualsiasi storia in qualsiasi modo», ed è questo che lo rende imprescindibile per uno studio della trama nell’età moderna e contemporanea.

L’affermazione del romanzo è una delle più significative conseguenze della rivoluzione borghese che si compie a cavallo tra Settecento e Ottocento e che provoca il crollo definitivo delle assiologie etiche, politiche e anche letterarie della società d’ancien régime (nobiltà di sangue, assolutismo, separazione degli stili secondo le norme della Rota Vergilii). «Moderna epopea borghese», come lo definiva Hegel, il romanzo è il genere che, con i propri intrecci, si fa carico di tenere sotto controllo le trasformazioni e la proliferazione di questo caotico nuovo mondo ma, parallelamente, consente anche un’evasione verso nuovi immaginari. E allora, prima di cominciare, converrà chiarire cosa si intenda per trama.

Dal campo tessile, dove indica la struttura di un tessuto e l’intreccio dei suoi livelli, il termine “trama” passa ad applicarsi in senso figurato anche alla struttura delle opere narrative, qualsiasi sia il mezzo espressivo a cui sono a date. Nell’ambito della teoria letteraria, però, questa definizione non è sufficiente a precisare la posizione della trama all’interno di una costellazione di nozioni che le si sovrappongono e affiancano.

In primis i concetti di fabula e intreccio, che nella narratologia tradizionale indicano rispettivamente l’ordine cronologico dei fatti di una storia e l’ordine narrativo in cui vengono ricombinati nel racconto. La trama sembra identificarsi con uno «schema sintetico» dell’intreccio, al quale aggiunge un «surplus di significato» che è il prodotto proprio del modo dinamico in cui si articolano gli eventi narrativi. La trama non è quindi solo «il romanzo nel suo aspetto logico e concettuale», come diceva Edward Morgan Forster, ma è anche il meccanismo con cui le sequenze testuali si succedono nel tempo, il ritmo che imprimono al racconto e gli specifici processi di ricezione a cui danno luogo. Difatti Ricoeur ha proposto l’espressione di “messa in intreccio” per indicare la natura processuale, dialogica e passionale del racconto. […]

Il racconto, d’altra parte, si regge proprio su uno statutario ritardo tra ciò che l’autore deve dire e ciò che il lettore finirà per sapere: come insegna la vicenda di Sheherazade nelle Mille e una notte, quando questo ritardo viene colmato il testo finisce e il racconto muore. Dal punto di vista formale, una storia diventa raccontabile nel momento in cui nella sua rappresentazione vengono introdotte delle discontinuità che permettono di scostare la temporalità narrativa dalla semplice cronologia e di stabilire una gerarchia dei dati narrativi.

La trama si costruisce quindi attraverso una serie di strategie di dilazione ed elusione mirate, come in un processo di seduzione, a generare e poi ravvivare il desiderio di arrivare alla fine: la «raccontabilità» di una storia consiste proprio in questa capacità di scostarsi dalle attese del lettore, mantenendo un precario, ma determinante equilibrio tra riconoscimento di un télos e sorpresa per i modi con cui si realizza. Tutti i romanzi, anche quelli che provocatoriamente la stravolgono, sono retti da questa prospettiva del «compimento», che Peter Brooks ha tradotto nei termini efficaci di una «erotica» del testo. Come si è detto, infatti, è un vero e proprio desiderio quello che spinge il lettore ad arrivare alla fine della storia; e questo desiderio trova riflesso in quello complementare che muove i personaggi verso la risoluzione dei conflitti, il superamento delle prove, la conquista degli “oggetti” desiderati. Sono traiettorie convergenti, che si incrociano delineando la possibilità di una fine che retrospettivamente restituisca un senso al disordine in cui si svolge il racconto. Un simile rispecchiamento può avere luogo solo se la prima linea desiderante, quella dei personaggi, suscita interesse nel lettore.

Per un lettore l’esperienza del testo narrativo si articola attraverso una serie di meccanismi cognitivi che gli permettono di comprenderlo. Questi si basano innanzitutto sul suo repertorio esperienziale, fatto di informazioni derivanti dall’esperienza diretta e stoccate poi nella memoria, che gli consentono di fare inferenze sul mondo raccontato. Da qui l’importanza nodale della distinzione tra novel e romance nella prima stagione del romanzo moderno, ma anche quella tra fiction e non-fiction, che torna urgente nelle ultime manifestazioni del romanzo contemporaneo: la scelta dell’universo narrativo, infatti, determina un primo, decisivo orientamento dell’interesse di chi legge.

In secondo luogo queste operazioni sono rese possibili dall’architettura del testo, dall’articolazione dei tempi narrativi, dalla combinazione delle sequenze e dal loro ritmo: il testo, cioè, si presenta come un’alternanza di spazi pieni e vuoti che “chiama” direttamente chi legge a contribuire al suo completamento. Come scriveva Umberto Eco, ogni testo «postula il proprio destinatario come condizione indispensabile non solo della propria capacità comunicativa concreta ma anche della propria potenzialità significativa». La trama disarticola una storia, togliendole linearità e compattezza; il lettore deve provare a ricomporla e a introdurvi un senso, interpretandola.

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