Tsipras, la ragione populista e il contropotere necessario

Una riflessione a freddo sulle elezioni in Grecia. Itinerari e prospettive di una strategia politica nel contesto dei rapporti di forza in Europa.

Atene, 20 settembre, piazza Klafthmonos. Comitato elettorale di Syriza, ore 18:59

Pochi istanti ai primi Exit Poll. Gli occhi delle centinaia di persone radunate sotto il tendone di Syriza osservano il maxischermo. Da un momento all’altro il primo dato, una forbice di percentuali che può cambiare il destino della Grecia.

Stacco. Flashback

20 Agosto — “Ho deciso di recarmi presto dal Presidente della Repubblica a presentare le mie dimissioni e le dimissioni del governo. Il mandato popolare che abbiamo preso il 25 gennaio è esaurito. Ora deve prendere di nuovo la parola il popolo sovrano […]”.

Dagli schermi della tv pubblica greca Alexis Tsipras annuncia le dimissioni da Primo Ministro. Il suo governo è durato sette mesi.
Durante e dopo l’approvazione in parlamento dell’accordo raggiunto da Tsipras al tavolo dei creditori, Syriza viene scossa da un terremoto interno. Il 21 agosto Panayiotis Lafazanis, ex ministro del Governo Tsipras e leader della “Piattaforma di Sinistra” ufficializza l’uscita dal partito e la nascita di “Unità Popolare”, che correrà alle elezioni del 20 settembre. Yanis Varoufakis, ex ministro delle finanze prepara il suo “piano B” insieme ad altri leader europei, accusa Tsipras di aver provocato una frattura in Syriza e dichiara che non lo sosterrà alle prossime elezioni. Il segretario nazionale Tasos Koronakis si dimette il 25 agosto criticando la politica del governo e accusando Tsipras di aver preso decisioni fondamentali senza l’appoggio del suo partito. Negli stessi giorni e con le stesse motivazioni una parte importante della giovanile di Syriza abbandona il partito.
Dieci giorni dopo le dimissioni Syriza sembra alle corde. I maggiori istituti di rilevazione la danno al 23%, -13 rispetto a gennaio. Riparte il frame del “testa a testa” con Nuova Democrazia. Si ripete insistentemente la necessità di un governo di unità nazionale. Il mare trasversale di sostegno a Syriza della fine di gennaio sembra prosciugato. Tra intellettuali e forze politiche poche e timide le prese di posizione a favore del leader greco. Ci siamo illusi, Tsipras ha fallito, sembrano ripetere quasi tutti.

Dissolvenza

Il comitato elettorale esplode in un urlo gioia e liberazione. Secondo il primo Exit Poll, Syriza è ancora il primo partito con consensi tra il 30 e il 34%. Com’è possibile?
Qualche ora dopo il dato reale. Syriza fa il 35,5 (+7 su ND). Stabili le altre forze politiche, fuori “Unità popolare” ferma al 2,8%. A metà dei seggi scrutinati si parla già di un nuovo governo Syriza-Anel, che insieme fanno155 seggi e maggioranza. Andrà proprio così. Lorcan Roche Kelly (Bloomberg) twitta ironicamente “basically, this wasn’t a Greek election, it was just a really complex government rushuffle”. Da maggio 2014 a settembre 2015 i cittadini greci sono stati chiamati alle urne 4 volte (una ogni tre mesi e mezzo). Rispetto alle precedenti 3 che hanno fatto registrare una media di 6 milioni di elettori, l’ultima supera di poco i 5,5 milioni.

«Ma insomma, chi ha mai creduto che una rivoluzione potesse finire bene? Chi?»  (Gilles Deleuze, L’Abécédaire, 1988)

Che Tsipras non partisse da un contesto neutro era un fatto acclarato. Tuttavia questa consapevolezza non ha scoraggiato un gran numero di commentatori dal fare pesanti critiche, alcune delle quali ingenerose e grottesche. Sembrava che se il leader della sinistra di uno dei paesi più poveri, piccoli, indebitati e periferici dell’Unione Europea non fosse riuscito in qualche mese a rivoluzionare l’intera governance dell’UEM sarebbe stato legittimo accusarlo di tradimento, capitolazione e varianti simili. Sembrava tutto facile, dai nostri divani, seduti sulle nostre sconfitte e la nostra marginalità, spiegare a Tsipras come fare.
Allora i negoziati sono andati bene? No.

«Ieri è stato un brutto giorno per l’Europa. I più forti hanno umiliato i più deboli. O firmavamo o saremmo falliti […]» Alexis Tsipras, 14 luglio

E dunque: com’è possibile che dopo sette mesi di arretramenti sul programma politico, il popolo greco, in particolare le fasce sociali più deboli e i quartieri più poveri, i giovani (40% tra i giovani dai 18 ai 24), le donne (il 38%), abbiano di nuovo votato Syriza, abbiano di nuovo scelto Alexis Tsipras? Nonostante il terremoto interno, le scissioni, le sconfitte, le umiliazioni?
Qualcuno ha sbrigativamente motivato la scelta evocando la paura, o la rassegnazione. È plausibile che ci siano cause più complicate.
Dalle mobilitazioni di Piazza Syntagma del 2011 il movimento greco ha assunto una forza sempre crescente, fino ad esplodere nelle manifestazioni OXI. Syriza ha avuto il merito di farne parte in modo dialettico fin dall’inizio e ha provato a istituzionalizzare quella rivolta. Per una parte importante del movimento, Alexis Tsipras ne è divenuto il simbolo. Allo stesso tempo il popolo greco si è sentito realmente e per la prima capace di produrre potere, materializzando una delle tesi dell’operaismo italiano dei primi anni ’60: la lotta, l’autorganizzazione del movimento stava costruendo l’istituzione, il governo come diretta emanazione della lotta anti-austerity di quegli anni. La leadership di Tsipras e la forza del movimento hanno avuto la stessa fondamentale importanza, quella tensione ha prodotto una vittoria storica, e questo patrimonio di consenso, di aspettative e di speranza evidentemente non si è ancora consumato.
C’è un altro elemento egemonico che ha consentito a Syriza di resistere all’uragano, qualcosa che ha a che fare con la carne viva di chi abita i quartieri popolari greci. Anche in questo caso si tratta di un combinato disposto: movimento-istituzione. In questi anni Syriza ha accresciuto enormemente la propria credibilità tra le fasce più deboli della popolazione grazie alla pratiche di mutualismo. Presidi sanitari gratuiti, distribuzione di medicinali, mense popolari autogestite. Misure dal basso per risolvere immediatamente problemi concreti: mangiare e curarsi.
Da partito di governo Syriza ha approvato a marzo un disegno di legge dal costo di 200 milioni di euro all’anno (contro il parere della CE che l’ha definito “atto unilaterale”) col quale verranno garantiti a 300 mila famiglie povere: elettricità gratuita, sussidi mensili e buoni pasto per coprire spese alimentari. Nello scenario post-bellico che sta attraversando la Grecia, sono misure che non si dimenticano.

So what!

Cosa succede quando un potere da costituente diventa costituito? Storicamente, per la sinistra, questo passaggio ha sempre significato un ridimensionamento di forza, una perdita di radicalità, un distacco fra le istanze delle istituzioni e quelle della piazza. In Grecia, per un momento, è successo qualcosa di diverso: quella tensione tra leadership e movimento sembrava miracolosamente perdurare. Durante i primi difficilissimi mesi di governo, piazza Syntagma si è riempita più volte per sostenere Tsipras, per sostenere se stessa.
C’è stata una caduta, verticale, forte, dopo il picco raggiunto con le manifestazione OXI di luglio e il successivo accordo barra colpo di stato. Ma è bastato per rompere il sodalizio tra Tsipras e quel movimento? Le elezioni hanno dimostrato che i greci si riconoscono ancora in Tsipras, e lo hanno fatto nel momento più difficile possibile. C’è un elemento di caudillismo in questo consenso? Probabile. È un male? Non necessariamente se Tsipras non perde di vista l’orizzonte politico e se il movimento non smette di produrre mobilitazione.

 

Dissolvenza

«Il governo deve consultarsi e concordare con le Istituzioni tutti i disegni di legge nelle aree rilevanti, adeguatamente in anticipo rispetto alla diffusione della proposta nell’opinione pubblica o al Parlamento.
“Con l’unica eccezione di misure per crisi umanitarie, il Governo greco riesaminerà tutte le misure introdotte dal 20 febbraio 2015, allo scopo di emendarle, tornando indietro su alcuni obiettivi o identificando chiaramente compensazioni equivalenti per i diritti garantiti da queste nuove leggi.» (Dall’accordo tra il Governo Tsipras e i creditori, 12 luglio)
I negoziati sono andati male e qualunque sia il giudizio sulla strategia messa in campo da Tsipras il risultato di uno scontro politico come quello non poteva che essere la conseguenza fedele della forza delle parti in gioco. Lo sapevamo anche prima di gennaio che l’internazionale del capitale era più forte di un governo di Syriza, ma Tsipras ha scelto di combattere sul campo minato di quella che Ulrich Beck ha definito l’Europa tedesca e l’esito di questa battaglia dipende esclusivamente da come la sinistra Europea (in senso ampio) riuscirà ad articolare un’alternativa politica, economica e produttiva al neoliberismo. Il contenuto del memorandum è pesantissimo e tocca le colonne portanti della società immaginata da Syriza ma niente è statico, quel documento è solo la rappresentazione plastica dei rapporti di forza di luglio,di un establishment che si è sentito sotto attacco dalle mobilitazioni OXI e ha reagito sparando con i mortai; ma Syriza ha già dimostrato di potersi riprendere la sovranità con la legge sulla crisi umanitaria e i contenuti del memorandum possono essere rinegoziati volta per volta, a condizione che si metta in campo la necessaria forza. Ma questo contrattacco deve uscire dai confini nazionali, i movimenti europei devono ricominciare a produrre mobilitazioni su larga scala, devono ripartire. I padroni devono ricominciare ad avere paura.

Dissolvenza in nero

Musica: Theodorakis – Tis dikeosinis ilie

[Qui la versione inglese]

Print Friendly, PDF & Email
Close