Uno sguardo sull’editoria d’arte in Europa a partire da una recente mostra presso Peep-Hole.
Dal 12 giugno al 18 luglio scorso c’è stata una bella mostra al centro d’arte Peep-Hole (Milano), The Book Society #02, dove si sono potuti ammirare libri di alcuni dei migliori editori d’arte europei, in un allestimento site-specific – il tutto parte di un progetto culturale più ampio.
È stata una occasione interessante per aver messo in luce esempi e pratiche in circolazione oggi in Europa che sono in relazione a un genere editoriale poco noto su larga scala, il libro d’artista. Ho perciò deciso di approfondire l’argomento, focalizzando la mia attenzione su tre esempi, per provare a offrire uno sguardo sul quadro europeo. Tre editori, fra quelli i cui libri erano in mostra: dall’Italia; dalla Francia e dalla Norvegia.
In merito al mercato, sul piano europeo, la voce libro d’artista sembra “non pervenuta”: per esempio, i criteri di rilevamento dati di un organo importante in materia come la Federation of European Publishers (FEP)[1] non danno la voce specifica del libro d’artista nelle statistiche in relazione ai generi dei libri – la si può forse pensare contemplata dentro i “Consumer (trade) books” e associare l’assenza a un debole impatto specifico in termini economici. Se invece si passa agli Stati degli esempi scelti, si può osservare qualcosa da una parte simile – da noi, gli ultimi dati AIE e Istat sull’argomento non danno riferimenti sull’impatto economico dell’editoria d’arte; stessa cosa in Norvegia, dove l’associazione degli editori norvegesi sembra persino contemplare un numero maggiore di generi – mentre in Francia l’SNE il genere sembra più riconosciuto e un aggiornamento recente, al 6 agosto 2014, offre un quadro preciso e positivo (il mercato del libro d’artista coprirebbe il 3,4 per cento di quello generale francese, segnando un +0,8 per cento).
Cosa dedurre? Sicuramente diversi atteggiamenti nazionali che forse riflettono diversi atteggiamenti culturali. In merito, ho deciso di avvicinare e intervistare coloro che nelle case editrici individuate hanno seguito il lavoro della mostra. Ho sottoposto loro il medesimo questionario, via telefono (per il caso italiano) ed email (per gli altri due).
Mousse Publishing (Italia)
Una struttura ispirata visivamente all’Uroboro: ecco l’allestimento di The Book Society #02, concepito e realizzato dal collettivo Rio Grande. Fra i suoi membri, Francesco Valtolina, graphic designer e fondatore dello studio di progettazione Dallas, ma soprattutto – qui – art director dal 2008 di Mousse, i cui libri si sono potuti sfogliare e ammirare nella mostra.
Lo sento al telefono. La conversazione è discontinua. «Mousse nasce a Milano come rivista free press più di dieci anni fa. È diventata molto presto bilingue, e per quanto riguarda la distribuzione, inizialmente ci siamo focalizzati sulle città più importanti, in un secondo momento abbiamo allargato la distribuzione italiana. Dal numero quindici (ora siamo arrivati al cinquantesimo numero) è incominciata la distribuzione internazionale, non più come free press ma in vendita».
Ma Mousse non è – appunto – solo rivista. «Parallelamente al discorso distributivo, è nata Mousse Publishing, casa editrice indipendente, con l’obbiettivo di curare in ogni suo aspetto la produzione di cataloghi, libri d’artista eccetera, in collaborazione con istituzioni internazionali, gallerie, curatori e artisti (appunto)».
A Valtolina chiedo poi di parlarmi, per quel che gli è possibile, del se e come le cose siano cambiate, dagli inizi a ora. «Partiamo dalla rivista. Devo dire che Mousse Magazine è nata poco prima dell’inizio della crisi economica in una situazione di stallo culturale e di scarsa offerta editoriale soprattutto in Italia. La struttura, le motivazione iniziali, la voglia di fare un lavoro di qualità sono, a distanza di anni, le medesime, nonostante il range di progetti si sia ampiato e l’organigramma della redazione sia deciamente cresciuto».
Ma il discorso logicamente si allarga anche a Mousse Publishing. «Credo che negli ultimi anni qualcosa sia cambiato in Italia, forse a causa della crisi, ma riscontro maggiore sensibilità rispetto al progetto, più interesse in generale al nostro lavoro. Ciò nonostante la maggior parte dei clienti e partner miei e di Mousse sono realtà internazionali, cosa ovvia se si pensi a quanto poco si faccia per sostenere il contemporaneo in Italia». Arriviamo alla fine. «Poi, sai, prendi The Book Society. Credo sia un buon esempio, in quanto capace di mettere in relazione e far collaborare realtà contemporanee differenti (progettisti, curatori, artisti, editori) all’interno di un solo progetto ramificato che ha come premessa necessaria e indispensabile la cooperazione e la condivisione in generale di un unica piattaforma».
Si prosegue a parlare ancora qualche minuto, poi i saluti finali.
Una volta chiuso il telefono, con gli appunti a portata di mano, tra me e me, per la mostra vista, riconosco che quanto sentito nel finale mi persuade abbastanza.
Fino a condividerlo?
Penso di sì.
Onestar Press (Francia)
In relazione alla mostra, è forte la suggestione di associare il libro d’artista a una formula come “letteratura popolare”, considerando l’iniziativa dell’editore francese Onestar Press, Book Machine: un workshop teorico-pratico dove giovani scrittori e artisti sono stati affiancati da designer scelti per l’occasione per realizzare, in un giorno, loro progetti editoriali – in due copie: una per la casa editrice, una per i singoli autori – progetti poi presentati e discussi all’apertura della mostra e rimasti lì per la durata dell’esposizione. L’iscrizione era aperta a tutti, gratuitamente – unico vincolo, una deadline e il numero chiuso. Si è trattato di una iniziativa per la prima volta in Italia, ma in corso da alcuni anni.
Ho contattato Christophe Boutin, co-fondatore di Onestar Press, per saperne di più su di loro. Questo il suo racconto:
Sulla situazione di partenza
Quando Onestar Press è nata, nel 2000 (co-fondata con Mélanie Scarciglia), il mondo del libro d’artista aveva a malapena sentito parlare di print on demand, c’era una lenta ma costante attività internazionale per i libri d’artista ereditata dagli anni Settanta (si potevano vedere molti di questi libri al Printed Matter di New York). Intorno all’inizio del ventunesimo secolo, le generazioni più giovani di artisti non erano così interessate al libro d’artista, il medium stava svanendo, nonostante l’interesse di gente come Gilbert and George, Lawrence Weiner e altri. Poi è apparso internet. All’inizio molti degli stessi artisti più giovani erano riluttanti in merito, ora è lo strumento chiave di comunicazione e gli artisti stanno ancora una volta usando il formato del libro come medium originale per loro stessi, per sviluppare progetti in un modo diverso. Il successo delle Printed Matter Art Book Fair di NY e LA è una forte prova di questa nuova vitalità nella produzione del libro d’artista. C’è poi una relazione divertente tra lo sviluppo esponenziale della rete e la nuova importanza dell’oggetto stampato, una specie di effetto inverso. Nel mondo odierno di un internet globale il libro sembra obsoleto, ma il suo valore come oggetto feticcio non è mai stato così chiaro. Se stai cercando il lavoro di un artista guardi online, la biblioteca non è più fisica.
Sullo stato dell’arte
Onestar Press, dal 2000, ha sviluppato più 300 progetti con artisti di diverse culture e generazioni. Ora è una società che realizza molti e diversi progetti, non solo libri d’artista ma anche progetti come Book Machine, che è stato al Centre Pompidou nel 2013, a Milano da Peep-Hole quest’anno e il prossimo anno al Dhaka Art Summit in Bangladesh. Book Machine è una piattaforma dove designer invitati arrivano e si incontrano con partecipanti per così dire ordinari allo scopo di creare libri, una specie di speed dating, uno speed designing di libri. Partecipiamo anche a diversi tipi di fiere, come le Printed Matter Art Book Fair di New York e Los Angeles e l’Independent Art Fair di New York. Dai libri alle mostre la stampa si è ampliata.
Sul futuro
A Onestar Press ci piace spesso riferirci alla Something Else Press di Dick Higgins (tardi anni Settanta), una impresa incredibile con progetti straordinari, che rappresenta un modello sia da seguire che da evitare. Higgins investì tutto il suo denaro nelle pubblicazioni, e quando tu stampi offset la tecnica ti forza a stampare un minimo di 500 copie – questo può rapidamente mettere molta pressione sulla tua società, soprattutto se per cominciare hai un pubblico molto limitato per i tuoi progetti. Per questo è necessario avere memoria, risorse economiche e del guadagno ma, sfortunatamente, come per ogni impresa utopistica, Higgins alla fine andò in bancarotta. Gli artisti hanno questa grande abilità di portarti in nuovi territori, ma come editore devi anche tenere un occhio sui numeri. L’economia del libro d’artista è fragile, così con ogni progetto che facciamo chiediamo all’artista di produrre qualcosa a supporto della pubblicazione.
Torno alla memoria – alle immagini – di Book Machine. L’editoria relativa al libro d’artista sembra poter offrire soluzioni d’ “avanguardia” in grado di andare al di là della filiera tradizionale e del contesto nazionale, senza dover per forza confluire nella ricerca attorno a quello che sembra l’unico campo sulla bocca di tutti quando si parla di sperimentazione editoriale, cioè il libro elettronico.
Torpedo Press (Norvegia)
Fra i libri in mostra, ho subito visto con simpatia e interesse quelli di Torpedo Press, già solo per il rimando allo Stato geograficamente più lontano presente, la Norvegia. Data poi la qualità vista, ho pensato valesse la pena contattare chi, della casa editrice, avesse seguito il lavoro relativo a The Book Society #02.
Ho quindi rivolto a Elin Maria Olaussen e Karen Christine Tandberg – che gestiscono tutto assieme a Julie Arenthine Leding – le mie domande:
Com’era la situazione dell’editoria d’arte quando Torpedo Press è nata?
Torpedo è sia libreria sia casa editrice, in due luoghi differenti di Oslo: Bjørvika con il Kunsthall Oslo e in Wergelandsveien con la Kunstnernes Hus.
La nostra prima apparizione come Torpedo è stata con un piccolo stand e un sala di lettura in quella che è stata una mostra mitica, With us Against Reality or Against us (2005), curata dagli artisti Ida Ekblad e Anders Nordby. I primi sei mesi siamo stati una “libreria nomade” che appariva in diverse mostre e happening artistici. Per permetterci di comprare libri per rivenderli, raccoglievamo e vendevamo pubblicazioni di artisti attraverso vendite su commissione la notte, mentre lavoravamo come consulenti e vendevamo libri alle biblioteche delle scuole d’arte durante il giorno. Questo avveniva parallelamente all’avvio di numerose gallerie gestite da artisti, una scena unica, e per noi è stato un bene cominciare quando questa era così vivace.
Abbiamo avviato la libreria prima, ma c’era sempre il nostro intento di avere una casa editrice. Per lo più per rafforzare il campo del materiale stampato di artisti norvegesi e pubblicare lavori saltuari di teorici e curatori come continuazioni di seminari e simili.
All’epoca, non molti editori avevano a che fare con l’arte contemporanea in Norvegia. Le istituzioni pubblicavano i loro cataloghi di mostre e alcuni artisti pubblicavano come parte della loro opera, ma la distribuzione era inesistente. La libreria e la casa editrice Torpedo hanno entrambe a che fare con l’esprimere pubblicazioni d’arte e professionalizzare la produzione così come con l’aprirsi alla distribuzione internazionale.
Abbiamo avviato la casa editrice nel 2007 e cominciato a partecipare a fiere del libro d’artista. Abbiamo visitato la prima NYABF nel 2006 e riportato una valigia di libri al negozio di Oslo. L’anno successivo eravamo espositori e più o meno lo siamo stati da allora. Siamo stati testimoni dell’esplosione delle fiere del libro d’artista negli anni e abbiamo viaggiato nel mondo per stare dietro un tavolo a vendere, o non vendere, libri.
Com’è la situazione ora?
Sia sul piano internazionale sia qui in Norvegia assistiamo a una maggiore attenzione sulla pubblicazione. Dal nostro punto di vista vediamo le istituzioni artistiche dare più attenzione ai cataloghi di mostre come format, agli artisti che pubblicano come parte della loro opera, una maggiore attenzione al graphic design nelle prime fasi del processo. In Norvegia l’editoria d’arte si è ampliata, la scena ora è diversificata e specializzata. Nel 2007 Torpedo Press era il solo editore norvegese a partecipare alla NYABF, l’anno scorso lì c’è stata la Norwegian Focus Room, con oltre venti espositori norvegesi. Il lato positivo di questa “esplosione” è che ha condotto a più ricerca e comprensione del libro come medium, ma dall’altro lato non tutti i libri dovrebbero essere pubblicati. Per pubblicare un libro nell’era digitale si devono considerare le decisioni editoriali persino di più e, sfortunatamente, ci sono molti libri pubblicati oggi che mancano di contenuto e qualità che li rendano meritevoli di stampa.
Quali strategie economiche Torpedo Press sviluppa per raggiungere i suoi obiettivi oggi?
La libreria si riesce a sostenere da sé, ma gestirne una specializzata non rende possibile pagare l’affitto, salari e di pubblicare libri allo stesso tempo. Nel caso di Torpedo dipendiamo da un altro supporto finanziario. Kunstnernes Hus e Kunsthall Oslo ci supportano dandoci gratuitamente lo spazio – la Kunstnernes Hus gestisce anche la vendita giornaliera dalla loro cassa. Riceviamo del denaro dall’Arts Council che sta coprendo l’operazione di Torpedo, mentre il programma artistico e i progetti editoriali hanno sempre bisogno di passare attraverso domande mirate a differenti risorse finanziarie. La Norvegia ha una grande tradizione di sovvenzionamento dell’arte da parte del Governo e una tradizione molto debole di sponsorizzazioni private. Sfortunatamente la Destra che governa oggi è molto aggressiva nel tagliare questi accordi, per i quali gli artisti si sono battuti fin dagli anni Settanta, invitando invece a un maggior coinvolgimento di privati. Torpedo ha sovvenzioni assicurate dall’Arts Council fino al 2016. Da allora in avanti il futuro è incerto, ma stiamo lavorando costantemente per continuare le nostre attività nei prossimi anni.
Come integrare, valorizzare e migliorare il mondo dell’editoria d’arte europea?
In Norvegia il mercato dei libri d’arte è piccolo, rispetto a posti come New York o Berlino. Questa è anche la ragione per cui pubblichiamo la maggior parte dei nostri titoli in inglese: puntiamo a un pubblico internazionale.
La nostra strategia, se si può chiamare così, è la collaborazione. Nonostante siamo collocati alla periferia dell’Europa, i nostri progetti non lo sono. Ogni libro o progetto che facciamo è una collaborazione – tra artista, graphic designer, scrittore, editor e così via. Di solito questo significa anche collaborazione tra persone situate in tutto il mondo. I libri viaggiano e non sono necessariamente isolati in una regione o Nazione. Per noi l’editoria è un atto di collaborazione e condivisione di idee e concetti.
A questo punto sento sia possibile dire come la ricerca di modelli collaborativi per l’editoria d’arte oggi, in Europa, sia una strada comune a molti, nonostante prospettive geografiche e culturali differenti. Cos’altro? Una percezione: che una tradizione come quella del libro d’artista si configuri, oggi, come un campo meno elitario, più aperto a relazioni e sperimentazioni, per così dire, “orizzontali”, permettendo di associare a tale libro – più che a altri, forse – l’aura da sorta di fatto sociale totale (Marcel Mauss).
Note
[1] Si vedano le statistiche contenute in questo pdf. In merito, mi risponde – confermando il mio discorso – Enrico Turrin, Deputy Director/Economist della FEP: «Come ha già correttamente immaginato, i libri d’artista rientrano nella voce ‘consumer books’; cio’ detto, purtroppo il livello di dettaglio delle nostre statistiche (derivate da quelle a livello nazionale) non ci permette di distinguere sotto-categorie cosi specifiche (con l’eccezione della francia, dove nel 2013 i libri della categoria “Arts et beaux Livres” rappresentavano il 3.4% dei ricavi complessivi degli editori – con i cosiddetti “Beaux livres illustrés all’1.2% e i libri d’arte e storia dell’arte al 2.2%)».