
Dieci anni da piazza Tahrir
Che cos’è oggi una rivoluzione?
Grazie alle ultime proteste, molti osservatori hanno scoperto che in Iran esiste una classe di lavoratrici e lavoratori che si mobilita, che non è unicamente preoccupata dall’influenza della religione sulla politica e che, per stile e reddito, è diversa dalle ragazze con il trucco pesante e gli occhiali da sole che sono innalzate a simbolo di tutti i/le ribelli del paese.
Riflessioni sparse attorno a “Del comune o della rivoluzione nel XXI secolo” del filosofo Pierre Dardot e del sociologo Christian Laval (DeriveApprodi, 2015), in occasione della tavola rotonda che si terrà oggi alle 16.30 all’Ex-Asilo Filangeri di Napoli*.
Tra la vita della piazza e quella delle urne: riflessioni sulle evoluzioni del movimento in Italia oggi, dopo il social strike.
Pubblichiamo un estratto di “Elogio della vertigine o guerra senza fine”, il saggio introduttivo di Gianluca Solla al testo di Roger Caillois, “La vertigine della guerra”, edito da Casa di Marrani. Scritto negli anni successivi al secondo conflitto mondiale e tradotto integralmente per la prima volta in Italia, il libro di Caillois non si limita a indagare la mobilitazione totale perpetrata dai regimi del Novecento, ma mostra come, in maniera più inquietante, ogni democrazia rechi con sé, proprio nel suo rapporto con la guerra, il principio comune ad ogni deriva totalitaria.
Torniamo all’inizio del 2010 quando dopo 3 giorni di violenti riots, la situazione di sfruttamento lavorativo ed abitativo dei 2000 lavoratori immigrati residenti a Rosarno, nel sud dell’Italia, ha conquistato l’attenzione dei maggiori canali dell’opinione pubblica nazionale ed europea, per offrire una riflessione sistematica di come il diritto di asilo sia limitato, su scala nazionale, non soltanto da leggi e procedure, ma anche dai reticoli dell’illegalità nel mondo del lavoro.
di Marianita Palumbo Il 23 novembre, in occasione del Thanksgiving Day, a Zuccotti Park l’atmosfera è di festa. Lo spazio occupato dal movimento Occupy Wall Street per più di due mesi, è stato ufficialmente sgomberato la settimana scorsa ma per questa occasione si sono dati appuntamento tutti qui per festeggiare insieme e dare ulteriore visibilità alla protesta. Un gruppo di volontari si occupa di distribuire i pasti a chiunque lo chieda. Occupy Wall Street ha fatto un appello a ristoranti e benefattori e ha raccolto fondi sufficienti per preparare più di 3000 pasti. Lo sguardo di un osservatore attento cade subito su qualche dettaglio imprevedibile in uno spazio occupato: non solo gli uomini della sicurezza vestiti di giallo che regolano il traffico per accedere all’interno dello spazio transennato, ma anche un altro gruppetto di uomini che all’interno raccolgono ininterrottamente qualsiasi minuscola cartina o rifiuto caduto per terra. Le mie prime 24 ore a New York sono sufficienti a capire quanto Occupy sia ormai diventato uno slogan, un simbolo, un logo, una parola d’ordine che circola per le strade della città ridando significato e spazio ad un modo di essere cittadini, ad un modo di interagire, ad un modo di stare. […]
di Lorenzo Trombetta [Questo articolo è già apparso sul blog “SiriaLibano” il 24 novembre e pubblicato il giorno successivo su “Europa Quotidiano”] Preti, monaci, diplomatici, lettori di arabo nelle università, accademici, presidi di facoltà, giornalisti, segretari di partito, deputati. In Italia un vero esercito di insospettabili sostiene a spada tratta la tesi del Complotto ai danni del regime di Damasco, finendo colpevolmente a sostenere la repressione in atto in Siria da oltre otto mesi e che ha causato finora l’uccisione documentata di oltre 4.000 persone. La loro tesi è che la Siria in rivolta non esiste. Esiste un popolo in ostaggio di uno scenario reale (il regime degli al-Asad in piedi da 41 anni) e di due potenziali minacce: l’invasione della Nato e la conseguente occupazione americano-sionista o l’avvento di un emirato salafita oscurantista anti-tutto. Il compito di questa legione di sostenitori italiani di al-Asad – tra cui spiccano numerosi esponenti più o meno noti del fronte antagonista trasversale tra destra e sinistra – è delegittimare la rivolta in corso. Descriverla come una montatura delle due principali tv satellitari arabe (al-Jazira e al-Arabiya), parte di un complotto americano per contrastare l’ipotetico fronte irano-russo-cinese, simbolo per loro della Resistenza al Male. […]