Sopravvivere non è sufficiente V

Un’enciclopedia della fine: leggere il contemporaneo attraverso i racconti sulla fine del mondo

Sopravvivere non è sufficiente Atwood trilogia
La jetée, Chris Marker (1962)

 

Margaret Atwood, The MaddAddam trilogy (Ponte alle Grazie)

 

Ma come s’è fatto lontano

di quei primi tempi il ricordo,

ché il patto d’amore è spezzato:

han vinto la smania e la brama.

 

Creature dolenti ed offese,

chiamandovi ognuna per nome

faremo rinascer l’Amore

di quel paradiso perduto.

 

Dall’Innario orale dei Giardinieri di Dio

 

 

L’ultimo degli uomini (2003, traduzione di Raffaella Belletti)

 

Nel frattempo, davanti ai suoi occhi si consumava la fine di una specie.

Regno, Tipo, Classe, ordine, Famiglia, Genere, Specie. Quanti raggruppamenti ci sono? Homo sapiens sapiens, che va ad unirsi all’orso polare, al beluga, all’onagro, alla civetta dei cunicoli, a lungo un lungo, lunghissimo elenco. Ottimo punteggio, Gran Maestro.

A volte toglieva l’audio, sussurrava alcune parole tra sé e sé. Succulento. Morfologia. Ipometrope. In quarto. Tarlatura. Aveva un effetto calmante.

Un sito dopo l’altro, un canale dopo l’altro cessavano di esistere. Un paio di anchorman, votati all’informazione fino alla fine, scelsero di morire davanti alle telecamere, che mostrarono gli urli, la pelle che si dissolveva, i globuli oculari scoppiati e tutto il resto. Che cosa teatrale, pensò Jimmy. Non c’è niente che certa gente non farebbe, pur di apparire in tv.

“Stronzo cinico” si disse. Poi cominciò a piangere.

“Non essere così fottutamente sentimentale” gli diceva sempre Crake. Ma perché no? Perché non avrebbe dovuto essere sentimentale? Non è che nei paraggi ci fosse qualcuno a mettere in dubbio il suo buon gusto.

Una volta ogni tanto prendeva in considerazione l’idea di uccidersi – sembrava inevitabile – ma in un modo o nell’altro gli mancava l’energia necessaria. Comunque, uccidersi era qualcosa che si faceva per un pubblico, come sul sito buonanotte.com. Viste le circostanze, il presente, sarebbe stato un gesto privo di eleganza. Poteva immaginare il disprezzo divertito di Crake e la delusione di Oryx: Ma Jimmy! Perché getti la spugna? Hai un compito da assolvere! Hai promesso, ricordi?

Alla fine non ci fu più niente da guardare, tranne i vecchi film in dvd. Guardò Humphrey Bogart ed Edward G. Robinson nell’Isola di corallo. Lui vuole di più, non è vero, Rocco? Già, è così, di più! Giusto, voglio di più. Ne avrai mai abbastanza? Oppure guardava Gli uccelli di Alfred Hitchcock: Flapflapflap, eek, screech. Si vedevano le cordicelle che legavano le superstar alate dal tetto. Oppure guardava La notte dei morti viventi. Lurch, aargh, gnaw, chocke, gurgle. Certe lievi forme di paranoia avevano un effetto calmante, su di lui.

Poi spegneva, sedeva davanti allo schermo vuoto. Tutte le donne che aveva conosciuto gli sfilavano davanti nella penombra. Anche sua madre, nella sua vestaglia color magenta, di nuovo giovane. Oryx veniva per ultima, portando fiori bianchi. Lo guardava, poi usciva lentamente dal suo campo visivo, raggiungendo le ombre tra cui Crake era in attesa. Queste fantasticherie erano quasi piacevoli. Almeno, mentre avevano luogo erano tutti ancora vivi.

Sapeva che quello stato di cose non poteva durare molto a lungo. All’interno del Paradice propriamente detto, i Craker sgranocchiavano foglie ed erba più in fretta di quanto potessero ricrescere, e un giorno o l’altro l’impianto solare si sarebbe guastato, e si sarebbe rotta anche l’attrezzatura di emergenza, e Jimmy non aveva idea di come riparare quegli aggeggi. Poi la circolazione dell’aria sarebbe cessata e la chiusura della porta si sarebbe bloccata, sia lui che i Craker sarebbero rimasti intrappolati all’interno, e sarebbero soffocati tutti quanti. Doveva tirarli fuori finché c’era ancora tempo, ma non troppo presto o là fuori ci sarebbe stata ancora della gente disperata, e disperata significa pericolosa. L’ultima cosa che voleva era un mucchio di maniaci che, mentre si disintegravano, si gettavano in ginocchio, cercando di ghermirlo: Salvaci! Salvaci! Poteva essere immune al virus – a meno che, naturalmente, Crake non gli avesse mentito – ma non dalla rabbia e dalla disperazione dei suoi portatori.

In ogni caso, come avrebbe avuto il coraggio di starsene là e dire: Nulla può salvarvi?

Nella penombra, nell’umidità, Uomo delle Nevi vaga da uno spazio all’altro. Qui, ad esempio, c’è il suo ufficio. Dal tavolo, il suo computer gli rivolge un viso inespressivo, come una ragazza abbandonata incontrata per caso a una festa. Accanto al computer ci sono alcuni fogli di carta, devono essere gli ultimi che abbia mai scritto. Li prende con curiosità. Cos’è che il Jimmy che era una volta aveva ritenuto fosse il caso di comunicare, o quanto meno registrare – mettere nero su bianco, con tanto di macchie – per il miglioramento di un mondo che non esisteva più?

A chiunque possa interessare, aveva scritto Jimmy, con la penna a sfera piuttosto che in una stampata: il suo computer era ormai rotto, ma lui aveva perseverato, laboriosamente, a mano. Doveva avere nutrito ancora speranze, doveva avere creduto ancora che la situazione si potesse ribaltare, che in futuro qui si sarebbe fatto vivo qualcuno, qualcuno investito di autorità; che allora le sue parole avrebbero avuto un significato, un contesto. Come Crake aveva detto una volta, Jimmy era un romantico ottimista.

Non ho molto tempo, aveva scritto Jimmy.

Non male come inizio, pensa Uomo delle Nevi.

Non ho molto tempo, ma proverò a buttare giù quella che credo sia la spiegazione della recente catastrofe. Ho esaminato il computer dell’uomo noto come Crake. L’ha lasciato acceso – apposta, credo – e posso riferire che il virus JUVE è stato creato qui nella cupola del Paradice con componenti scelti manualmente da Crake ed è stato poi incistato nel prodotto BlyssPluss. Era stato incorporato un fattore di rallentamento per permettere un’ampia diffusione: la prima infornata di virus non è divenuta attiva finché tutti i territori prescelti non erano stati inseminati, dunque l’epidemia ha assunto la forma di una serie di ondate che si accavallavano rapidamente. Per il successo del piano, il tempo era un aspetto essenziale. La dissoluzione sociale fu portata al massimo, lo sviluppo di un vaccino efficacemente impedita. Lo stesso Crake aveva ideato un vaccino insieme al virus, ma lo aveva distrutto prima della sua morte.

Sebbene vari membri del personale del progetto BlyssPluss avessero contribuito alla creazione dello JUVE lavorando a cottimo, sono convinto che nessuno, ad eccezione di Crake, fosse informato di quale effetto avrebbe avuto. Quanto alle motivazioni di Crake, posso solo fare delle ipotesi. Forse…

Qui gli appunti si interrompono. Qualunque fossero state le ipotesi di Jimmy sui motivi di Crake, non erano state registrate. Uomo delle Nevi accartoccia i fogli, li getta sul pavimento. Il destino di quelle parole è di essere mangiate dagli scarafaggi. Avrebbe potuto accennare al cambiamento delle calamite sul frigorifero di Crake. Si poteva capire molto su una persona dalle calamite che aveva sul frigorifero, non che al tempo ci avesse riflettuto molto.

 

Superstiti

Il secondo venerdì di marzo – spuntava i giorni su un calendario, dio solo sa perché – Jimmy si mostrò per la prima volta ai Craker. Non si era tolto i vestiti, su questo era stato irremovibile. Si mise uno dei completi standard della Rejoov, leggero, color cachi, con le ascelle a rete e un migliaio di tasche, e i suoi sandali di finto cuoio preferiti. I Craker gli si raccolsero intorno, fissandolo con tranquilla meraviglia: non avevano mai visto una stoffa prima di allora. I bambini mormoravano e lo indicavano.

“Chi sei?” domandò quello che Crake aveva battezzato Abraham Lincoln. Un uomo alto, scuro, mingherlino. Non lo disse in tono sgarbato. In una persona normale Jimmy l’avrebbe trovato brusco, perfino aggressivo, ma questa gente non coltivava un linguaggio ricercato: non le erano stati insegnati eufemismi e scappatoie, o a caricare di orpelli una cosa già di per sé bella. Nel parlare erano semplici e schietti.

“Mi chiamo Uomo delle Nevi” rispose Jimmy, che ci aveva pensato su. Non voleva più essere Jimmy, e nemmeno Jim, e soprattutto non Occhione: la sua incarnazione come Occhione non era riuscita granché. Aveva bisogno di dimenticare il passato: il passato lontano, il passato immediato, il passato in qualsiasi forma. Aveva bisogno di esistere soltanto nel presente, senza sensi di colpa, senza aspettative. Come facevano i Craker. Forse con un rumore diverso ci sarebbe riuscito.

“Da dove sei venuto, o Uomo delle Nevi?”

“vengo dal luogo dove abitano Oryx e Crake” disse. “Mi ha mandato Crake”. In un certo senso era vero. “E Oryx”. Mantiene la struttura della frase semplice, il messaggio chiaro: ha imparato a farlo guardando Oryx attraverso la parete a specchio. E ascoltandola, naturalmente.

“Dov’è andata Oryx?”

“Aveva alcune cose da fare” rispose Uomo delle Nevi. Non gli venne in mente altro: il solo pronunciare il suo nome gli aveva tolto il respiro.

“Perché Crake e Oryx ti hanno mandato da noi?” domandò la donna chiamata Madame Curie.

“Per portarvi in un nuovo posto”.

“Ma è questo il nostro posto. Siamo contenti dove siamo”.

“Oryx e Crake desiderano che abbiate un posto migliore” disse Uomo delle Nevi. “Dove ci sarà più da mangiare”. Ci furono cenni del capo, sorrisi. Oryx e Crake auguravano loro ogni bene, come avevano sempre saputo.

Sembrava che a loro bastasse.     

 

 

II

L’anno del diluvio (2010, traduzione di Guido Calza)

 

 

ANNO DIECI

DEI DUE DILUVI E DELLE DUE ALLEANZE – DISCORSO DI ADAMO 1

In seguito, Dio stringe un’Alleanza con Noè e con i suoi figli e “con ogni essere vivente”. Molti ricordano l’alleanza con Noè, ma dimenticano quella con tutte le altre creature. Dio, però non l’ha dimenticata. Ripete più volte l’espressione “ogni essere che vive in ogni carne”, per assicurarsi che abbiamo capito. Nessuno può stabilire un’Alleanza con una pietra: perché vi sia un’Alleanza devono essere coinvolte almeno due parti vive e responsabili. Pertanto gli animali non sono materia inanimata, non sono semplici pezzi di carne. Niente affatto: essi hanno un’anima viva, altrimenti Dio non avrebbe potuto stringere con loro un’Alleanza. In Giobbe 12 la Parola di Dio afferma: “Ma interroga pure le bestie, perché ti ammaestrino, gli uccelli del cielo, perché ti informino… i pesci del mare perché te lo faccian sapere”.

Ricordiamo oggi Noè, prescelto per assistere le Specie. Noi Giardinieri di Dio siamo un Noè multiforme: noi pure siamo stato chiamati, noi pure siamo stati avvertiti. Avvertiamo i sintomi dell’imminente catastrofe così come un medico sente il polso del malato. Dobbiamo prepararci al momento nel quale chi ha tradito la fiducia degli Animali – proprio così, li ha eliminati dalla faccia della Terra, dove Dio li aveva messi – verrà spazzato via dal Diluvio Senz’acqua, che giungerà a noi sulle ali degli angeli neri del Signore, che volano di notte, e tramite aerei, elicotteri e treni lampo, nonché camion e altri mezzi di trasporto. Noi Giardinieri, però, serberemo nell’animo la conoscenza delle Specie e di quanto siano preziose per il Signore. E questa inestimabile conoscenza la dovremo trasportare al di là delle Acque senz’Acqua, proprio come in un’Arca.

Dunque costruiamo con riguardo i nostri Araràt, cari Amici. Riforniamoli con cura di alimenti in scatola e liofilizzati. E mimetizziamoli bene.

Possa il Signore liberarci dal laccio del cacciatore e ripararci sotto le sue ali, come si dice nel Salmo 91; e voi non temerete i pericoli della notte né la freccia che vola di giorno.

Lasciate che vi ricordi l’importanza di lavarsi le mani almeno sette volte al giorno, e ogni volta che vi imbattete in un forestiero. Non è mai troppo tardi per adottare questa precauzione fondamentale.

E state lontani da chi starnutisce.

Cantiamo.   

 

TOBY. GIORNO DELLA TALPA

ANNO VENTICINQUE

Quando imperverserà il Diluvio dovrete contare i giorni, diceva Adamo 1. Dovrete osservare il sorgere del Sole e le fasi della Luna, perché c’è un tempo per ogni cosa. E nelle vostre Meditazioni, nel corso dei vostri viaggi interiori, evitate di entrare nell’Eterno prima del tempo. Quando vi trovate a Maggese, evitate di scendere troppo in profondità da non poterne riemergere, altrimenti calerà su di voi una Notte in cui ogni ora sembrerà uguale e ogni Speranza sarà perduta.

Toby ha tenuto il conto dei giorni su un vecchio taccuino delle Terme del Parco della AnooYoo. In testa a ogni pagina rosa ci sono due occhi con le ciglia lunghe, di cui uno strizzato, e un bacio dato con il rossetto. Le piacciono quegli occhi e quelle bocche sorridenti: in un certo senso, le tengono compagnia. In cima a ogni pagina nuova scrive in stampatello la Festività o il Santo del giorno secondo il calendario dei Giardinieri. Conosce ancora a memoria l’elenco: San Fritz Schumacher, Santa Jane Jacobs, Santa Sigurdottir di Gullfoss, San Wayne Grady dei Rapaci, San James Lovelock, Gautama Buddha il Beato, Santa Bridget Stutchbury del Caffè etico, San Linneo della Nomenclatura botanica, Festa dei Coccodrilli, San Steven Jay Gould dei Brontosauri, San Gilberto Silva dei Pipistrelli. E tutti gli altri.

Sotto il nome di ogni santo Toby scrive i suoi appunti di giardinaggio: cosa è stato piantato, cosa è stato raccolto, la fase della luna, gli insetti ospiti.

Giorno della Talpa, scrive adesso. Anno venticinque. Fare bucato. Gobba di luna. Il Giorno della Talpa cadeva nella Settimana di Sant’Euell. Non era proprio un bell’anniversario. A voler vedere il lato positivo delle cose, ormai le polibacche dovrebbero essere mature. La forza della pianta transgenica è che dà frutti in tutte le stagioni. Forse scenderà a coglierle verso sera.

Due giorni prima – San Orlando Garrido delle Lucertole – aveva annotato qualcosa che non riguardava il giardinaggio. Allucinazione? Aveva scritto. Ci riflette su. In quel momento le era sembrata proprio un’allucinazione.

Era successo dopo il quotidiano temporale. Toby era sul tetto, controllava che la tanica dell’acqua piovana fosse ben collegata: dall’unico rubinetto che teneva aperto al piano di sotto non usciva niente. Scoperto il problema – un topolino annegato che bloccava il collettore – stava per ridiscendere quando aveva udito un rumore strano. Era come un canto, ma diverso da ogni canto che avesse mai sentito.

Aveva dato un’occhiata con il binocolo. Sulle prime non aveva visto nulla, ma poi all’estremità del campo era spuntata una strana processione. Sembrava composta interamente da persone nude, anche se l’uomo che la guidava era vestito, indossava una specie di cappello rosso e, -possibile? – occhiali da sole. Alle sue spalle uomini, donne e bambini, di tutti i colori di pelle conosciuti; aveva regolato la messa a fuoco, e aveva visto che diverse di quelle persone nude avevano il ventre blu. Per questo aveva deciso che doveva trattarsi di un’allucinazione: per il blu. E per quel modo di cantare cristallino, ultraterreno. Aveva visto le persone solo per un attimo. Erano lì, poi erano svanite come fumo. Dovevano essere entrate nel bosco seguendo il sentiero.

Il cuore le era esploso in gola: non poteva farci nulla. Aveva voglia di correre giù, di correre fuori, di corrergli dietro. Ma era sperare troppo: altre persone, così tante. Altre persone, dall’aspetto così sano. Non era possibile che fossero reali. Se si fosse lasciata allettare da quel canto di sirene – e attirare nel bosco infestato dai maiali – non sarebbe certo stata la prima a fare una brutta fine per eccesso di ottimismo.

Di fronte a troppo vuoto, diceva Adamo 1, il cervello inventa. La solitudine crea compagnia, così come la sete crea l’acqua. Quanti naviganti erano naufragati cercando un’isola che era soltanto un luccichio?

Prende la matita e cancella il punto di domanda. Allucinazione, c’è scritto adesso. Pura e semplice. Senz’ombra di dubbio.

Posa la matita, afferra il manico di scopa e il binocolo e il fucile, poi arranca per le scale fino al tetto per ispezionare il suo dominio. Stamattina c’è silenzio. Nel campo non si muove nulla: né grossi animali, né cantanti dipinti di blu.

 

 

 

III

L’altro inizio (2014, traduzione di Francesco Bruno)

 

La luce del sole la svegliò entrando dalla finestra del cubicolo. canti di uccelli, voci di Craker bambini, belati di Mo’Hair. Niente di spiacevole. 

Si alzò in piedi, cercò di ricordare che giorno era. La Festa di Cyanophyta? Grazie, Oh Signore, di aver creato la Cyanophyta, quell’umile alga verdognola sconosciuta ai più, perché grazie a essa, molti milioni di anni fa – lasso di tempo che è comunque un semplice battito di ciglia nella Tua Visione – ebbe origine la nostra atmosfera ricca di ossigeno, senza la quale non potremmo respirare, né potrebbero farlo le altre Zooforme esistenti, così varie, così belle, così nuove ogni volta che riusciamo a vederle, e a intuire la Tua Grazia per il loro tramite…

D’altro canto, però, poteva anche essere la Festa di santa Jane Goodall. Grazie, Oh Signore, che hai benedetto la vita di santa Jane Goodall, intrepida Amica del divino Popolo della giungla, che ha affrontato molte situazioni rischiose e Insetti mordaci per colmare la separazione fra le Specie e, grazie al suo amore per e al lavoro con i nostri prossimi cugini Scimpanzé, ci ha aiutati a capire il valore dei pollici opponibili e degli alluci, e anche il nostro profondo…

Il nostro profondo cosa? Toby fruga nella memoria in cerca del seguito della frase. Sta dimenticando le cose: certe dovrebbe scriverle. Tenere un diario, come faceva quando era sola alla AnooYoo Spa. Potrebbe spingersi anche più in là e scrivere vita morte e miracoli degli ora scomparsi Giardinieri di Dio, per il futuro; per le generazioni a venire, com’erano soliti dire i politic a caccia di voti. Se c’è qualcuno nel futuro, però; e se costoro saranno capaci di leggere; che, a ben vedere, sono due grandi se. E, ammesso che la lettura permanga, ci sarà in futuro qualcuno interessato agli atti di un oscuro e poi bandito e poi disperso culto religioso verde?

Forse agire come se credesse in un simile futuro ne favorirà l’avvento, che è il tipo di cose che solevano dire i Giardinieri. Lei non ha nessun tipo di carta, ma potrebbe chiedere a Zeb di procurarne alla sua prossima spedizione di ricerca, se riesce a trovarne che non sia umida, o mangiucchiata dai topi per farci i nidi, o divorata dalle formiche. Oh, e anche matite, aggiungerà. O penne. O pastelli. Allora potrebbe mettersi all’opera.

È comunque difficile concentrarsi sull’idea di un futuro. È troppo immersa nel presente, lei, un presente che comprende Zeb, mentre forse il futuro no.

Non vede l’ora che sia notte, vorrebbe saltare a piè pari la giornata che è appena cominciata e tuffarsi a capofitto nella notte come in una pozza: una pozza che riflette la luna. Vorrebbe nuotare in un chiaro di luna liquido.

Ma è pericoloso vivere per la notte. Il giorno diventa irrilevante. Si corre il rischio di diventare superficiali, si possono trascurare i particolari, si possono vedere le tracce. C’è caso che uno di questi giorni si ritrovi in piedi , in mezzo alla stanza, un sandalo in mano, intenta a domandarsi cosa sta facendo lì; oppure fuori sotto un albero, a guardare l’incresparsi delle foglie, e poi a spronare se stessa. Muoviti. Muoviti. Datti una mossa. Hai bisogno di… Ma di cosa ha bisogno, cosa deve fare, di preciso?

Non è soltanto lei, e non è soltanto la sua vita notturna a provocare ciò. Ha notato che anche gli altri si aggirano spaesati. Se ne stanno ritti senza motivo, ad ascoltare parole che nessuno dice. Poi si riscuotono per tornare al reale, facendo sforzi visibili. Tenendosi occupati con l’orto, con la staccionata, con l’impianto solare, con l’ampiamento della casa d’argilla… La tentazione di lasciarsi semplicemente vivere, come sembra facciano i Craker, è forte. Loro non hanno festività, calendario, scadenze. Non hanno obiettivi a lungo termine.

Ricorda benissimo che quell’umore incostante è cominciato durante i mesi che ha passato nascosta all’AnooYoo Spa, in attesa del virus epidemico che stava uccidendo ogni altro essere. Allora – dopo che non vi furono più urla, che non vi furono più invocazioni o colpi picchiati alla porta, non più corpi che crollavano sul prato -, mentre si limitava ad aspettare. Aspettare un segno che indicasse che qualcun altro era rimasto in vita. Aspettare un momento significativo per ricominciare. Allora sarebbe tornata alla routine quotidiana: nutrirsi, dissetarsi, colmare le ore con piccole attività, scrivendo ogni giorno sul diario. Respingendo le voci che cercavano di entrarle in testa, come fanno le voci con chi è solo. Eludendo la tentazione di andarsene via, di mettersi a vagare per i boschi, di aprire la porta a qualunque cosa stesse per succederle o, più onestamente, di chiudere con se stessa. Di farla finita.

Viveva una specie di trance, o come in stato di sonnambulismo. Arrenditi. Rinuncia. Fonditi con l’universo. Puoi farlo benissimo. Era come se qualcosa o qualcuno stesse bisbigliando, attirandola nell’oscurità: Vieni, vieni qui. Sarà un sollievo. Sarà la pienezza. Non sentirai dolore.

Si domanda se quella specie di bisbiglio non stia arrivando anche alle orecchie di qualcun altro. Gli eremiti nel deserto sentivano voci simili, e anche i prigionieri nelle segrete. Probabilmente però nessuno lo sta sentendo adesso: lì non come all’AnooYoo Spa, quella non è una cella d’isolamento; tutti hanno compagnia. Comunque, si rende conto che ogni mattina conta le persone, per essere sicura che tutti gli AdamoPazzi e gli ex Giardinieri siano ancora lì: che nessuno di loro sia andato via durante la notte, nel labirinto di foglie e di rami, nel canto degli uccelli e del vento, nel silenzio.

Sente dei colpetti sulla parete accanto alla porta. “Ci sei, Oh Toby?” È il piccolo Barbanera, è venuto a trovarla. Forse in qualche modo condivide le sue paure e non vuole vederla sparire.

“Sì”, fa lei. “Ci sono. Aspetta fuori.” Si affretta a indossare il lenzuolo del giorno. In un certo senso meno austero e geometrico del solito: più floreale, più sensuale. Rose in piena fioritura. Tralci che s’intrecciano. Sta diventando vanitosa? No, è un modo di festeggiare la vita nuova, la sua: questa è la sua scusa. Non sembrerà ridicola? La tardona che si atteggia a ragazzina? Difficile dirlo, senza uno specchio. La cosa importante è tenere indietro le spalle, impettirsi con fiducia. Si porta i capelli dietro le orecchie, li attorce in un nodo. Ecco, niente riccioli sparsi. Meglio mostrare un po’ di contegno.

“Ora ti porto da Uomo delle nevi-il-Jimmy”, dice Barbanera con aria d’importanza, quando lei è pronta. “Così potrai aiutarlo. Con le larve.” È fiero d’aver imparato quella parola, tanto che la ripete: “Le larve!” Sorride raggiante. “le larve sono buone. Le ha fatte Oryx. Non ci fanno male.” Un’occhiata a lei, studiandone la faccia per essere sicuro d’aver detto bene, poi un altro sorriso. “e presto Uomo delle Nevi-il-Jimmy non starà più male.” La prende per mano, la tira. Sa come prenderla, è la sua piccola ombra, una spugna che assorbe ogni cosa.

Se avessi avuto un figlio, pensa Toby, sarebbe come lui? No. Non sarebbe come lui. Non lagnarti.            

 

Libro

 

Ora, questo è il Libro fatto da Toby quando viveva fra di noi. Ecco, ve lo mostro. Lei faceva queste parole su una pagina, e una pagina è fatta di carta. Faceva le parole con la scrittura, muovendo uno stecco chiamato penna, con un liquido nero chiamato inchiostro, e poi metteva insieme le pagine e le univa insieme su un lato, e questo si chiama libro. Ecco, ve lo sto mostrando. Questo è il Libro, queste sono le Pagine, qui c’è la Scrittura.

E lei mostrò a me, Barbanera, come fare queste parole, su una pagina, con una penna, quand’ero piccolo. E mi mostrò come riportare indietro i segni in una voce, così quando guardo la pagina e leggo le parole, quella che sento è la voce di Toby. E quando dico queste parole a voce alta, anche quella che sentite voi è la voce di Toby.

Per piacere, non cantate.

E nel libro lei mise le Parole di Crake, e anche le parole di Oryx, e di come insieme fecero noi, e fecero anche questo bel Mondo sicuro perché potessimo viverci.

E nel Libro ci sono anche le Parole di Zeb, e di suo fratello, Adamo; e le Parole di Zem Mangiò Un Orso; e come diventò nostro Difensore contro gli uomini cattivi che fecero crudeli e dolorose cose; e le Parole degli Aiutanti di Zeb, Pilar e Rino e Katrina WooWoo e Marzo il Serpente, e di tutti gli Adamo Pazzi; e le Parole di Uomo delle Nevi-il Jimmy, che era lì all’inizio, quando Crake ci fece, e che guidò il nostro popolo fuori dall’Uovo fino a questo posto migliore.

E le Parole di Cazzo, anche se queste Parole non sono molto lunghe. Vedete, c’è soltanto una pagina su Cazzo. Sì, so che ci aiuta molto quando siamo in difficoltà, e arriva volando. È stato mandato da Crake, e noi diciamo il suo nome in onore di Crake. Ma non c’è davvero molto su di lui in questa scrittura.

Per piacere non cantate ancora.

E Toby formò anche le Parole su Amanda e Ren e Volpe Veloce, le nostre Amate Tre madri Oryx, che ci mostrarono che noi e quelli con due pelli siamo tutti gente e aiutanti, anche se abbiamo doni diversi, e alcuni di noi diventano blu e altri no.

E Toby disse che dobbiamo essere rispettosi, e chiedere sempre prima, per vedere se una donna è davvero blu o odora soltanto di blu, quando ci sono dubbi sulle cose blu.

E Toby mi mostrò cosa fare quando non ci saranno più penne di plastica, e nemmeno più matite; perché lei sapeva guardare nel futuro, e vedeva che sarebbe arrivato un tempo in cui non si sarebbero più trovate né penne né matite né carta, fra gli edifici della città del caos, dove loro erano cresciuti.

E mi mostrò come usare le piume degli uccelli per fare le penne, anche se noi abbiamo fatto delle penne con le stecche degli ombrelli rotti.

Un ombrello è una cosa del caos. Lo usavano per tenere la pioggia lontana dai loro corpi.

Non so perché lo facevano.

E Toby mi mostrò come fare i segni neri con l’inchiostro che è fatto di gusci di noce mescolati con aceto e sale; e questo inchiostro è marrone. E inchiostri di diverso colore si possono fare con le bacche, e noi facciamo dell’inchiostro viola con le bacche del sambuco che hanno dentro lo spirito di Pilar, e scriviamo le Parole di Pilar con questo inchiostro. E Toby mostrò come fare altra carta dalle piante.

E Toby ci dette consigli su questo Libro che scriviamo. Disse che la carta non dev’essere bagnata, o le Parole si scioglieranno e non potranno più essere sentite e ci crescerà sopra la muffa che le farà diventare nere e tutte una polvere. E che bisogna fare un altro Liro, con la stessa scrittura del primo. E ogni volta che una persona impara le cose della scrittura, e della carta, e della penna, e dell’inchiostro, e della lettura, anche questa persona deve fare lo stesso Libro, con dentro la stessa scrittura. Così sarà sempre lì perché noi possiamo leggerlo.

E che alla fine del Libro dobbiamo mettere delle altre pagine e attaccarle al Libro, e scrivere le cose che sono successe dopo che Toby se n’è andata, così potremo sapere tutto delle Parole su Crake, e Oryx, e il nostro Difensore, Zeb, e suo fratello, Adamo, e Toby, e Pilar, e le tre Amate Madri Oryx.

E anche di noi, e dell’Uovo, da cui uscimmo in principio.

 

 

 

 

 

 

 

 

Sopravvivere non è sufficiente è una serie di uscite che raccoglie brani letterari sulla fine del mondo e la pandemia – dall’aggettivo greco πανδήμιος: “che riguarda tutti” – che costituiscono il punto di partenza di nuove riflessioni sul presente.

Puntate precedenti: la prima con Mary Shelley, Guido Morselli e Emily St. John Mandel; la seconda, con Camille Flammarion, Joanna Russ e Jack London; la terza con Kurt Vonnegut, Colson Whitehead e Naomi Alderman; la quarta con Matthew P. Shiel e H.G.Wells.

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