Sismografie. Sud, esiste una via d’uscita dal sottosviluppo?

L’articolo di Stefano Ventura apre il focus Sismografie, uno sguardo sulle politiche di ricostruzione de L’Aquila a circa 900 giorni dal sisma. Per contrastare i tempi della cronaca e riattivare l’attenzione sulle conseguenze sociali della ricostruzione.

L’articolo di Stefano Ventura apre il focus Sismografie, uno sguardo sulle politiche di ricostruzione de L’Aquila a circa 900 giorni dal sisma. Per contrastare i tempi della cronaca e riattivare l’attenzione sulle conseguenze sociali della ricostruzione.

Capita sempre più spesso di assistere a proteste, clamorose o meno, di operai e lavoratori che hanno perso il lavoro; ormai si ricorre alla fantasia pur di attirare l’attenzione su situazioni aziendali e lavorative gravi. La galassia FIAT e i progetti di ristrutturazione aziendale seguiti al matrimonio tra Marchionne e la Chrysler hanno contribuito a rinfocolare questa serie di casi. L’ultimo in ordine di tempo riguarda la Irisbus, azienda del gruppo IVECO – FIAT che produce (o meglio dire, produceva) autobus per il trasporto pubblico locale. Con i tagli agli enti pubblici, sono radicalmente crollate le commesse inducendo la Fiat alla chiusura dello stabilimento di Flumeri-Grottaminarda. Una delle ipotesi, ventilate e poi smentite, era la cessione al gruppo DR Motors, per la produzione di SUV a basso costo.

La vicenda della Irisbus, purtroppo, è solo l’ultima di una serie di chiusure, ridimensionamenti aziendali, ricorsi alla cassa integrazione e alla mobilità che coinvolge realtà imprenditoriali meridionali. La letteratura economica è strapiena di libri, saggi e contributi sul progetto di industrializzazione del Mezzogiorno, dagli anni Cinquanta a oggi, con la Cassa per il Mezzogiorno prima e con i contributi dell’Unione Europea poi. Su questo tema, e per esteso, sul tema dello sviluppo del Mezzogiorno e sulla soluzione del problema occupazionale si sono confrontati le più grandi menti dell’economia e dell’intellettualità italiana, non sempre seguiti dalla politica e dall’imprenditoria.

Il tema della “fabbrica del terremoto” è al centro della ricerca condotta dall’Osservatorio Permanente sul Doposisma nel 2011. L’Osservatorio, istituito presso la Fondazione Mida, che gestisce le meravigliose Grotte di Pertosa, è diretto da Antonello Caporale e ha come obiettivo l’utilizzo della ricerca applicata per stimolare la riflessione e suggerire al dibattito pubblico nuove strade da percorrere sui luoghi colpiti da sismi nell’ultimo trentennio. La ricerca di quest’anno è stata realizzata grazie al contributo dell’Area Ricerche del Monte dei Paschi di Siena e contiene anche un interessante studio sul campo, condotto da una ricercatrice di Antropologia che ha vissuto a Caposele (un centro del Cratere del terremoto del 1980) per 7 mesi e ha indagato come una comunità terremotata si è ricostruita a 30 anni dal terremoto.

Nel rapporto del 2011 c’è anche un contributo nel quale si affronta una cronistoria dell’intervento di sviluppo industriale dopo il terremoto del 1980, una delle pagine più significative all’interno degli sprechi del doposisma, e un censimento aggiornato al giugno 2011 che dice quanti addetti e quante aziende sono occupate oggi nelle 20 aree industriali del Cratere. Il dato sugli occupati, in particolare, dice che oggi siamo al 49% rispetto alla previsione iniziale.

La ricerca si accompagna anche a una serie di proposte; una di queste parla esplicitamente del problema dello squilibrio demografico tra aree metropolitane costiere di Campania e Puglia e ipotizza un nuovo sistema reticolare di mobilità, che rivaluti e dia centralità al trasporto ferroviario, per portare nuovi residenti nelle aree interne e permettere loro di recarsi al lavoro in tempi ragionevoli e senza fare i conti con il traffico urbano dei centri più importanti. Sarebbe questo un modo per mettere a valore tutti i vani costruiti in abbondanza dopo il terremoto e lasciati vuoti dallo spopolamento delle aree interne, permettendo a giovani famiglie e nuovi residenti di lasciarsi alle spalle il soffocamento della città e apprezzare una qualità della vita diversa e più a misura d’uomo. Così com’è la situazione mostra una doppia disperazione, quella di chi vive in spazi angusti e in preda all’emergenza continua ( i rifiuti, il traffico, il congestionamento dei servizi, aule scolastiche zeppe) e quella di chi vive la disperazione che deriva dalla solitudine (pochi servizi, scuole che chiudono, pochi trasporti, neanche l’accesso alla rete). L’idea di fondo si trova in continuità e affinità anche con l’idea di ospitare e accogliere i migranti come nuovi residenti, lanciata qualche mese fa quando molti giovani scappavano dal Nord Africa avvolto dalle fiamme delle rivoluzioni contro i regimi.

Bisogna anche registrare alcune storie di successo nel raccontare il disegno di sviluppo delle fabbriche del terremoto. Come ad esempio l’intervento della Ferrero a Balvano e Sant’Angelo dei Lombardi, dove, a parte la richiesta di spostare il sito di collocazione dell’azienda per far lievitare meglio le merendine, i due stabilimenti hanno non solo rispettato le promesse, ma incrementato il numero di occupati. La stessa cosa si è verificata per l’EMA di Morra de Sanctis, che prevede di aumentare ancora i propri occupati nei prossimi anni, oppure con la Desmon, un’azienda che ha la testa a Nusco e altre succursali sparse per il mondo in Turchia, Cina e India. Di certo ci sono due constatazioni piuttosto evidenti da fare; la scelta dei settori produttivi sui quali investire si è rivelata ben presto sbagliata e non è mai stato previsto un percorso formativo e di incentivazione alla nascita di una classe imprenditoriale locale, che avesse magari radici nella tradizione e nella storia del territorio (penso, ad esempio, all’artigianato che va scomparendo).

Ci sono, inoltre, dei potenziali settori di interesse per non lasciare inutilizzati capannoni e aree che già hanno danneggiato paesaggi e ambiente. Ad esempio collegarle al settore delle energie rinnovabili, che in Campania e Basilicata conosce un buon livello di produzione, ma poche realtà produttive locali. In alternativa si potrebbe investire su quei settori del ciclo integrato dei rifiuti che mancano del tutto in Campania e che aggravano la gestione complessiva, ad esempio la produzione di concimi dal compostaggio oppure il riciclo di alcuni materiali.

Inoltre è essenziale considerare una delle maggiori frecce disponibili all’arco di questi territori e del Sud in generale, il turismo. Infatti, si calcola che il numero di persone che si muoveranno per motivi turistici diventerà dieci volte maggiore di qua a qualche anno, quando molti cittadini di paesi emergenti e già in forte affermazione (India, Cina, Brasile, ma anche alcuni paesi dell’Est Europa) potranno permettersi di viaggiare e scoprire nuove mete. Per questo ci sono le premesse, ma ci vuole un grande balzo in avanti del marketing territoriale e di infrastrutture e professionalità del settore.

Di certo, come dice l’economista Gianfranco Viesti introducendo la ricerca (Uscire dal vicolo cieco del sottosviluppo è il titolo dell’intervista), il problema del Mezzogiorno non si risolve senza risolvere il problema Italia, e non serve pensare all’uno senza considerare l’altro. Inoltre è ormai diventato impensabile pensare ad alcuni territori senza considerare il contesto globale, e per quanto riguarda il Sud, il resto dell’area mediterranea.

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