Silenzio. Uno zapping teatrale

La compagnia dei Girasoli ha portato in scena alla Sala Lia Lapini a Siena domenica 19 giugno lo spettacolo teatrale Silenzio.

Lo spettacolo Silenzio, vincitore del Premio del Teatro Riabilitazione psicosociale al Festival Nazionale Altri Teatri di Bitonto, viene riproposto venerdì 24 giugno alle ore 19.00, sempre alla sala Lia Lapini.

Cosa ci ha proposto e ci propone la compagnia dei Girasoli, formata da utenti, operatori e infermieri dei servizi psichiatrici dell’AUFSMA Alta Val d’Elsa, da operatori della Cooperativa la Valle del Sole di Casole d’Elsa, e da componenti de LaLut?

Uno zapping televisivo a teatro, piccoli estratti provenienti dalla televisione, visti però in una chiave comica e parodica. Si succedono un’imitazione del telegiornale dove il presentatore racconta le notizie del giorno e dà la parola agli inviati speciali, poi le previsioni meteo, una puntata di una soap opera, una pubblicità delle merendine, il fuori onda, l’inizio di un talk show in cui la protagonista indiscussa è una modella annoiata dalle banali domande della conduttrice. Il registro, per lo più comico, viene ad essere sospeso in alcuni momenti, per lasciare spazio a scene in cui il rumore delle chiacchiere, delle musiche assordanti e i sorrisi estremi e tirati scompaiono. Subentra il silenzio. C’è silenzio quando sulla scena compaiono due personaggi vestiti di nero, camminano lentamente, raggiungono il centro del palco e, scambiandosi pochi monosillabi, tengono lo sguardo fisso davanti a loro, e ci comunicano la loro appartenenza ad un mondo altro rispetto a quello della televisione, è impossibile non pensare a Beckett e all’estraneità che questi personaggi rappresentano. C’è silenzio anche quando un altro personaggio entra in scena e percorre parte del palco per poi uscire da dove è entrato senza dire una parola, solo poi rientrerà per raccontare con grande semplicità un episodio della sua vita. Una terza volta cambia l’atmosfera, ed è quando i tre personaggi “escono” dalla televisione e sono invece tre normali spettatori che dentro le mura domestiche guardano la televisione, creando un doppio gioco, sia perché ribaltano la prospettiva che c’è stata per quasi tutto il corso dello spettacolo, sia perché vanno a creare un gioco di specchi tra pubblico teatrale (noi) e pubblico televisivo (loro).

Un continuo salto dunque tra più piani: quello della televisione, quello della vita, e quello del teatro, uno spettacolo che parte dall’improvvisazione e dalla spontaneità per parlare in chiave parodica di un mondo costruito quale è quello televisivo.

 

Un dialogo con Marta Mantovani, che con Andrea Carnevale (entrambi fanno parte de LaLut) ha curato la regia dello spettacolo

a cura di Giulia Romanin Jacur e Michele Bianchi

Come nasce e cosa prevede questa collaborazione tra LaLut, la Cooperativa Sociale La Valle del Sole e l’AUFSMA Alta Val d’Elsa?
È Filippo De Dominicis de LaLut che nel 2003 ha preso contatti con la Cooperativa La Valle del Sole. Il teatro non è l’unica attività che viene proposta dalla Cooperativa agli utenti dei servizi psichiatrici, vengono organizzati molti laboratori, dal ballo alla pittura. Ogni mercoledì pomeriggio, da settembre a giugno, presso il teatro Verdi di Poggibonsi sono previste due ore di laboratorio teatrale. A settembre normalmente ci sono i nuovi inserimenti, si comincia dunque con esercizi teatrali sullo spazio, sul ritmo, sulla voce, per poi arrivare alla costruzione di uno spettacolo. Abbiamo realizzato anche due mediometraggi, uno dei quali – Cinema Gioconda – è stato premiato al Festival di Melfi per la fotografia, selezionato al Valdarno Cinema Fedic 2005 e al primo Dams Film Festival dell’Università Roma Tre.

Da un paio d’anni siamo tornati sul teatro, che è sicuramente un’esperienza diversa, desideravamo dedicarci alla performance dal vivo.

Quali sono state le fasi di creazione dello spettacolo Silenzio?
Non mi ricordo esattamente in che occasione è nato lo spettacolo, una volta una certa improvvisazione ci è piaciuta e abbiamo pensato: -perché non improvvisiamo sulla televisione?- Allora ciascuno ha partecipato: chi ha portato “Tv sorrisi e canzoni”, chi ha improvvisato partendo da una telenovela che vede sempre su Rete 4, chi si è concentrato sul telegiornale. Poi Andrea e io abbiamo inserito cose un po’ più astratte, abbiamo infilato qualcosa di un po’ meno chiaro, questi due personaggi che non si sa cosa fanno, da dove vengono o chi sono, ci piaceva buttare lì una specie di domanda. Noi abbiamo fatto il lavoro di regia, più che altro semplicemente “montando” le creazioni dei ragazzi, ed è venuto fuori uno spettacolo comico-parodistico.

Silenzio ha debuttato nel giugno 2010, ha avuto diverse repliche, ha partecipato al Festival Altri Teatri di Bitonto ed è stato premiato come miglior lavoro. Il fatto che ci siano state tante repliche è una cosa nuova, di solito siamo abituati a fare lo spettacolo one shot; le repliche sono importanti, e si vede dalla professionalità che via via viene acquisita, sono diventati tutti molto attenti sia nello stare in scena che dietro le quinte.

Dicevi che la tecnica utilizzata per creare lo spettacolo è stata l’improvvisazione. Quali sono i motivi e le implicazioni di questa scelta?
Sì, l’improvvisazione sta alla base di questo spettacolo. I ragazzi sono scenicamente molto “forti”, per come si muovono, per come gesticolano, per come parlano. Per esempio se uno di loro ha una certa difficoltà a parlare, questa difficoltà lo rende scenicamente importante, e imboccargli un testo, farglielo imparare a memoria, non varrebbe, gli farebbe perdere la forza scenica che ha.

In generale noi de LaLut lavoriamo con l’improvvisazione, ma con loro funziona ancora di più, perché ci mettono quello che hanno, viene loro in mente una cosa e la fanno. Poi in un secondo momento si abbandona l’improvvisazione e l’azione viene fissata; a livello di testo loro continuano ad improvvisare sulla base di un canovaccio. È bello vedere cosa tirano fuori. L’improvvisazione comunque è alla base del teatro: in un qualsiasi spettacolo può succedere che un attore non entra in scena, sbaglia le battute, e improvvisare ti insegna a stare pronto in ascolto dell’altro.

Inoltre ti insegna a cercare di seguire l’altro nel percorso in cui ti mi sta portando, e in cui tu puoi inserire qualcosa di tuo modificandone gli esiti; è una costruzione collettiva difficile, che però generalmente porta sempre a qualcosa.

Una delle riflessioni che abbiamo fatto all’uscita dello spettacolo si è focalizzata sulla forza che il palcoscenico ha nel disattivare a livello percettivo il rapporto operatore-utente e sul fatto che lo spettatore non distingue tra i due ruoli sul palco. Si viene a creare dunque un gioco tra i ruoli. Cosa ne pensi?
Sì, effettivamente è così, il teatro annienta quella parte di differenza. A livello teatrale io imparo moltissimo da loro. Effettivamente ci si confonde tra operatori e utenti sul palco, ma questo accade anche non sul palco! E poi è bella l’ambiguità che si crea in alcune parti dello spettacolo, c’è per esempio quella scena in cui Antonietta annuncia i programmi e non si capisce se è lei a non ricordarseli per davvero oppure è colpa del suo personaggio. Mi piace che lo spettatore se lo chieda.

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