Tra Social Strike e Sciopero generale: la necessità della lotta

Perché e come essere presenti. All’alba dello sciopero generale indetto per questo 12 dicembre da Cgil e Uil.

È passato meno di un mese dal 14 novembre e già si torna a parlare di sciopero in questo autunno/inverno caldo del 2014, caldo sia per l’effetto serra che per le lotte, s’intende.

Molti, gli irriducibili, diranno (e hanno detto) che non è la stessa cosa, che il 14 novembre non si può paragonare a questo 12 dicembre, che lo sciopero precario era costruito dal basso e questo invece è uno sciopero dei sindacati, della Cgil e della Uil, parleranno di rappresentanze impossibili eccetera, eccetera, eccetera.

È vero: il social strike e questo sciopero generale di oggi non sono la stessa cosa, non hanno le stesse radici, non hanno la stessa forma, tuttavia, è impossibile, parziale e limitante, esaminare la giornata di oggi senza tenere conto del 14, o – d’altro canto – continuare i percorsi intorno al social strike, senza considerare questo sciopero generale di Cgil e Uil. Nell’ottanta per cento degli articoli che trattano lo sciopero di oggi, il quattordici è stato completamente rimosso, nonostante proprio il quattordici la Cgil stessa avesse scelto di essere in piazza a Milano e la cosa, tra l’altro, aveva fatto effettivamente sperare in una possibilità di ricomposizione tra movimenti e sindacati. Le infelici dichiarazioni di Landini sull’estrattivismo petrolifero nel Sud Italia hanno cancellato questa possibilità e riportato il rapporto tra sindacati e movimenti, già complicatissimo, a una fase di stallo.

Se, tuttavia, la ricomposizione è lontana, almeno intorno ai temi del lavoro si può parlare di pacifica coesistenza, considerando che le richieste di Cgil e Uil – riforme di Jobs Act e legge di stabilità, estensione del bonus di 80 euro a pensionati e incapienti, apertura delle trattative per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro – pur essendo ribassiste e riformiste rispetto alle richieste dei movimenti (ma del resto siamo o dovremmo essere ormai perfettamente consapevoli del fatto che Cgil e Uil non sono l’IWW e chiedere posizioni più radicali sarebbe abbastanza utopico) riportano l’attenzione anche delle classi medie, in maniera più netta e mediaticamente massiva rispetto a quanto abbia fatto il 14 novembre, sui temi della precarietà e della disoccupazione, sulla situazione dei freelance che da un lato vengono usati come claim mediatico dal governo Renzi quando si parla di start up, innovazione, slancio, rottamare il vecchio per fare spazio ai giovani e dall’altro, quello reale, vivono una situazione di precarietà lavorativa estrema, passando spesso da uno stage sottopagato, non pagato, o addirittura con la formula del “pagare per lavorare perché fa curriculum”, all’altro, da una forma di autosfruttamento all’altra. Ma del resto, se la cifra dell’innovazione à la Renzi è l’EXPO2015 di Milano e l’EXPO2015 di Milano si basa completamente sull’autosfruttamento dei volontari, il quadro risulta piuttosto chiaro. Come nota anche Claudio Riccio su «Internazionale», va riconosciuto che i sindacati tradizionali finalmente si sono accorti di questa situazione, e per quanto questo non annulli la necessità della lotta, si può iniziare quantomeno a sperare in qualche forma di tutela in più.

Anche per questi motivi, al netto delle nostre consapevolezze sulle criticità e sulle contraddizioni dei sindacati, è importante attraversare anche questo sciopero generale, è importante stare dentro alle contraddizioni piuttosto che limitarsi a guardarle dall’alto e dall’esterno, snobbando arbitrariamente non i vertici di Cgil e Uil quanto piuttosto i lavoratori che provano, magari pur riconoscendo loro stessi qualche criticità, a sperare ancora in qualche diritto.

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