Qualche riflessione sui “folli-attraversatori-di-frontiere”

Scienze umane, psichiatria, Israele e democrazia.

Il saggio indica la luna ma lo scemo guarda il dito. Facciamo gli scemi anche noi: a volte guardare il dito ti permette di smascherare il saggio, che tale magari non è. Prendo spunto dall’articolo apparso su “Sirialibano”, Perizia psichiatrica per israeliano che…voleva “aiutare il popolo siriano”, per proporre qualche pensiero provocatorio tra il serio e il faceto. Convinto che in queste storie piccole e marginali si nascondano, a ben vedere, delle belle verità. Forse evidenti, o per lo meno prese per buone da tanti di noi (non me ne chiamo fuori). Certamente, però, bisognose di un approfondimento e di maggiore attenzione. Storie che potrebbero aiutarci a comprendere meglio i vari attori in campo, le scienza umane che vorremmo, ma soprattutto l’ordine politico (anzi, bio-politico) e le sue contraddizioni, le modalità con cui viene imposto, la violenza quotidiana con cui si riproduce. Non solo all’esterno nei riguardi del nemico, ma anche al suo interno, come ordine morale e censura rispetto a ciò che è pensabile e naturale, e a ciò che invece viene implicitamente escluso occultando l’atto stesso dell’interdizione.

La storia a cui facciamo riferimento è quella di un ex soldato israeliano che ha tentato di varcare il confine provvisorio tra Israele e Siria per sostenere ed aiutare il popolo siriano da mesi vittima di una feroce repressione da parte del regime degli Al-Asad. Fermato dalla polizia israeliana, il giovane è stato sottoposta a una perizia psichiatrica per accertare la sua capacità di intendere e di volere.

“Un folle!”, avranno pensato in tanti, più o meno bonariamente da una parte e dall’altra del confine. Ma intanto lui è l’unico sano, e la psichiatria fa ancora una volta la figura del cane da guardia di regime. O, meglio, del molosso dell’“unica democrazia del Medio Oriente”.

Ma se invece di essere uno, fossero stati in dieci? Tutti folli? E allora, che differenza c’è? “È folle!”, si dirà, “Sta qui la differenza! Non si rende conto di ciò che fa…”. Ne siamo proprio sicuri? E, comunque, che egli se ne renda conto o no, questo per noi è un falso problema. Non è tale, invece, per l’esercito che ha chiesto la perizia psichiatrica, e per lo psichiatra che l’ha eseguita.

Ci avranno scherzato su i due poliziotti israeliani: “Madonna che gatta da pelare! E se poi lo psichiatra ci dice che questo folle non è?! Ci tocca metterlo dentro, e dire che le sue intenzioni erano proprio politiche! Allora sai che casino…”. E il collega: “Ma che vai a pensare! Solo un pazzo avrebbe potuto immaginare che noi ci dobbiamo immischiare degli affari siriani!”. Ci figuriamo che mentre il dialogo tra i due soldati sta per terminare tra sguardi d’intesa e una fragorosa risata, lo psichiatra bussa alla porta e chiede di vedere il soggetto malato. Per fortuna c’è lui, lo psichiatra, a ristabilire, legalmente e per conto dello Stato, il limite tra ciò che è normale e ciò che non lo è. Alla diagnosi il compito di oggettivare la vera verità del reale reale.

Questo per dire che a guardare dietro a un fatto così “naturale” si nasconde più di un assunto apparentemente neutrale, ma profondamente politico. E i suoi presupposti vengono condivisi da molti, anche dai più acerrimi nemici. Follia o non follia, dittatura o democrazia, tutti noi potremmo passarci. Come dimenticarci il “folle” israeliano che, dopo aver eluso i super-controlli della frontiera provvisoria tra Libano e Israele, è stato rispedito al mittente con tanto di dichiarazione ufficiale da parte del Partito di Dio, rilasciata dopo che il tutto era già finito? (Si veda a proposito questo spassosissimo articolo).

La psichiatria (o meglio, una certa psichiatria), com’è d’uso in tanta parte del mondo da qualche secolo a questa parte, va a braccetto con lo Stato e le sue istituzioni, e svariati altri soggetti politici (chissà, ad esempio, quanti internati nei manicomi siriani sono rinchiusi semplicemente per aver parlato di politica…). Silenziosamente ma efficacemente, questa scienza umana aiuta a rimuovere pezzi dichiarandoli mal funzionanti, olia meccanismi politici occultando le memorie e i significati di ferite e di guerre vissuti dalle persone. Questioni che, invece, richiedono legittimità e riconoscimento (individuale, ma politico: indiscernibili). Questa stessa psichiatria sposta il tutto nel grande mondo, astratto, della malattia per come da lei definita. Malato a Beirut o a Canicattì, sei malato nello stesso modo. “Se sei depresso a Damasco o a Tel Aviv, per favore non venirmi a dire che la politica c’entra qualcosa”, ci dirà il professionista della salute. Così essa si pone a strumento essenziale di una raccolta differenziata globale organizzata, quasi allo stesso modo, per tutti: che sia il Partito, la Siria, la Francia, la Svezia o il “nemico sionista”. In fondo, sembra che le loro idee di società non divergano poi di molto. Nel nostro mondo appare scontato che l’essere umano abbia solo una dimensione, quella della Realtà. Solo Dio può essere uno e trino, a meno che non soffra di un grave sdoppiamento di personalità.

Che strano che i “folli-attraversatori-di-frontiere” godano di questa “immunità”, quando chiunque altro sarebbe per lo meno messo in galera se non peggio. Che la psichiatria sia forse la chiave per la pace in Medio Oriente?

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