Ripensare il futuro

Comprensione del presente e forme di resistenza attraverso la ricerca

Il corpo femminile occupa la poesia nella sua spazialità, è il codice segreto che disegna tracce serpentine, supera i limiti del tempo e delle ere geologiche, segna nei suoi ritmi ciclici il ritorno di un giorno a venire.

Lidia Curti, Femminismi futuri. Teorie Poetiche Fabulazioni

ricerca e resistenza

Femminismi futuri è una raccolta di saggi pubblicata alla fine del 2019 da Iacobelli Editore. Il volume, a cura di Lidia Curti, Marina Vitale e Antonia Anna Ferrante, coinvolge la ricerca di dodici studiose impegnate ognuna in una fervida ricognizione entro un preciso ambito. Adottando tecniche filosofiche, narrative, poetiche, saggistiche, critiche differenti le autrici di Femminismi futuri agiscono nell’ottica di un contributo tangibile alla comprensione della complessità del presente.

Le ricerche condotte dai saggi inclusi nel testo hanno inteso la necessità di colmare con una ragguardevole ricchezza di contenuti ulteriori e originali, il baratro tra l’indicibilità di un presente connotato dalla paura della catastrofe e le possibilità che questo stesso presente custodisce in termini non utopici.

Il testo nasce dal lavoro di un gruppo di lettura e di ricerca nell’ambito del Centro di studi postcoloniali e di genere dell’Università Orientale di Napoli che ha affrontato testi teorici e critici del femminismo recente, dal cyber- e xeno-femminismo alla nuova ecologia di Donna Haraway. L’indagine parte dalle svolte antropologiche e biologiche degli ultimi decenni. L’analisi dei testi riguarda romanzi fantastici e di fantascienza speculativa femminile: Joanna Russ e Angela Carter, Ursula Le Guin, Octavia Butler e Nnedi Okorafor, fino all’arte afrofemminista. Un primo passo di questo studio era stato documentato in un tema di Leggendaria. Libri, letture e linguaggi intitolato “Pensare il futuro”, n. 124, uscito a luglio 2017.

Una delle premesse metodologiche di Femminismi futuri sembra riguardare un procedimento illustrato da Donna Haraway in Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto. Sia detto per inciso a questo proposito che la stessa casa editrice che ha pubblicato Chthulucene ha pubblicato anche nel gennaio 2018 Le visionarie. Fantascienza, fantasy e femminismo, un’antologia, a cura di Ann & Jeff VanderMeer con la traduzione di Claudia Durastanti (anche una delle traduttrici di Donna Haraway) e Veronica Raimo. Tra le autrici comprese in questa antologia figurano le stesse Joanna Russ, Angela Carter, Ursula Le Guin, Octavia Butler e Nnedi Okorafor.

Tornando a Haraway, la filosofa americana per mezzo dell’acronimo FS che sta per fantascienza, fabula speculativa, femminismo speculativo e fatto scientifico inserisce in uno stesso discorso diversi stili e metodi, così come i saggi contenuti in Femminismi futuri sono organizzati sulla base di un allargamento che riguarda l’illustrazione e la prassi di generi diversi di scrittura.

Femminismi futuri e Chthulucene sono stati pubblicati in Italia pochi mesi prima che il virus divampasse, con un tempismo dovuto a anni di ricerche che hanno saputo analizzare in modo efficace la plausibilità del profilarsi dell’attuale scenario. Offrendo in questo senso una rosa di argomentazioni che sembrano legate in modo anche indipendente tra loro, all’ipotetico allargamento e alla forzatura del quesito posto da Evelyn Fox Keller:

quanta parte di quello che viviamo come unicamente reale è vincolata all’idea della mascolinità e che cosa significherebbe vivere di una realtà costituita da altro qualora così non fosse? 

Più che rispondere a un quesito così complesso è necessario ideare metodi che investano il fatto scientifico anche dal punto di vista storico con strumenti poetici, narrativi, filosofici, artistici. Su questo presupposto l’acronimo Fs ha potuto esprimere a pieno, attraverso i saggi contenuti in Femminismi futuri, il potenziale conoscitivo indicato da Haraway. Cioè un’ulteriore ricerca finalmente liberata dagli stereotipi che hanno riguardato la scienza come latrice di un unico risultato in merito alle infinite operazioni possibili al pensiero umano.

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Il concetto che più si presta a definire questo metodo è quello di “simpoiesi” ugualmente elaborato da Haraway in Chthulucene:

Simpoiesi è la parola più adatta per indicare i sistemi storici complessi, dinamici, reattivi, situati. È una parola che ci permette di mondeggiare in compagnia. La simpoiesi avvolge l’autopoiesi, la srotola e la estende in maniera generativa.

In Femminismi futuri la simpoiesi si definisce come un assunto unanime che è proprio del femminismo intersezionale. Ossia una sorta di incrocio di strade che trovano un loro orizzonte comune a partire da ciò che generano i corpi che le percorrono.

Ma cosa si propone il femminismo intersezionale che ha visto la poeta Audre Lorde tra i suoi principali esponenti? Una risposta chiara e ben scandita in termini di definizione ci arriva da Siamo marea. Come orientarsi nella rivoluzione femminista di Benedetta Pintus e Beatrice da Vela un altro libro prezioso per chi si avvicinasse ora a temi e modalità indispensabili per la comprensione del presente e delle forme di lotta e resistenza all’oppressione e alla disparità ad esso connesse:

[Il femminismo intersezionale ndr] si propone di riconoscere le differenze tra le donne e di valorizzarle affinché tutte siano rappresentate e affinché, potenzialmente, nessuna istanza che risponde ai principi di emancipazione, autonomia e autodeterminazione sia lasciata indietro.

Ma torniamo all’acronimo Fs e all’applicazione di questo in un’ottica in cui è soprattutto la ricerca una forma di lotta e resistenza politica. Femminismi futuri è diviso in tre parti i cui titoli richiamano in tutta evidenza l’acronimo ideato da Haraway: favole per pensare, tecnologia e immaginario, cyber fantasy.

Marina Vitale nel saggio di apertura di Femminismi futuri intitolato Racconti speculativi del futuro descrive un percorso di tipo genealogico relativamente alla fantascienza e alla fabula speculativa. Partendo dalle già nominate autrici che hanno scritto fantascienza in un modo particolarmente caro al pensiero di Haraway, Vitale circostanzia entro quei testi quello che ribadirà in termini politici nella recensione al libro di Giuliana Misserville, Donne e fantastico Narrativa oltre i generi in Leggendaria 141-142. Ossia che il rapporto tra verità e fabulazione prospera “come un sogno rivelatore, il senso profondo della realtà contemporanea”.  Questo legame con la fantasia e il sogno ha relegato per lungo tempo la fantascienza, doppiamente quella scritta da donne, nell’ambito dell’evasione, consentendo a un canone letterario “costrittivo e elitario” di ignorare ulteriormente i risultati innovativi e propositivi della declinazione al femminile del genere fantascientifico.

Canone, critica e curatela sono anche gli argomenti proposti da Alessandra Ferlito in Curatela e femminismo in Italia in cui l’autrice evidenzia quali possano essere gli sviluppi di una relazione tra critica e femminismo illustrando curatele nel campo dell’arte che hanno descritto in tali termini questa possibilità. Con ciò Ferlito, delineando alcune modalità tipiche della critica femminista, attribuisce e ascrive alla curatela tradizionale molti problemi che hanno contraddistinto nel tempo le sue analisi non soltanto limitatamente all’esclusione dei prodotti letterari, culturali e artistici femminili.

In termini di elaborazioni culturali politicamente connesse all’oppressione, Olga Solombrino in Riprodurre il futuro palestinese sui terreni della memoria descrive il caso di Vivien Sansour e del suo Palestine Heirloom Seed Library. Si tratta della conservazione della memoria attraverso un intento archivistico/narrativo che riguarda la raccolta e catalogazione di semi, in favore delle forme vegetali autoctone. Inoltre, Solombrino attraverso la descrizione dell’opera In the Future They Ate from the Finest Porcelain di Larissa Sansour indica un modo di intendere la reinvenzione artistico/cinematografica di alcune circostanze storiche relative al passato di una civiltà, come una falsificazione da approcciare anche costruttivamente. Ossia in quanto forma di resistenza e reinvenzione del passato in favore di un futuro del tutto reintegrato di possibilità altrimenti sfumate.

Focalizzando l’attenzione su una molteplicità di contenuti, anche da Il viaggio interstellare tra pensiero verde e afrofemminismo di Lidia Curti emerge il tema dell’oppressione in termini assolutamente pertinenti alle vicende recenti che si legano alle motivazioni della protesta globale sollevata dall’omicidio da parte della polizia di Minneapolis di George Floyd. Lidia Curti infatti a sua volta illustra con l’afrofuturismo femminista una prospettiva di grandissima attualità linguistica e tematica che ci soccorre nella lettura e definizione del tempo velocissimo della contemporaneità:

In sintesi si potrebbe dire che il passato rimosso, negato rifiutato – il mondo degli schiavi e delle schiave tutte – arriva dal futuro per riscrivere il senso del presente disturbando il mondo in cui viviamo.

È anche in questi termini che si deve intendere una riconsiderazione del significato profondo dello spazio-tempo. Ossia attraverso un’altra invenzione linguistica di Haraway quando conia la parola tempospettive (moltitudine di temporalità e spazialità diverse, reali e possibili). Di qui Tiziana Terranova In Fare e (dis)fare il tempo: eco-cronopolitiche femministe, ci introduce tra l’altro al pensiero della filosofa afrobrasiliana Denise Ferreira Da Silva. Mettendo a confronto alcuni aspetti della fisica quantistica legati allo spazio-tempo ad alcune elaborazioni del pensiero afrofemminista:

Il principio quantistico di non-località può infatti essere riattivato provvedendo i termini di una descrizione poetica dell’universo in cui le parti non sono spazialmente separate e in cui il movimento non può essere ridotto allo spostamento da una parte all’altra. Nell’universo non-locale, come nelle ontologie afrocentriche condannate come “arretrate” dalla modernità occidentale, tutte le particelle esistenti sono correlate, cioè «esistono l’una con l’altra, senza spazio-tempo». Per Da Silva, la fisica quantistica ci spinge a vedere ogni cosa in termini sia della sua esistenza attuale (in cui esiste lo spazio-tempo), sia della sua esistenza virtuale o nonlocale, in cui tutto si intreccia.

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Al passato, presente e futuro è consentito in questo modo di concernere simultaneamente tanto luoghi che tempi e linguaggi. A questo proposito Roberta Colavecchio in Critter, figurazioni, futuri. Tra mito, arte e (fanta)scienza suggerisce in apertura di un saggio ricchissimo, due termini che per la studiosa sono da intendersi descrittivamente nei limiti in cui entrambi incorrono, backcasting e forecasting:

backcasting: «un particolare metodo per costruire scenari, dove gli scenari sono scelti per riflettere “visioni” di sviluppo desiderabile e aggregazioni (pacchetti) di politiche sono costruite per rispondere in modo coerente a tali immagini del futuro». In contrapposizione al forecasting, che vede il futuro a partire dall’oggi, le tecniche di backcasting guardano al presente partendo da visioni di un futuro desiderabile, al fine di identificare delle rotture di tendenza che possano generare opzioni strategiche creative, includendo un maggior numero di considerazioni politiche.

È importante a questo punto porre ancora una volta l’accento sulla parola “disturbo” anche nei termini di interferenza linguistica con la quale uno stile di analisi e un testo narrativo possono essere consapevolmente condotti. Ne La scrittura vegetariana di Han Kang l’autrice Silvana Carotenuto analizza lo straordinario romanzo La vegetariana della scrittrice sudcoreana vincitrice del Man Booker International Prize nel 2016 (https://thebookerprizes.com/international/news/vegetarian-wins-man-booker-international-prize-2016). Se da una parte Carotenuto illustra il legame con le tematiche femministe, dall’altra non si esime dal riferire l’impatto politico che la storia narrata nel romanzo La vegetariana genera non soltanto in termini prettamente geografico/culturali, attraverso l’inserimento del corpo femminile all’orizzonte dell’estetica mascolina nella riproduzione artistica contemporanea. Carotenuto evidenzia inoltre nel romanzo di Han Kang l’inserimento del corpo della donna all’interno di un ecosistema disturbato dalla prospettiva eccentrica dell’eccezionalismo umano. Qui la critica letteraria e il romanzo vivono un vero e proprio sodalizio che attraverso la scrittura femminile genera visioni che inseriscono l’umano e il non umano in una prospettiva in cui ogni prevalenza e sopraffazione si staglia nella sua insensatezza.   

A proposito di limiti posti dall’eccezionalismo umano, in Sesto senso transfemminista. Telepatia in un mondo nei guai Antonia Anna Ferrante analizza la celebre serie tv Netflix Sense8 e include nel discorso critico un’ampiezza prospettica anche relativa al significato ambivalente che i contenuti e la diffusione di Netflix sono andati assumendo negli ultimi anni. Così facendo la studiosa pone al centro del discorso iniziale le identità dei protagonisti di Sense8 nel loro essere diversi da quanto è comune nell’umano, inquadrandoli come soggettività queer. Ferrante tra l’altro evoca una visione di certi aspetti di Sense8 (la quale per l’utente di Netflix diventa realmente immaginabile) come di una performance che redige una mappa in cui i modelli relazionali trovano delle vie di espressione più fluide perciò schiudono un approccio metamorfico a quelle forme del sociale che appaiono invincibilmente fisse.   

Ancora una volta la fervida componente di disturbo relativa al differire è al centro della questione dell’umano non umano nel saggio di Stamatia Portanova in Imparare a riprogrammarsi: la storia di Lil Miquela e dei suoi femminismi. Il saggio racconta, avvalendosi anche di inserti narrativi stilisticamente di per sé interessanti, il personaggio della modella influencer Lil Miquela evocando una visione per nulla scontata di questo avatar inventato a tavolino nel dettaglio dal punto di vista tecnologico, artistico, economico, mediatico e politico. Portanova infatti chiude il suo fascinoso discorso con una suggestione spiazzante su ciò che di ulteriore si può intendere come artificiale rispetto all’umano:

Artificiale quindi non vuol dire semplicemente non umano o opposto alla natura: l’artificialità non implica una violazione delle leggi della natura, ma una propensione ad adattarsi a propositi sempre nuovi. Pur riconoscendo che la tecnologia non è di per sé intrinsecamente progressista ma imbevuta di cultura (per cui una previsione lineare dei suoi sviluppi risulta impossibile), posso dire che il mio femminismo è un’arma computazionale per riprogrammare e hackerare l’umano.

Lo sconfinamento dall’umano ha il suo compimento in Femminismi futuri con l’ultimo scritto Ragazze anfibie che vede la coautorialità di Luciana Parisi, Suzanne Livingston, Anna Greenspan. Si tratta di una fabula speculativa di impronta cyber femminista le cui protagoniste sono figure di diverse mitologie e religioni. Entrano così nel gioco narrativo Antigone, Kundalini, Kalì, Lilith. Le autrici sembrano aver accettato la sfida di un modo di approcciare la favola per come la intende Haraway ne I bambini del compost quando descrive la storia delle cinque generazioni di Camille: “sono un invito a partecipare a un tipo di narrativa di genere che vuole rafforzare nuovi modi di proporre futuri prossimi, futuri possibili, e presenti poco plausibili ma reali”.

Già all’atto della verbalizzazione della ricerca riportata in ciascun saggio Femminismi futuri dimostra la fattibilità di itinerari collaterali che partendo da un futuro decisamente imminente ne assumono ogni possibile complessità. Con lo scopo di far intendere quanto più chiaramente possibile la necessità di disturbare una realtà linguisticamente congelata. Ciò grazie all’attraversamento di una fantascienza declinata diversamente, di una fabula speculativa altrimenti individuata, di un femminismo speculativo condiviso, dell’arte intesa come un paradigma perlopiù liberato e di una circostanza legata al fatto scientifico che non arretri entro gli annosi pregiudizi che hanno contribuito a creare un modo univoco di intendere l’umano, il non umano e la storia. Pregiudizi ai quali, è possibile, come dimostra Femminismi futuri, accostare approcci capillarmente (ri)pensati.

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