Resistenze ai disastri sanitari, ambientali ed economici nel Mediterraneo

Pubblichiamo la recensione di Pietro Saitta al volume Resistenze ai disastri sanitari, ambientali ed economici nel Mediterraneo, appena uscito per DeriveApprodi (Roma, 2018)

Da alcuni anni Salvatore Palidda, sociologo e criminologo critico dell’Università di Genova, appare incessantemente impegnato in un progetto, insieme politico e scientifico, di riscrittura dell’agenda sulla sicurezza. Se l’apice di questo sforzo sembrava fosse rappresentato dal volume collettaneo Governance of Security and Ignored Insecurity in Contemporary Europe (Routledge, 2016), Palidda continua invece il proprio lavoro di riflessione e coordinamento pubblicando questo lavoro a più firme, Resistenze, che amplia e migliora il ragionamento.

In generale il nodo fondamentale della ricerca di Palidda e degli studiosi internazionali che ha coinvolto nell’arco degli anni è incentrato sul problema delle “sicurezze ignorate” e su quello del governo attraverso la paura come “distrazione di massa”. Il punto proposto, comune peraltro ai due volumi, è in realtà assai semplice: l’apice dei processi di criminalizzazione e “messa in sicurezza” della società europea dalle minacce di origine criminale coincide con la fase di maggiore decrescita dei reati. Dal punto di vista del rischio criminale, pertanto, non vi è alcuna ragione economica o di amministrazione della giustizia che renda razionale l’investimento materiale e simbolico sul crimine condotto dai governi europei per lo meno a partire dagli anni novanta. Se le società europee, e non solo queste, sono caratterizzate da un problema di vittimizzazione, di eccesso di morti e di destabilizzazione, le ragioni non vanno individuate nel crimine, nelle migrazioni o in una combinazione dei due temi, ma nella questione ambientale e nel lavoro. Inquinamento, erosione dei territori, esternalizzazioni dei costi di produzione sullo spazio di vita della cittadinanza, evasione delle misure di sicurezza e creazione di aree di sacrificio su base nazionale e transnazionale costituiscono ragioni ben più temibili di morte e vittimizzazione per le società europee. A partire da questa osservazione, il lavoro di Palidda e degli autori che lo accompagnano consiste, come si diceva, nel fornire basi teoriche ed empiriche per realizzare un cambio di paradigma nell’agenda sulla sicurezza, mostrando come il quotidiano sia caratterizzato da minacce il cui peso effettivo stenta a essere riconosciuto e la cui valenza destabilizzante sia stata neutralizzata sul piano simbolico. Reinvestire eventi e fatti di una adeguata portata simbolica è, dunque, il tentativo perseguito dal curatore e dagli altri autori.

Venendo così a Resistenze, è possibile notare che, rispetto al testo che lo ha preceduto, il campo indagato è molto più uniforme. Governance of Security, infatti, appariva tanto ricco di temi quanto disordinato. In esso confluivano casi e ricerche che spaziavano tra ambiti talvolta difficilmente immediatamente connettibili: dalla sicurezza post-moderna ai rom, dai processi di selezione giudiziaria alla questione petrolchimica italiana. Se tutto in qualche modo si teneva, non si poteva però sfuggire alla sensazione di trovarsi dinanzi a una miscellanea di temi suscettibile di generare confusione in un lettore non avvezzo alle interconnessioni. Nel caso del volume che abbiamo ora tra le mani quella percezione svanisce. È venuta infatti meno l’ambizione di riassumere tutte le nuove questioni sociali e il centro dell’analisi appare, con poche eccezioni, costituito dalla questione ambientale così come si pone in Italia, Spagna, Francia, Tunisia e Turchia. All’Italia, tuttavia, appare destinato molto dello spazio: almeno nove dei diciassette capitoli sono dedicati a vicende e modi nazionali di declinare il disastro ambientale, dalla frana del Vajont alla Terra dei Fuochi, dalla questione sanitaria posta dagli impianti del MUOS e dal poligono di Quirra (in Sardegna) sino alla petrolchimica in Sicilia, passando per la questione amianto.

Da un punto di vista teorico, è interessante come la criminologia incontri i temi della nuova ecologia critica: Capitalocene e Antropocene, in primis. E se a volere essere pignoli si potrebbe notare come il volume non problematizzi a sufficienza termini come “Mediterraneo”, “resistenza” o “antropocene”, riferendosi agli usi comuni o rinviando alla letteratura, è pur vero che la sensazione che si ha addentrandosi nei casi è che si può tranquillamente soprassedere su queste carenze e apprezzare comunque la ferrea logica che è sottesa al progetto generale. Malgrado le potenziali obiezioni “scolastiche”, dovremmo infatti osservare che se la proposta di Palidda non è sempre genealogica nei termini cari a una scienza sociale interessata all’origine delle parole, ciò nondimeno essa appare nel complesso originale e immaginifica, e meriterebbe una più ampia attenzione pubblica in ragione della materialità e pregnanza dei temi trattati. A tale proposito, con grande merito dell’opera, solo raramente i capitoli contenuti nel volume appaiono gergali o esoterici. Un carattere accentuato dalle “premesse” di Palidda, che accompagnano molti dei capitoli e che tentano – con quel linguaggio appassionato e diretto che contraddistingue il curatore nei suoi momenti meno “accademici” – di rendere esplicite le connessioni tra temi, oppure di ricostruire lo sfondo storico e politico su cui le vicende narrate si collocano (la ristrutturazione del capitalismo italiano in certe fasi, la preminenza dello sviluppismo come ideologia sociale etc.).

Resistenze appare così tanto come un libro politico, che tenta esplicitamente di affermare una “contro-agenda”, quanto come un testo rigoroso, che affronta una pluralità di vicende ambientali e sociali, facendo però attenzione a bilanciare localismo e universalismo. I casi trattati, infatti, per quanto specifici e accuratamente ripercorsi, sono in realtà sempre un pretesto utile a mostrare la possibilità di generalizzare le vicende narrate. Le radiazioni del MUOS o le contraddizioni della petrolchimica siracusana, per citare solo due delle storie trattate, vengono insomma impiegate più come epifenomeni che come casi straordinari, grazie anche all’impiego di bibliografie generalmente ampie e all’indubbia profondità dello sguardo dei ricercatori che contribuiscono al volume.

In tal modo, se il testo contribuisce soprattutto alla ricca letteratura sui disastri che sta gradualmente emergendo in Italia, esso appare interessante per lo sguardo fornito sui processi di opposizione ai processi di saccheggio dei territori tentati dal basso. Per quanto generalmente sottodimensionato rispetto ad altre dimensioni analitiche e descrittive presenti nel volume, i riferimenti agli aspetti della mobilitazione e dell’opposizione rendono il testo interessante anche per coloro che riflettono sugli aspetti politici connessi all’ambientalismo: esso, cioè, risulterà utile anche a chi si occupa di movimenti politici, oppure di tattiche di neutralizzazione delle “resistenze”, così come avviene per esempio all’interno dei tribunali.

In conclusione, Resistenze è un volume altamente consigliato, che riesce nell’impresa affatto facile di parlare ad accademici, militanti e a chiunque intenda avvicinarsi al complicato tema della “sicurezza” nella società contemporanea.

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