#costruirestorie: Scritture collettive

Pubblichiamo di seguito l’introduzione alla sezione dedicata alle scritture collettive curata da Silvia Costantino e Vincenzo Idone Cassone, contenuta nell’ebook #costruirestorie ideato, curato e prodotto dalla redazione del blog 404: file not found.

Spesso si tende a considerare il libro un medium individuale, la cui fruizione e creazione sono il risultato di un’operazione compiuta da singoli e per singoli. Questo può essere considerato vero in un’accezione ‘romantica’ dello scrittore e del lettore. Eppure già il rapporto stesso tra i due soggetti suggella un patto, affratella, unisce.

Riguardo ai ruoli singoli: se per quanto riguarda l’autore – fermo restando che ancora si parla solo di narrativa (o poesia) e non di scrittura saggistica – i discorsi sul mandato dello scrittore e dell’intellettuale hanno sempre tenuto il punto, il lettore mantiene uno status ambiguo. Eppure, già nel diacronico rapporto uno a uno tra i due, si individuano i semi di una comunità, che potenzialmente si amplia di continuo: il rapporto uno a molti dello scrittore con i lettori, o dei lettori di uno stesso libro, o degli scrittori di un certo genere. Quello che sembra un atto decisamente solipsistico si rivela insomma uno dei più potenti aggregatori sociali, da sempre.

Con l’evoluzione dei mezzi di comunicazione, soprattutto internet, le potenzialità di mettere a dialogo pensieri, scritture, letture, sono infinitamente aumentate: è adesso possibile ampliare il discorso e la riflessione su di esso, in un moto che è costantemente centrifugo – quanto si dice dei rischi di dispersione della rete – e centripeto – perché ogni discussione viene costantemente riportata al punto.

I livelli di discussione sono numerosissimi, ovviamente: si va da una fruizione ‘di servizio’ del mezzo, che solo accidentalmente può scatenare discussioni (Anobii) a tentativi di ragionamento più complessi – dai lit blog alla messa online delle riviste cartacee, proprio al fine di favorire il dibattito. Per quanto riguarda la teoria della narrazione, dunque, le forme sono vaste e già quasi canonizzate.

È dunque forse più interessante vedere quanto sia stata vivace la produzione di scrittura online. Le nuove forme di scrittura collettiva, rese famose dai Wu Ming (Q per la narrativa, New Italian Epic per la saggistica), si sono presto espanse alla rete; da allora sono nate numerose ed originali esperienze, delle quali è particolarmente incisivo il progetto SIC (Scrittura Industriale Collettiva).

A pratiche creative in senso tradizionale, inoltre, si sono affiancate presto esperienze di inchiesta e giornalismo, spesso ibridate. Il più significativo e innovativo strumento di analisi, sorto negli ultimi mesi su Twitter, è lo #storify, attraverso il quale è possibile ricostruire la genealogia di una notizia, di un fenomeno o di un evento. Aggregando notizie provenienti in ogni istante dal web, lo #storify si configura come un vero e proprio mezzo narrativo, con il quale si fa, letteralmente, una storia. Se l’intento non è creativo, cioè di invenzione o finzione, lo sguardo rimane tale, dal momento che, a partire da dati “neutri”, costruisce una storia, cioè racconta. L’autore, o meglio gli autori, possono modificare in qualsiasi momento la narrazione, intervenendo a ri-selezionare il materiale usato, e contribuendo così a deviarla.

La potenza di questa pratica si rivela giorno per giorno e produce continuamente nuove storie, nuove narrazioni. L’importanza di Twitter nei movimenti politici sorti negli ultimi anni ha mostrato la centralità e la potenza del mezzo. Gli usi che si possono fare dei social network, come di qualsiasi medium, sono molteplici e imprevedibili e necessitano di un’analisi che è ancora lacunosa, al di fuori degli utenti più consapevoli.

Per comprendere meglio i cambiamenti che la scrittura sta attraversando è quindi utile osservare le evoluzioni avvenute nello strumentario tecnologico-digitale, e in particolare la nascita del Web 2.0; tali sviluppi agiscono nei processi narrativi lungo due direttive: l’aumento esponenziale degli utenti della rete, la conseguente creazione di “piazze virtuali” e piattaforme di comunicazione (dalle meno recenti chat e servizi di messaging ai social network) si legano alla crescente produzione e diffusione di contenuti individuali, non più vincolata a linguaggi di programmazione ma a semplici interfacce wysiwyg, favorendo tutta una serie di pratiche orizzontali di discussione, condivisione di informazioni e materiale digitale.

In questo modo, attraverso il nuovo spazio dato al discorso individuale, si allarga il bacino del discorso sociale, di cui mutano le meccaniche e più di tutto si alterano i rapporti tradizionali tra la parola propria e le parole altrui, e rinnovate volontà di dialogo e confronto si intrecciano al bisogno secolare di storie e narrazioni; in secondo luogo, proprio quest’evoluzione tecnologica fornisce gli strumenti per organizzare, convogliare, indirizzare le nuove istanze di pluralizzazione; che si tratti di superare le barriere fisico-geografiche, o di mettere a disposizione programmi open-source, user-generated content o licenze GNU-GPL, il web è così strumento al servizio del cambiamento, oltre che luogo di sviluppo di istanze del discorso collettivo.

I risvolti sociali di queste pratiche e linguaggi sono già evidenti: la messa in forma (narrativa) della realtà passa per un continuo processo di condivisione e produzione collettiva e diviene lo strumento privilegiato da parte di associazioni, gruppi, movimenti per costruire la propria immagine all’interno del sistema mediatico, talvolta contro parte di esso.

Lo scontro mediatico tra diverse pratiche di rappresentazione causa un continuo processo di ridefinizione non solo delle modalità di costruzione e diffusione delle Narrazioni, ma delle nostre abitudini di ricezione, comprensione, immaginazione dell’orizzonte sociale contemporaneo; un processo che non riguarda, come spesso viene detto, un “popolo del web” aleatorio e virtuale, ma l’azione di gruppi e individui concreti tramite mezzi sia digitali che non; le forme con cui molti di noi hanno conosciuto la primavera araba o le manifestazioni di Occupy stanno cambiando il modo in cui verranno trasmessi i reportage del telegiornale, saranno condotti i dibattiti politici o fatte nascere iniziative civili; ma bisogna sempre ricordarsi che la fonte del cambiamento trova luogo in determinate pratiche (legate spesso alla nozione di beni comuni o commons) diffuse attraverso la rete e non dall’esistenza stessa della Rete: internet è questo mondo e non un altro; e in questa contemporaneità, ancora una volta, torna a stringersi il cerchio tra bisogno di narrazioni collettive, nuovi mezzi di produzione culturale e rivendicazioni politiche e sociali.

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