Quello che rimane: gli Atti del volume e la presentazione

Il giorno 29 febbraio alle 19.00, nel Chiostro di San Galgano, avrà luogo presentazione del volume Gli atti di Incontrotesto, seguito da Apericena con Letture e Musica. La mia bella copia in questo momento è proprio qui accanto. Ora, chi mi conosce sa che non sono famoso per essere particolarmente appassionato all’oggetto-libro: eppure, in questi giorni tengo e sfoglio il volume degli Atti con un piacere particolare, un affetto di quelli che di solito non si concedono a molti libri, a meno di non essere, e il sottoscritto di certo non lo è, un bibliofilo appassionato.

Vincenzo Idone Cassone

Questo volumetto mi trasmette un particolare buonumore; la sensazione è come quella di tornare a casa e vedere i lavori dell’abitazione accanto finalmente terminati: mi sembra di avere in mano qualcosa che ho visto crescere e di cui vedo ora il risultato finale (ma non l’ultimo).

Gli Atti di cui ora vi parlo sono, insomma, uno di quei frutti tanto attesi di un lavoro continuo ed estenuante, che richiede una dedizione completa verso lo studio, anche nei suoi aspetti più frustranti e scomodi: correggere bozze e sistemare le note non è certo un lavoro piacevole (ma è importantissimo, e deve esser fatto).

Per questo motivo, penso che dichiarazioni come quella che segue assumano un significato tutt’altro che scontato: “Ci rendiamo conto che la scelta di pubblicare gli atti in volume possa sembrare anacronistica, in un periodo […] in cui certamente la scrittura su web è più facile, più diffusa e forse più fruibile. Ma crediamo ancora che in qualche modo il cartaceo mantenga un valore scientifico particolare e renda possibile una selezione dei contenuti di valore che si conservi sulla lunga durata”.

Anche da fanatico del web, pure mi ritrovo a condividere questa scelta certo “difficile”: perché credo che la questione profonda di quest’ultima sia, a questo punto, un problema di Persistenza ed Estinzione, dal titolo dell’intervento conclusivo di Giacomo Magrini; [1] mettere in gioco, in un progetto, un insieme di valori e capire, soprattutto, come farli continuare ad essere senza rischiare il frammentamento o l’autodistruzione. E difatti, sempre nell’introduzione: “Abbiamo chiesto ad Antonella Anedda, Franco Buffoni, Nanni Balestrini e Walter Siti di leggere e commentare alcuni loro brani e rispondere alle nostre domande, per approfondire insieme i nodi centrali della loro produzione. Abbiamo dedicato sei giornate ad autori solo marginalmente presenti nei corsi universitari, Vittorio Sereni, Andrea Zanzotto, Giovanni Giudici, Edoardo Sanguineti e Elsa Morante, e a un nome conosciuto e quasi logorato da una vulgata scolastica talvolta riduttiva o da una ricezione cristallizzata, come è stato per Primo Levi.”

Affiancare il dialogo con autori contemporanei all’attenzione verso personaggi a margine dell’insegnamento universitario, e con un autore quasi fossilizzato dalla sua lettura piattamente “moraleggiante” è per me una scelta di metodo che può sintetizzarsi in una espressione: la scelta di tornare a coltivare il campo letterario.

Questa scelta, che richiede “attenzione e approfondimento continui” [2] si rispecchia, come credo di aver già detto, nell’intreccio delle pratiche e degli strumenti dello studio umanistico, e nella necessità di continuare a ri-leggere le opere, ad attraversare il testo in controluce: risultato che, amalgamato nella forma-libro, rende gli Atti particolarmente coesi pure nella pluralità di abitudini, di pratiche di approccio e di esercizio al testo letterario. Dalla singola lettura variantistica di un testo (Itinerari di Spina, Rodolfo Zucco) alla sintesi e summa del percorso di un autore appena perso (La religio di Zanzotto tra scienza e poesia, Stefano Dal Bianco), dal confronto con l’apice di (“Giudiziosamente delirando”: sulla retorica della follia in Laborintus di Alberto Godioli) alle pieghe in ombra della produzione (Le operette morali di Primo Levi: trattamento di quiescenza, Verso occidente e Una stella tranquilla, Anna Baldini), le relazioni mantengono, per lo studioso, una coesione importante e tutt’altro che affidata al caso; invece, figlia di un processo strutturato e organizzato per riappropriarsi dell’interdialogicità, come si può vedere dai fitti rimandi e intrecci che si costituiscono nelle interviste agli autori contemporanei, su questioni attuali come lo stato dell’editoria italiana e i nuovi spazi dialogici attraverso il mezzo internet.

Questi Atti sono quindi un tentativo spinto all’interno degli studi letterari, consci che il nostro campo di studio ha bisogno di un complesso lavoro di riappropriazione e messa a punto, pure nella continuità di spirito e di intenti che riteniamo lo animi: per farlo occorre vederlo come un terreno non più divisibile in produttori e consumatori, a cui non ci è permesso contribuire; e che può prosperare solo se accetta di uscire dalla pratica “di sussistenza” a cui l’Istituzione universitaria è stata condotta negli ultimi anni, e che ha finito coll’accettare. D’altro canto, tornare a occuparsene presuppone uno sforzo lontano da quel “meccanismo della straordinarietà” del sistema culturale odierno, per cui ogni cosa è costretta a presentarsi (ed essere) irripetibile, perché possa entrare in un ciclo rapido di smerciamento, vendita e obsolescenza programmatica, così da essere sostituita da un Nuovo Straordinario, senza poter attecchire.

Per questo motivo tutto quello che rimane, la Semina, può e deve essere riutilizzata come semente: diffuso, messo a sistema e continuato il più possibile, criticato dall’interno e messo a confronto, purché diventi processo stabile e ininterrotto, lascito e responsabilità per chi viene appena dopo (ma sempre insieme) a noi.

Detto questo, potete scaricare dal Sito dell’editore Pacini gli atti in formato Epub.

Qui, invece, potete trovare i video degli incontri con gli autori e gli altri articoli.

Note

[1] A sua volta, richiamo ad un verso di Piccolo testamento di Eugenio Montale

[2] Abusata citazione del finale delle Città invisibili di Calvino (altro autore a mio avviso logorato da una vulgata critica che si limita a riformulare i giudizi dell’autore sui suoi libri)

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