Un terrain vague piuttosto affollato: il parco della “Torraccia” di Centocelle

Il “Parco della Torraccia” è un terrain vague compreso fra la via Palmiro Togliatti e la via Casilina.

Si caratterizza per la presenza del rudere di una torre medievale abbandonata, alta e ben visibile dalla strada (anche se non è molto notata), che è posta al centro di una breve collinetta e circondata dalla vegetazione incolta e dai caratteristici pini mediterranei.


Abstract

We introduce the “Parco della Torraccia”, a terrain vague located between via Palmiro Togliatti and via Casilina (Rome). Its main feature is the ruin of an abandoned stone tower from the Middle Ages, quite high and visible from the street (even if it does not attract people’s attention). The tower is placed in the center of a small hill, surrounded by untilled vegetation and by the featuring “umbrella-pines”.


Il caso che proponiamo sembra per certi versi un controesempio, simmetrico e opposto, dell’archeologia industriale dell’ex Snia con il parco e il lago annessi, già discusso. Si tratta, infatti, di una tipica zona urbana “grigia”, abbandonata, nel senso di non fruita, e valorizzata dalle istituzioni locali ufficiali, vera e propria area residuale, esempio di spazio negativo che rappresenta un “buco” nelle abituali pratiche dell’attraversamento urbano. D’altra parte, la permanenza nel parco abbandonato di un notevole reperto storico come la torre (in posizione centrale e dominante a causa del dislivello) ripropone fortemente all’interno di questo spazio, come sostiene il semiologo russo Jurji M. Lotman, «quelle stesse opposizioni che lo fondano» tra centro e periferia (Giannitrapani 2013, p. 79).

Infatti la torre – che nell’odierna periferia romana orientale potrebbe incarnare la metafora di una centralità soprattutto storico-culturale – anticamente rappresentò un’articolazione amministrativa di Roma come città-stato pontificia. Ricordiamo che la costruzione originaria, del XII sec., fu nota con il nome di Torre di S. Giovanni in quanto proprietà della basilica di S. Giovanni in Laterano. Passata alla famiglia Capranica nel XVI sec., acquistò il nome di “Centocelle” (Vannozzi 2004). Anticamente la posizione della torre permetteva di controllare buona parte della campagna compresa tra la Via Prenestina e la Via Tuscolana e quindi di vigilare sui più importanti flussi in entrata e in uscita nella zona Est. In questo senso servì pure, nei secoli, da posto di guardia.

La torre era sorta quindi fin dall’inizio come traccia visibile di quella delega periferica dell’autorità centrale che si traduceva nel potere di controllo sui limiti esterni della città. Caduto lo Stato pontificio, con lo sviluppo urbano a partire dai primi del Novecento e fino al 1957, l’area era compresa nella vasta tenuta di Centocelle incluse anche l’Aereoporto  Francesco Baracca, realizzato sui ruderi della villa imperiale chiamata appunto Centum Cellae (letteralmente “delle cento stanze”). Da qui deriva tra l’altro il nome del primo nucleo dell’attuale quartiere di Centocelle sorto al posto della Tenuta di Tor De’ Schiavi fra la Casilina e la Prenestina (ivi). La costruzione ha «pianta quadrata, è alta 25 metri ed è costruita con scaglie di selce, frammenti di marmo e tufo. Nella muratura si aprono finestre rettangolari con cornici marmoree e numerosi ordini di fori per le travature lignee» (si veda il sito dedicato alla storia di Centocelle). Anticamente era circondata da un muro di difesa, oggi pressoché scomparso, ma visibile ancora nelle mappe catastali seicentesche di Alessandro VII (ivi).

Oggi la Torre di Centocelle è sovente «creduta ed identificata da molta gente come «la Torrespaccata» poichè ricade nel quartiere omonimo. In realtà questa diffusa ed errata attribuzione […] deriva dai continui stravolgimenti storico-toponomastici» (Vannozzi 2004). Infatti la sistemazione di via Togliatti rientrava nell’idea del decentramento amministrativo del territorio urbano, che diede luogo tra gli anni Sessanta e i Settanta alla progettazione degli “assi attrezzati”, sorta di grandi arterie tangenziali di collegamento tra punti periferici dove avrebbero duvuto svilupparsi servizi, amministrazione e commercio. L’idea di questo piano urbanistico romano, chiamato “Sdo” (Sistema direzionale orientale), venne successivamente abbandonata, dando luogo negli anni Ottanta allo sviluppo incontrollato dei quartieri limitrofi come Cinecittà est.

Così come l’analoga Torrespaccata poco distante, la Torraccia «è oggi un rudere anonimo che si può vedere fra i palazzi di Cinecittà Est percorrendo Via Giovanni Battista Peltechian (traversa di Via Francesco Gentile)» (ibidem). A dispetto del significato storico-culturale di una figura come la torre, generalmente di grande importanza in un paese di tradizioni localistiche come l’Italia, oggi questo avanzo del passato sembra consegnato all’insignificanza.

Ma lo strano destino di anomia che sembra circondare la Torraccia ed il suo parco fa un continuo con le pratiche sociali che vi si svolgono. Se ci si vuole riferire alle modalità di fruizione dello spazio, da un sopralluogo si notano evidenti le tracce della prostituzione (nel maggio 2016 si intravedeva pure, su un muretto di fondo, un buoduoir all’aperto attrezzato con specchietto e deodoranti) e del bivacco di improvvisati avventori. L’alta grata che circonda la torre entro una fascia di due metri, mangiata dalla ruggine, sembra poi impraticata e impraticabile a causa dei fitti rovi.

La negazione sociale di tutta l’area, tra il monotono scorrimento di un traffico importante e la scarsa agibilità pedonale ai margini del parco (soprattutto lungo la via Togliatti), fa anche pensare all’opposizione tra due stati speculari caratteristici delle società urbane e moderne di cui parla Susan Sontag: l’ininterrotta banalità e l’inconcepibile atrocità. Tradotta nel caso di specie, soprattutto la polarità dell’atroce sembra caricarsi di quell’assiologia – tutta negativa – che rigetta con violenza (quella violenza senza nome del quotidiano) le stratificazioni storiche, le memorie culturali e in definitiva la profondità identitaria delle comunità.

A questo proposito, riprendendo le considerazioni fatte in apertura, vorremmo focalizzarci sul tratto della verticalità della torre, introdotto e rafforzato dalla spinta ascensionale della collinetta su cui si imposta il parco con i pini. Infatti, se si considera l’estensione orizzontale del reperto industriale (i capannoni abbandonati della vecchia Snia), questa sorta di pozzo verso il cielo che è la Torraccia rimanda a un universo di significati che non può non instaurarsi in polemica con l’insieme delle marche dello sviluppo industriale “classico”. A ben guardare c’è perfino un termine di confronto più prossimo: la vecchia (ma invisibile da quella posizione) pista dell’aeroporto di Centocelle, emblema dell’estensione orizzontale da dove prende quota il mito della modernità.

Tuttavia, se le aree industriali dismesse sembrano ancora in grado di dirci qualcosa, con le varie possibilità di trasformazione sociale cui presumono, per esempi come questo le cose appaiono molto più complicate. Qualunque siano le connotazioni che si sono stratificate nei secoli sulla torre, oggi non sembrano più in grado di funzionare o di richiamare l’attenzione se non di qualche studioso o appassionato. Come elemento di un sistema non solo storico multiforme e sensibilissimo quale è la monumentalità di Roma, la Torraccia potrebbe forse essere di nuovo intesa in quanto parte di quel dispositivo ottico che accoglieva a suo tempo le istanze del controllo sui confini della città, e forse oggi potrebbe interessare qualche forma di valorizzazione di un turismo consapevole. È chiaro che tutte le condizioni al contorno sono mutate, a parte quel frammento di panorama che sono i pini. Ma potrebbe essere proprio questa la novità che rende più interessante la sfida.

[Hanno collaborato gli studenti: Antonio Graziano, Domenico Paone e Debora Sperati. Insieme abbiamo effettuato i sopralluoghi e impostato le linee della ricerca].

Bibliografia

Alice Giannitrapani, Introduzione alla semiotica dello spazio. Carocci, Roma 2013

Stefano Vannozzi, La Torre di Centocelle – Artisti, feste ed escursioni fuori porta all’ombra della vecchia torre, in «Gabinus rivista culturale», Anno 2, n. 2, 2004

 

 

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