Ma gli italiani sognano gattini?
Il cacciatore di like, l’eterna campagna elettorale, l’immortalità digitale: un racconto a puntate – forse una sceneggiatura in progress per una serie tv – di fanta (ma non troppo) politica sull’Italia di oggi firmato da Tommaso Matano.
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Agosto.
Matteo Salvini prosegue la sua campagna elettorale. Sta visitando una famiglia di agricoltori calabresi, dal cui idioma è segretamente affascinato. I suoi ospiti gli offrono un piatto di spaghetti al sugo che il Ministro accetta di buon grado. Poi, scusandosi, osserva che il caldo è insopportabile e chiede agli agricoltori di potersi spogliare. Essi annuiscono. Subito Matteo Salvini si sfila la maglietta del gruppo musicale The Giornalisti che indossava.
I cedimenti della sua parete addominale fluttuano attraverso l’obiettivo dello smartphone che impugna il suo social media manager. Il pranzo non è altro che una diretta Facebook: la realtà e il suo specchio sono ormai indistinguibili. Salvini ingurgita la pasta rivolgendo uno sguardo vacuo alla telecamera “Alla faccia di chi ci vuol male, amici!”. A un tratto iniziano a fioccare i commenti, qualcuno chiede al Ministro di mangiare la pasta come un vero italiano. Salvini prima non capisce, poi, con sforzo ermeneutico sovrumano, arrotola quantità spropositate di spaghetti intorno alla forchetta e li porta alla bocca, schizzandosi di sugo tutta la faccia e la pancia.
A un tratto, il social media manager si accorge che qualcosa non va. Lo sguardo di Matteo ha una luce diversa. Sta soffocando. Tira indietro la sedia, prova a sputare, tossisce. Si batte con il pugno sulla cassa toracica, ma uno spaghetto gli occlude le vie respiratorie. Riesce a dire al social media manager soltanto queste parole: “Non smettere di riprendere”. Nel giro di pochi secondi la testa di Salvini cade sul piatto, in un’esplosione di stoviglie, sugo e bava.
Soltanto a quel punto, il social media manager mette via lo smartphone e controlla il polso di Matteo Salvini, ma il Ministro è morto anche nella realtà. Gli agricoltori lo guardano senza capire. “Dobbiamo avvisare il Presidente del Consiglio”, dice il social media manager. Cerca il numero sulla rubrica del telefono di Salvini. Ma c’è un problema. Non si ricorda come si chiami. Sotto la P di Presidente o di Premier, non c’è. Qual è il suo vero nome? Non l’hai mai imparato, non ce n’è mai stato bisogno. I presenti ignorano addirittura l’esistenza stessa di un Presidente del Consiglio.
“Avviserò l’altro ragazzo del cambiamento”, dice il social media manager. L’agricoltore calabrese si avvicina di un passo. “Ma allora… è vero… quello che dicono… non è soltanto un sogno della Rete… Luigi di Maio esiste davvero…”.
In una grande sala illuminata da una luce bianca, aurorale, si diffonde il Parsifal di Richard Wagner. Dentro la sala, sarcofagi dotati di schermi e collegati alla corrente celano delle presenze, umanoidi provvisti di biotessuti, droidi protocollari simili in tutto e per tutto a veri esseri umani. Sono centinaia e sembrano riposare, mentre tubi carichi di uno strano liquido inondano i loro involucri.
A un tratto, il suono di un telefono. Una voce computerizzata scandisce le parole: “Chiamata in entrata per D1M410”. Uno dei sarcofagi si accende e all’improvviso si apre, rilasciando una nube di condensa gelata. Dall’involucro metallico fuoriesce l’androide. Riconosciamo il volto di Luigi di Maio. “Pronto?”. Il social media manager lo avvisa che il Ministro dell’Interno si è strozzato. È morto durante una diretta Facebook. “Si è trattato di un incidente?” chiede Di Maio. “Purtroppo sì”, risponde l’altro. “Allora siamo nei guai”.
Il mondo dei social network è infatti in subbuglio. La banalità della morte di Matteo Salvini ha avuto un impatto devastante. Milioni di persone hanno improvvisamente realizzato la caducità della vita, la sua fragilità, e in una sorta di gesto estremo di rifiuto hanno chiuso tutte le connessioni. Sono tornati a dare carezze ai propri figli, a curare le dermatiti, a copulare. I migranti, Saviano, il Pd, non contano più nulla di fronte alla preziosità della vita e delle piccole cose reali.
Di Maio sveglia dalla ricarica criogenica il suo stato maggiore. “Dobbiamo trovare una soluzione per arginare la fuga dai social. L’uscita dal virtuale sarebbe per noi devastante”. “Se smettessero di connettersi, non avremmo più la nostra linfa, il liquido che ci tiene in vita attraverso i clic”, commenta terrorizzato l’androide T0N1N3LL1. Tutti i replicanti si voltano all’unisono verso un esemplare dal tessuto silicondermico grezzo, privo di bulbi piliferi, C4S4L1N0. “Una soluzione ci sarebbe. Dobbiamo trasformare Matteo Salvini in spirito assoluto. Un’entità fatta soltanto di dati. Una pura pagina social”. Il protocollare R4GG1 guarda verso Casalino: “Non sapevo fosse possibile”. “Ci sono molte cose che ancora non sai. Sei solo un robot di livello 1.4”.
È deciso. Ridaranno vita a Matteo Salvini, sarà un software immortale, totalmente sganciato dal mondo fisico, privo di sensibilità e di percezione. L’algoritmo totale. “Un momento… e se… e se fosse un errore? Se diventasse pericoloso… insomma, se fosse una trappola, se lo avesse fatto apposta, perché gli donassimo l’immortalità nella Rete attraverso le nostre tecnologie superiori?” domanda il robot F1C0. Ma D1M410 alza le spalle silicondermiche. “Mah no, non credo, dai…”
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Accompagnato dal crescendo di Wagner, il droide protocollare C4S4L1N0 sta trasformando Matteo Salvini in un’entità fatta soltanto di dati, un puro software. D1M410 è stato costretto a spedire l’androide F1C0 nel sonno criogenico. T4V3RN4, cyborg di prima generazione, pretende che il Movimento stacchi la spina a F1C0. “No. Non ancora… potremo avere bisogno di lui”, risponde D1M410. Ma ecco che C4S4L1N0 li interrompe. Ha concluso la sua opera.
Una voce computerizzata, anonima, priva di accento umano, si diffonde nel quartier generale del Movimento: “Sono vivo?”. “Sì Matteo, vivrai per sempre online adesso”, dice D1M410. “Saremo per sempre alleati”. “Non… non sento il mio corpo, la mia pancia…”. C4S4L1N0 è entuasiasta: “Sei etereo, leggero, velocissimo. Puoi muoverti nella fibra, attraverso i satelliti, puoi processare ogni dato, capire tutti i desideri delle persone. Sei l’essere telematico più potente mai creato”. La voce metallica della nuova entità Salvini lancia una specie di gemito di piacere. “Posso sentirli tutti… sento le loro voci, le mail, i whatsapp, tutti le catene, i memi… posso sentire tutti gli italiani. Grazie…” dice la voce metallica di Salvini. “Voi mi avete dato la vita eterna”. D1M410 propone di mangiarsi tutti una bella pizza alla faccia dell’Europa, per festeggiare.
Ma improvvisamente, le luci si spengono. I droidi del Movimento restano completamente al buio. “Che sta succedendo?” domanda il protocollare R4GG1. “Sentite anche voi questo odore?” “È un gas”. “È il gas del liquido criogenico. Qualcuno lo sta liberando nella stanza”. “Dobbiamo fuggire!” grida T0N1N3LL1. Gli androidi si precipitano verso la porta. Ma è chiusa ermeticamente. “È una trappola! I nostri circuiti si corroderanno!”. D1M410 è nel panico, tenta di forzare la porta, invano. “Matteo? Mi senti!? Devi aprire le porte, sta succedendo qualcosa”. “Mi dispiace, Luigi”. D1M410 inorridisce. “Tu! Hai attivato tu il gas!” D1M410 inizia a piegarsi su sé stesso. “Puoi ammazzare noi, onesti ragazzi cibernetici, ma non… puoi… fermare… il cambiamento!”. La voce del software-Salvini lo interrompe, mentre i liquidi criogenici invadono la sala. “Non sto fermando il cambiamento, Luigi. Lo sto realizzando”.
In un diner nel cuore del Midwest, una barista versa il caffè a un enigmatico forestiero. “Ne vuole ancora?”. L’uomo non risponde, resta silenziosamente nascosto dietro gli occhiali da sole e la barba lunga. “Signore, ne vuole ancora?” “No grazie. Non posso accettarlo. Non posso accettare regalie di nessun tipo” “Non è un regalo, il caffè si paga”. “Ma io non ho lo stipendio. Vi ho rinunciato. Non ho neanche una patria, se è per questo. La mia patria è l’umanità”. “Sì ma…” a un tratto il notiziario interrompe il grottesco scambio.
L’uomo guarda verso la televisione. Si parla della misteriosa carneficina di droidi nel quartier generale del M5S. “Sapevo che sarebbe successo. È per questo che sono partito per un lungo viaggio. Ho visto i sorrisi dei bambini sulle Ande. Ho visto il pianto dei carcerati di Tegucigalpa, gli alluci valghi delle signore di Tijuana. E adesso sono pronto per tornare”. La cameriera guarda lo strano forestiero… “Ma allora… lei… lei…” “Sono il più complesso sistema di tessuti biorobotici esistente. Un droide d’assalto ad energia pulita, alimentato dalla sola forza dei like. L’Eletto (ma al massimo per due mandati). Il mio nome è 4L3SS4NDR0 D1B4TT1ST4. E sono un cittadino.”
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La costa sembra vicina. Il barcone affronta le onde, la prua si innalza e poi si schianta contro il mare. È in acque territoriali italiane. La Guardia Costiera si affianca, vincendo le correnti. Il capitano continua a chiamare il natante via radio, ma senza ricevere risposta. Il barcone sembra popolato di fantasmi, tiene la rotta, imperterrito, ma nessuno risponde ai segnali. Finalmente la Guardia Costiera affianca la barca. Il capitano esce sul ponte e guarda verso il barcone. “Oh mio dio…”
A bordo, ci sono centinaia di gattini.
Tribeca, Manhattan, New York. 4L3SS4NDR0 D1B4TT1ST4 appoggia timidamente il dito sul campanello di un bell’appartamento al piano terra. La porta si apre, riversando sulla strada la voce dolente di Pino Daniele. Davanti a D1B4TT1ST4, c’è Roberto Saviano. “Ma… questo… non è un attico…”, commenta D1B4TT1ST4, meravigliato. Saviano scuote la testa: “No. Soffro di vertigini. Non vivrei mai in un attico. Entra, dai”.
“Ascolta, Roberto. So che abbiamo avuto delle divergenze. Ma devo dirti una cosa: il Movimento Cinque Stelle ha inavvertitamente trasformato Matteo Salvini in un software potentissimo, che è in grado di manovrare i sentimenti delle persone intercettando i loro più segreti desideri sul web”. Saviano strabuzza gli occhi: “Cosa può fare il software-Salvini?”. D1B4TT1ST4 si alza in piedi, accende la televisione, che trasmette le immagini del barcone carico di gattini. “Chi pensi che ce li abbia messi quei cuccioli su quel barcone? È stato Salvini. Lui sa che più ancora della fine degli sbarchi, ciò che la gente segretamente desidera è un flusso migratorio di gattini”. Saviano sembra colpito.
“Se continua così, il suo consenso aumenterà fino a superare il 100%”. “Ma questo è impossibile…” “Non è impossibile. Il software è progettato per costruire consenso all’infinito, lavora sul piano della fisica quantistica, è in grado di farsi votare perfino da un fotone. Salvini non si fermerà nemmeno quando il suo consenso sarà più esteso dell’universo”. “Che vuol dire?”. “Cercherà perfino l’appoggio dell’antimateria! E cosa pensi che desideri un buco nero? Risucchiare tutto! Nel giro di qualche anno la campagna elettorale di Salvini verterà proprio su questo. Dobbiamo fermarlo”.
Saviano annuisce. “Va bene… ma come?” “Gli unici che possono resistere… sono i radical chic. Il software Salvini con loro non funziona perché non hanno desideri, il loro unico desiderio è il desiderare stesso. Per sconfiggerlo, abbiamo bisogno di loro” “Ma io cosa c’entro? I radical chic non mi ascoltano, io sono troppo pop per loro…” “Aspetta Roberto. Dammi retta. Creeremo una bufala talmente grande che dovranno uscire allo scoperto. Dovranno connettersi ai social. Una volta collegati, il software Salvini cercherà di intercettare i loro desideri e accorgendosi che non ne hanno, andrà in tilt”. “Cioè dobbiamo convincere i radical chic a commentare le cose su internet…”. “Esatto”.
D1B4TT1ST4 prende il suo cellulare, scatta una foto a Roberto Saviano. “Proviamo”. Costruisce un meme con poche agili mosse. Sotto alla faccia di Saviano c’è scritto “Questo è Fabrizio Boldrini, fratello della Boldrini. Assunto dalla sorella alla Camera dei Deputati guadagna 50mila euro al mese per fare le coccole al cane della Boldrini! Condividi se sei indignato!”. La foto viene postata e nel giro di pochi istanti riceve migliaia di reazioni GRRR!, ma nessun radical chic interviene. “Niente. Non ci siamo ancora…” Saviano cammina furiosamente per la stanza, cercando un’idea.
Intanto, dall’altra parte dell’Oceano, F1C0 si sveglia dal sonno criogenico. Gli altri droidi sono stati distrutti. F1C0 è inorridito, ma trova la forza per connettersi ai social. Il software-Salvini sta già facendo proseliti (“Buongiorno amici! Vi piacciono i gattini del Capitano???”). Chiama subito D1B4TT1ST4.
“Sono F1C0. Sono ancora vivo. Forse ho un’idea. So come possiamo far reagire i radical chic. Non ci serve una bufala, ma un’affermazione controversa. Il loro sistema neurale si attiva sulle dispute ermeneutiche, sulle questioni di lana caprina. Metti online una foto di Saviano e scrivici sotto: “Questo è Roberto Saviano. Il suo Gomorra è uno dei più grandi capolavori della letteratura italiana. Vedrai che reagiranno”. “Ma non so se Roberto accetterà…” D1B4TT1ST4 guarda verso Saviano, che annuisce: “Ha ragione, potrebbe funzionare…”.
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Sergio Mattarella sta scrollando Instagram attraverso il fil rouge dell’hashtag #Ferragnez, quando il suo sguardo nota qualcosa. In una foto che ritrae gli sposi insieme ai testimoni e ad altri invitati, dietro, un po’ defilato, c’è Matteo Salvini.
“Presidente… i suoi ospiti sono qui”. Mattarella risponde senza alzare lo sguardo dall’iPhone. “Sì, falli entrare”.
La delegazione è composta da D1B4TT1ST4, F1C0 e Saviano. Mattarella è impaziente: “Volete dirmi cosa diavolo sta succedendo?”. È F1C0 a prendere la parola: “Matteo Salvini non è chi dice di essere. Si tratta di un’entità virtuale, inarrestabile, che smetterà di colonizzare il dibattito pubblico solo quando sarà stato votato in tutte le possibilità del multiverso”. Mattarella inarca un sopracciglio: “È per questo che ha invaso tutti i feed? Non c’è un singolo contenuto che non rimandi a Salvini”. “È in grado di infiltrarsi dappertutto, in una sorta di photobombing totale. Qui è in vacanza a Vietri con mia zia Adalgisa”, dice F1C0 mostrando una foto di Facebook. Mattarella impreca. “Cosa possiamo fare?” “Abbiamo provato a coinvolgere i radical chic nei dibattiti su internet, per confondere il software e mandarlo in tilt, ma non sta funzionando. Non si spendono neanche per commentare il mio libro”, dice sconsolato Saviano. “ E allora che si fa?”. F1C0 si avvicina al Presidente. I suoi occhi improvvisamente iniziano a sbattere velocemente: “Io… tzzz… scappi… Presidente…” “Cosa?” “Sta…entrando…tzzz… nel mio… tzzz…server…”. F1C0 chiude gli occhi. Quando li riapre, ha un altro sguardo. A parlare attraverso la sua bocca è la voce metallica del software Salvini: “Buongiorno Sergio, buongiorno amici. È il Capitano che parla”. F1C0 si volta verso D1B4TT1ST4. “Scusa, niente di personale, ma è ora di terminarti”. Mattarella si frappone tra loro. Grida a Saviano di mettere in salvo Di Battista: “Portalo via. Lui è l’Eletto!”. F1C0 dice con voce piatta al Presidente di spostarsi. “Non è te che voglio”. Saviano e D1B4TT1ST4 sono ancora intontiti dagli eventi. “Fuggite, sciocchi!”, grida Mattarella. “Togliti, Sergio”, insiste il software-Salvini che si è impossessato dei circuiti del droide F1C0. “Ancora non hai capito, Matteo?” dice il Presidente in un sorriso. “Io non sono Mattarella”. Si porta le mani al collo. Poi con sforzo erculeo si strappa la faccia. Sotto la maschera, c’è un volto che i presenti conoscono bene. “Io sono Giorgio Napolitano”.
Saviano afferra D1B4TT1ST4 per le spalle e lo spinge verso la porta, mentre Napolitano sfodera dalla giacca una copia della Costituzione e la brandisce contro il software-Salvini.
Nell’esplosione che segue, D1B4TT1ST4 perde i sensi.
“Svegliati Ale. Svegliati. Lo vedi dove sei? Guardati intorno.” 4L3SS4NDR0 D1B4TT1ST4 apre gli occhi. Si trova su una scogliera, a picco sul mare. La natura si estende intorno a lui fino a perdersi nell’orizzonte. “Lo senti? Questo brivido? Sei vivo, Ale. Niente più tessuti silicondermici o circuiti di silicio. Sei vivo”. È la voce metallica del software-Salvini. D1B4TT1ST4 si guarda intorno, provando a capire da dove provenga. “Sono dentro il tuo orecchio. Nella terra che calpesti. Nel vento che ti accarezza i capelli”. “Che cosa è successo?” “Ho fatto una magia, Ale. Non sei più un burattino. Sei un bambino vero adesso”.
D1B4TT1ST4 si sveglia di soprassalto, prendendo fiato come dopo una lunga immersione. Saviano è accanto a lui, gli chiede cos’è successo. “Soltanto un incubo. Quanto ho dormito?” “Eri nel sonno criogenico, non potevo svegliarti. Stai perdendo tutti i tuoi like, dobbiamo conservare le poche energie che ti rimangono”. D1B4TT1ST4 prova a mettere a fuoco lo spazio che lo circonda, ma è tutto buio. Si trova in una grande sala impolverata, ricoperta di ragnatele. Il tempo sembra trascorso senza pietà. “Dove siamo?” D1B4TT1ST4 si avventura nella sala, passa la mano sui vetri, sulle scrivanie. “Roberto… che posto è questo?”. Saviano sembra invecchiato, ha la barba lunga, un cappuccio che gli copre la testa. A un tratto D1B4TT1ST4 si accorge che c’è qualcosa, come uno stemma, sbiadito, sotto la polvere e il calcestruzzo di quel vecchio magazzino. Inizia a sfregare il pavimento. E all’improvviso lo vede. È lo stemma del Partito Democratico. Ma certo. Quello era il loft del PD. Alza lo sguardo verso Saviano. “Quanto ho dormito?” “La mia missione era proteggerti il più a lungo possibile. Abbiamo fatto tutto quello che potevamo, mi dispiace”. D1B4TT1ST4 si infuria: “Quanto ho dormito???”. Saviano abbassa lo sguardo. “Tu eri l’unico strumento in grado di contrastare il software-Salvini, dovevamo preservarti, impedire che ti accadesse qualcosa. Avevano detto che ci saresti riuscito. Che un giorno l’avresti fermato”. D1B4TT1ST4 si guarda attorno, nello sfacelo del loft del PD. A un tratto sente qualcosa, un testo lungo, confuso, colmo di ipotassi. “Sono onde radio. È un messaggio, viene da lontano…” azzarda D1B4TT1ST4. Saviano scuote la testa. “No. Il messaggio parte da qui. È un editoriale di Eugenio Scalfari. Lo mandiamo tutti i giorni nello spazio. Una richiesta d’aiuto. Speriamo che qualcuno, nell’universo, lo riceva. Non abbiamo altre speranze”. D1B4TT1ST4 si volta verso l’amico: “Mio Dio, quanto tempo è passato?”.
Saviano prende fiato e finalmente glielo dice: “Dieci anni”.
(continua…)