Oslo e Utøya tra l’Italia e l’Europa

Una lettura del libro di Luca Mariani, Il silenzio sugli innocenti (Ediesse, 2013).

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Si sa, distinguere l’influenza e l’incidenza della memoria nelle esperienze e nei piani della vita – tanto quella intima quanto quella sociale – è affare difficoltoso. Le sue operazioni sono sempre, tutte, così particolari da non svolgersi in una sola direzione. Attivano diverse forze. Per esempio, si pensi alla questione del tempo. È opinione oramai comune associare istintivamente la memoria umana con una trama prima di tutto temporale. Ma assieme a tale evidenza – come un dato complementare – andrebbe suggerito dell’altro (in accordo con l’intuizione e con quanto insegnato da una certa filosofia), ovvero come la stessa memoria sia indissolubilmente legata alla spazialità. Si ricorda, la memoria si estende, l’intervallo temporale si materializza. A partire da questa possibilità esperienza e immaginazione dialogano, e tutto può diventare soggetto a trasformazione. Anche una geografia particolare, dentro cui una città e un’isola – per esempio – possono ricollocarsi, e perciò alla fine mostrare e mostrarci confini altri.

Si può considerare questo assunto per parlare del bel libro scritto da Luca Mariani, Il silenzio sugli innocenti. Si tratta di una meritoria pubblicazione su un preciso tema, qui articolato su più livelli. Anzitutto, è una attenta ricostruzione delle due stragi compiute da Anders Breivik in Norvegia, il 22 luglio 2011 (a Oslo e nell’isola di Utøya). Mariani – 47 anni, giornalista parlamentare dell’AGI – produce una scrittura dettagliata, resituisce non solo una narrazione di quei fatti ma anche il pensiero dietro a quelle azioni, in ambo i casi in modo lineare e per così dire “secco”, senza retorica.

C’è poi un secondo livello interpretativo, anticipato in parte del sottotitolo del volume («Verità, bugie e omissioni su un massacro di socialisti»). Qui l’autore presenta il quadro della ricezione espressa dalla stampa italiana e da una parte di quella straniera di quanto accaduto quel giorno. Salvo eccezioni – per l’Italia La Stampa, poi AvvenireMariani ci ricorda come la tendenza nell’immediato, fino solo alla diffusione e circolazione generalizzata delle prove, sia stata quella di accreditare in modo pressoché automatico i massacri alla pista del fondamentalismo islamico.

Infine, si può parlare di un terzo livello interpretativo, marcatamente politico. È qualcosa che sembra essere possibile dividere in due parti: una più nazionale (se si vuole, in continuità con l’analisi della ricezione delle stragi da parte della stampa italiana); l’altra più di natura europea. Ambedue parti le cui specificità sembrano accentuate dall’apparato di interviste incluse nel volume a rappresentanti politici di varie aree, italiani e no.

In merito a quanto definito come nazionale, val la pena ricorrere alle stesse parole dell’autore:

La lettura approfondita dei principali quotidiani italiani del 24 luglio evidenzia un particolare stupefacente. L’aggettivo ‘laburista’ o ‘socialista’ scompare dai titoli di prima pagina. Solo il cattolico Avvenire evidenzia con un occhiello in prima: Quasi tutte le vittime sono giovani che erano riuniti sull’isola di Utøya per un campo di laburisti. Per il resto nulla. Se un italiano avesse letto solo i titoli di prima pagina del 24 luglio, la strage di 69 ragazzi nell’isola di Utøya avrebbe potuto essersi svolta indifferentemente in un campeggio turistico, in un rave party oppure in una riunione rock. Nessun accenno nei titoli titoli ai giovani laburisti che d’estate si riuniscono a Utøya da decenni[1].

E ancora:

La cultura italiana prevalente trasforma quindi una strage di giovani laburisti in una strage di «ragazzi» contro il multiculturalismo. Questo si ripete nelle prime pagine dei giorni seguenti. Solo Avvenire, in splendida solitudine, pubblica nuovamente l’aggettivo «laburista» nel sommario del titolo di prima pagina di martedì 26 luglio. Per il resto le parole ‘laburista’ e ‘socialista’ scompaiono dalle prime pagine e, progressivamente, anche dalle pagine interne. C’è un disegno preciso dietro queste dimenticanze? Se fossero stati uccisi dei giovani di destra, o dei giovani cattolici, o dei giovani ebrei, o dei giovani democratici, o dei giovani comunisti, la stampa italiana si sarebbe comportata allo stesso modo?[2].

E ancora:

L’aula della Camera dei Deputati dedica 12 minuti alle sconcertanti affermazioni di Borghezio. Il 27 luglio 2011, al termine di una discussione sulla crisi siriana, prendono la parola Walter Veltroni del PD, il capogruppo leghista Marco Reguzzoni, Mario Tassone e Ferdinando Adornato dell’UDC, Pino Pisacchio dell’API, il capogruppo dell’IDV Massimo Donadi, i deputati del PDL Renato Farina e Jole Santelli. Nessuno di loro pronuncia mai le parole ‘socialista’ e ‘laburista’. Nella sedicesima legislatura, cominciata nel 2008, il PSI è rimasto fuori dal Parlamento. La politica italiana (PD, Lega, UDC, API, IDV, PDL) cita alla Camera Martin Luther King, Elie Wiesel, la fede, la civiltà occidentale, Borghezio, Speroni, ma il socialismo resta fuori da Montecitorio, e con esso le idee dei 69 giovani massacrati a Utøya[3].

In merito invece a quanto definito più di natura europea, si può ritornare a quanto scritto all’inizio – e al titolo scelto per l’articolo – per una migliore comprensione. Difatti, oltre a funzionare in senso riflessivo come esercizio di rammemorazione della storia di quelle stragi, il libro può essere inteso “al presente” e “al futuro” come gesto di contestazione di una damnatio memoriae, dal momento che l’elaborazione del lutto per le azioni compiute da Breivik assumerebbe un senso pubblico di avvertimento e monito in merito all’orientamento politico del prossimo futuro dell’Europa:

Questo libro vuole essere un campanello d’allarme […] Il Partito del Progresso dove militò Breivik ha vinto le elezioni ed è al governo in Norvegia. Attenzione, non stiamo parlando di Alba Dorata in Grecia dove ti tolgono il lavoro e quindi uno, per reazione, vota nazista. Stiamo parlando di un Paese ricco. Un Paese dove il welfare funziona. […] Le prossime europee saranno più importanti delle politiche della scorsa primavera. Le Pen alle cantonarie francesi ha ottenuto al primo turno il 40%, i nazisti di Alba Dorata in Grecia – e Hitler mise la svastica sul Partenone, i Greci odiano i nazisti – hanno preso il 7%. […] I Veri Finlandesi in Finlandia sono al 19%. Il PVV al 12%. Jobbik è al governo in Ungheria[4].

Da questo punto di vista, il lavoro di Mariani rende il ricordo di quanto accaduto in Norvegia il 22 luglio del 2011 in grado di presentarci Oslo e Utøya come una città e una piccola isola anche tra l’Italia e l’Europa.

 

Note

[1] Luca Mariani, Il silenzio sugli innocenti, Ediesse, Roma 2013, p. 105.

[2] Ibid.

[3] Ivi, p. 125. La citazione fa riferimento all’intervista che Mario Borghezio concede il 25 luglio 2011 a Radio24, durante la trasmissione La zanzara. .

[4] Da una presentazione del libro: https://www.youtube.com/watch?v=EZBnl2ESxdU.

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