Nel tempo dell’inganno universale

La storia principale è ambientata nell’Italia del 2023, governata da un Partito della Felicità incontrastato e inquietante quanto la copertina del libro.

 

Sinistri di Tersite Rossi

Ci sono due citazioni in apertura di Sinistri di Tersite Rossi, duo di scrittori giunto alla seconda pubblicazione (dopo È già sera, tutto è finito, Pendragon 2010). La prima è di Marcuse: «Una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non-libertà prevale nella civiltà industriale avanzata, segno del progresso tecnico». La seconda è di Benjamin: «È solo per merito dei disperati che ci è data una speranza». Verso la fine del libro, invece, compare una citazione di Borges: «Forse la storia universale è la storia di alcune metafore». Bastano per intuire la cifra di questo giallo fantapolitico “sull’Italia di domani (e anche di ieri)” uscito per le edizioni e/o nella collana SabotAge, curata da Massimo Carlotto e diretta da Colomba Rossi.

Gli autori devono il loro nome a Tersite, antieroe omerico, definito come il più vile e peggiore combattente acheo durante la guerra di Troia (e gli antieroi stanno molto cari ai due…), e al cognome più diffuso sulla penisola. Hanno anche un sito internet, da cui potrete sapere qualcosa di più sul libro, sulle attività ad esso collegate e sulle presentazioni-performances con cui Tersite Rossi sta facendo il giro dell’Italia.

La struttura di Sinistri è complessa e architettata con cura: la storia principale è ambientata nell’Italia del 2023, governata da un Partito della Felicità incontrastato e inquietante quanto la copertina del libro. In questo anno fa la sua ricomparsa il movimento degli antieroi, che si rifanno vivi tramite nove racconti recapitati al commissario Servillo, lo stesso che aveva arrestato e interrogato, quattro anni prima, la “Banda dei Nove”, ossia il primo nucleo di antieroi costituitosi in movimento politico a partire da un blog, antieroi.org.

Il romanzo – che sfugge a etichette di genere e di stile ben precise – si dipana dunque attraverso la lettura da parte del commissario di questi racconti, a ognuno dei quali segue nel testo il rapporto di polizia su uno dei nove (la Giornalista, la Ginecologa, l’Hacker, il Convertito, il Sindacalista, il Prete, l’Impiegato, la Psicanalista, lo Scrittore, a cui si aggiunge un decimo personaggio, chiamato Adelos, mente occulta della banda). Secondo una traccia completamente spiegata solo alla fine, infatti, in ciascuno dei racconti compare un indizio, via via sempre più palese, che lo collega a un personaggio della banda.

Nello stesso tempo, però in quest’Italia di un futuro che non è poi così inverosimile, si dipanano altre vicende che si ricomporranno alla fine in un quadro inatteso quanto capace di far riflettere, sul quale evito di dire qualcosa in più per scongiurare anticipazioni.

Il gioco di allusioni e rimandi tra passato, presente e futuro è continuo e celato abbastanza da strizzare l’occhio al lettore. Le date di nascita dei componenti della banda dei nove, per esempio, rimandano a personaggi o eventi storici in qualche modo legati a quelli in questione: il lettore può divertirsi e scervellarsi) a coglierle. Ma si tratta di chicche per pochi esperti: le citazioni e i riferimenti sono tanti e non facili da cogliere (lo ammetto: forse dico così perché io non ne sono stata capace!).

La stessa complessità della struttura non si ritrova purtroppo nel linguaggio, che spesso è ipersemplificato. Il che è forse un vizio del genere, è vero, ed è sicuramente azzeccato nei report giornalistici, ma lo è di meno nei racconti (alcuni dei quali restano comunque le cose più belle di tutto il libro). Certe metafore (e anche certe situazioni) cadono in piccoli clichè: “un sorriso beffardo e compiaciuto”, “un vecchio scavato e dallo sguardo triste”, “in modo rapido e senza esitazioni”, “la mente vagava finalmente libera”, (ma anche i ricordi che invadono la mente come un’onda, e le immagini che scorrono libere nella mente); “un lungo e appassionato bacio” e “il cuore batteva all’impazzata e la mente faticava a riordinare i pensieri”.

Il vero protagonista di Sinistri è il potere, declinato e scandagliato nelle sue varie sfumature. Innanzitutto il potere del partito al governo, il Partito della Felicità, che si esercita sulle persone, ma più in generale sulla verità e la sua sovversione: è un potere di narrazione, e agisce attraverso la manipolazione della parola di Orwelliana memoria. Poi il potere sui corpi, esercitato dai protagonisti attraverso il sesso, utilizzato di volta in volta in maniera predatoria, come strumento di oppressione e di possesso, ma anche proposto come forma di ribellione ed emancipazione.

Vi è poi un potere che potrebbe essere definito come “inerziale”: quello che incardina nei propri ruoli i protagonisti di tutti i racconti, che quasi come dei vinti del Verga tentano, senza successo – e forse anche senza troppa convinzione – di scardinarsene. È quello, paradossale, per cui i nove antieroi sono identificati attraverso dei personaggi-tipo, ricalcati sullo stereotipo che li rappresenta: la ginecologa lesbica, l’hacker, il prete anticlericale.

In Sinistri i nostri peggiori incubi costituiscono una realtà molto più vicina di quanto potremmo supporre in un primo momento, in cui il rapporto tra parola e verità è definitivamente scisso e concorre a creare una sensazione di soffocamento, una tensione continua che percorre lo svolgersi del racconto, dei racconti. «… Creare il caos per generare ordine. La conosci benissimo: è la cara, vecchia strategia della tensione. Antica come la nostra Repubblica, ma sempre straordinariamente buona all’uso».

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