Un corsivo attraversa il polverone di reazioni sollevate dalle recenti dichiarazioni di Miss Italia, riportandolo al centro della storia.
Forse ormai espunto dalle cronache ‘rosa-politiche’ quotidiane, il tema della presunta gaffe attribuita alla nuova Miss Italia persiste ancora, qualche minuto in più, nel mondo parallelo del dibattito virtuale. “Vorrei vivere nel…. ’42…. I libri di storia son pieni di pagine sulla Seconda Guerra Mondiale, e mi sarebbe piaciuto vederla; tanto son donna, e le donne non fanno il militare”. Questo, in sintesi, il pensiero della Miss. Una rassegna delle opinioni espresse al riguardo dell’esternazione ‘gaffeuse’ va dal dileggio alla correzione saputella, dal timore per aver eletto una Miss guerrafondaia allo sdegno per quell’immagine della donna ‘impolitca’, immemore del sacrificio femminile; prosegue poi col compatimento per una simile ignoranza esposta in mezzo al banco delle cosce e dei seni e trionfa infine nel moralismo di chi c’invita a considerare la giovane Miss Italia vittima inimputabile d’una scuola, d’una società e – perché no? – d’una famiglia che non han sputo insegnarle la Storia e i suoi Valori. Quest’ultima tipologia di reazione costituisce la summa del pensierino gonzo, del civismo della porta accanto, del qualunquismo engagé di cui i social network, in questo come in altri casi, sono il regno indiscusso. L’impressione che se ne ricava è quella d’una società innervata dall’ignoranza tipica dei primi della classe, l’ignoranza di chi conosce le risposte giuste alle domande sbagliate.
Ora, la risposta della Miss alla domanda intorno all’epoca storica in cui le sarebbe piaciuto vivere merita – se così si può dire – alcune precisazioni. D’ordine semiotico e culturale. A dispetto della pubblica opinione, l’affermazione della giovane Miss Italia risulta interessante; ma, di più, profonda. Scegliendo l’anno 1942, la Miss ha scelto un momento tragico della storia nazionale, europea e mondiale. Con l’evocazione di quella data ha mandato in frantumi l’idea, gonza e ridanciana, che si debba voler vivere, sempre e comunque, in un’età dell’oro, ha mostrato di saper preferire – per quanta ingenuità le si voglia attribuire – l’esperienza e l’esperire, anche tormentato, al bon vivre. Come un incredulo e semplice personaggio di Rabelais, ha chiesto di vedere, coi suoi occhi, ciò di cui tanto s’è scritto; ha mostrato in definiva il coraggio d’un Pinocchio, la curiosità avventata, fosse pure drammatica – tanto più disorientante, dal punto di vista dei segni, quanto più veniva espressa da una ragazza in costume da bagno con un numero appiccicato alla clavicola. La ragazza, per di più, ha indicato l’anno 1942. Il gonzo, al suono di quel numero, è corso al cospetto della Billy Ikea, dove incolonna i quaderni del figlio alle elementari, ne ha avidamente sfogliato il sussidiario, per leggervi infine quel che cercava: “ah, l’ignorante! La Seconda Guerra Mondiale inizia nel ’39 e finisce nel ’45… il ’42 è una data a caso!”. Anche qui un’occasione persa per riflettere e capire come funziona – grazie al cielo – la mente e la memoria dei nostri concittadini. Il ’42 non è una data a caso, il ’42 è l’anno della Guerra per eccellenza, il suo acme tragico, quello che – per fortuna – è rimasto impresso, a dispetto d’ogn’altra informazione, nella memoria della Miss che, di certo, non farà la storica negli anni a venire, ma che per lo meno deve aver conservato in qualche angolo dei suoi ricordi, insieme all’odore di storia, alla cupezza bianco-nera di qualche foto intravista in un manuale, lo stampo dei fatti del ’42: la croce uncinata tra i deserti nordafricani, la tattica, lo stremo e le morti di Stalingrado, l’impronta dei corpi sulla neve, le navi e le bombe nel Pacifico…
“Tanto son donna, e non avrei fatto il militare”. Sulla chiusa della Miss s’è esercitato il meglio del vociare benpensante. Alla diciottenne in costume da bagno sono state opposte tutte le donne in armi che la storia annovera – dalle amazzoni ad Anita Garibaldi -, con lo scopo, gonzo e strumentale, di mostrarsi stavolta democratici, femministi, ancora toccati dal sacrificio delle molte donne che han combattuto durante il secondo conflitto mondiale. Tuttavia, anche in questo caso la Miss aveva le sue ragioni. Non storiche, ma culturali. La sua idea del ’42 è visibilmente un’immagine semplice, poco più d’una proposizione, un’istantanea, il collage d’una riga d’un manuale di storia insieme alla foto che l’accompagna, frammista magri al fotogramma d’un documentario o d’un film intravisto la domenica mattina su Rai 3. Forse una delle tante commedie italiane degli anni ’50 e ’60 – che so, Sordi in Una vita difficile – dove disertori, militari, partigiani si rifugiano in qualche casolare tra i monti, si svestono degli abiti di guerra, indossano panni civili, si mimetizzano, riposano, vengono infine sfamati da donne, giovani e anziane, che rimaste sole in casa – coi figli, i mariti e i fratelli al fronte – vivono a modo loro la guerra, aiutando gli sbandati d’un reggimento disperso, cucinando per un piacente partigiano ferito, alloggiando, volenti o nolenti, l’esercito invasore.
Questo sarà stato il mondo d’immagini, piccole e legittime, balenate alla testa della Miss, nell’attimo in cui ha dato in pasto al gonzo la sua risposta. Questo è il mondo d’immagini ed evocazioni che costituisce l’immediata coscienza storica d’un Paese; ed è questo il mondo a cui il gonzo virtuale difficilmente accede, costretto com’è tra gli input e gli output del suo buon senso di contrabbando.
Chi scrive queste righe è uno storico, e ringrazia la nuova Miss Italia d’aver perorato inconsapevolmente le ragioni dell’esperienza storica là dove meno se l’aspettavano. Non si scusi, Miss Italia, – mi raccomando -, non ritratti, non corregga la sua affermazione. Si conforti piuttosto all’idea che molti, come lei, sarebbero stati desiderosi di vedere coi propri occhi i fatti del 1942.