Dal 19 al 23 luglio 2015 l’Associazione Culturale Scholé organizzerà e terrà a Roccella Jonica, in provincia di Reggio Calabria, la sesta edizione della Scuola estiva di alta formazione in filosofia “Giorgio Colli”.
Alla scuola contribuiranno filosofe e filosofi di primo piano come Salvatore Natoli, Remo Bodei, Geminello Preterossi, Laura Bazzicalupo e Gianni Vattimo. Il tema di quest’anno è sintetizzato nell’endiadi “mezzi e fini” che verrà dipanata a partire dal rapporto fra democrazia e azione politica, fra procedure e orizzonte di senso del vivere associato, in un percorso che coinvolge pensieri e parole di Aristotele, Spinoza, Kant, Marx, Nietzsche, Arendt, Benjamin. Di seguito un’intervista a Scholé, il cui presidente è Salvatore Scali, e che vede tra i membri fondatori Alessandra Mallamo e Angelo Nizza, coordinatori della Scuola.
Marco Ambra — Partiamo dalle modalità di partecipazione alla Scuola estiva. La frugalità dei mezzi a disposizione vi ha portati a ripensare in modo radicalmente alternativo rispetto ai festival filosofici più noti: l’incontro con i filosofi e le filosofe che terranno la Scuola non si svolgerà nella tradizionale forma della lectio ex pulpito ma assumerà la forma di un vero e proprio confronto con i partecipanti. Non pubblico plaudente, sonnecchiante o narcisisticamente interrogante ma partecipazione, convivialità e meticciato. Potete illustrarci meglio come si svolge la settimana dedicata alla Scuola estiva?
Scholé — Si potrebbe dire che la Scuola di Roccella nasce e si sviluppa secondo la logica di un performativo. John Austin, uno dei grandi filosofi del linguaggio del Novecento, ci ha chiarito qual è la natura di enunciati come “Prendo questa donna come mia legittima sposa”, “Battezzo questo bimbo Luca”, “Scommetto 10 euro che la Juve vince il campionato”: chi li pronuncia non descrive un fatto già esistente, ma lo crea parlando. La Scuola è in questo senso una vera e propria scommessa, ogni anno puntiamo le nostre energie fisiche e mentali in un gioco il cui esito non appare mai scontato; ogni edizione, tanto nella fase di organizzazione quanto in quella di realizzazione, è un complesso di mosse – dialogiche, affettive, intellettuali, produttive – che portano sempre con sé la possibilità di tradursi in un colpo a vuoto, ma se c’è una dote che vogliamo riconoscere a Scholé è la capacità di eseguire gesti felici, mosse riuscite, proprio nel segno di quell’eu greco, che significa ‘felicità’, ‘cosa buona’, illustrato da Aristotele nelle sue Etiche, di cui Austin è stato lettore accorto.
La Scuola come ogni performativo abita la sfera pubblica, per funzionare ha bisogno della presenza altrui, ecco perché vive nella dimensione della relazione tra i soggetti, nel cui conto occorre includere tutti senza gerarchie: gli iscritti, i borsisti (quest’anno ben 12 borse di studio disponibili per studenti e laureati in filosofia), i relatori, il ragazzo dell’amplificazione, i coordinatori, il direttore, il presidente, i segretari, gli autisti, i cuochi – sì perché a volte cuciniamo pure. Si tratta di una settimana in cui un gruppo di persone, composto da individui diversi per libri letti, film visti, sentimenti provati, cibi assaggiati, città di provenienza e finanche nazionalità, produce un miracolo – per dirla con il nostro direttore Peppe Cantarano. E si badi qui miracolo non è né un evento prodigioso né un che di sovrannaturale bensì è un fatto del mondo, miracoloso perché revoca in dubbio certi meccanismi e certi circuiti di diffusione del sapere e della filosofia, più o meno accademici, che sembrano detenere il monopolio della disciplina.
La Scuola è libera ed è aperta a chiunque sia interessato, la partecipazione agli incontri è gratuita ma chi sceglie di iscriversi decide di fornire un aiuto responsabile e, così facendo, di fruire del materiale didattico (antologia di testi scelti, borsa, penna, quaderno), interamente autoprodotto, nonché di ricevere l’attestato di frequenza. La Scuola si autosostiene grazie alle iscrizioni, ai gadget e all’attitudine alla solidarietà che contraddistingue chi ci segue, non ha alle spalle nessun mecenate pubblico o privato, escluso il Comune di Roccella il cui contributo, pur ridotto rispetto alla totalità degli impegni cui siamo chiamati a rispondere, serba sempre una tonalità etica.
M. A. — Helmar Holenstein nel suo Atlante di filosofia (tr. it. Einaudi, Torino 2009, p. 5) dice che «alla filosofia in sé non interessa chi abbia detto cosa, quando e dove. Conta piuttosto se quanto espresso da qualcuno – quando e dove non importa – sia da giudicarsi vero o falso, buono o cattivo, di stimolo o di ostacolo alla nostra conoscenza. Eppure, per poter valutare un’affermazione, dobbiamo capirla. E per capirla è senz’altro utile sapere chi, quando e dove, in quali circostanze l’abbia fatta». In altre parole non esiste commercio del pensiero che non sia situato in un luogo, uno spazio già carico di riferenti e questioni di senso. Non a caso Roccella Jonica si staglia lungo una delle antiche direttrici magnogreche di diffusione del pitagorismo. Lo sguardo rispetto a questa eredità è molto cambiato. È un’ovvietà constatare che oggi il pensiero critico non è una priorità nelle agende politiche di sviluppo per il Sud Italia. Basti pensare al becero trattamento che le nostre “classi dirigenti” hanno riservato all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, a rischio chiusura per meri calcoli elettorali. Quale risorsa, quale potenzialità di sviluppo, può rappresentare la vostra Scuola estiva per un territorio come la Locride?
Scholé — È certo che il pensiero abbia un suo decorso autonomo, di tipo concettuale, cui contribuiscono conferenze, saggi, monografie e recensioni. Ma insieme a questa energia interna che lo alimenta crediamo che il pensiero abbia anche una radice, per così dire, non direttamente teorica che sta nei luoghi in cui esso nasce. Marx l’ha spiegato bene: l’essere sociale, in una misura non meno importante dei concetti, determina il pensiero, cioè è lo stato di cose nel quale viviamo che costituisce una condizione importante affinché certe idee possano svilupparsi.
Roccella sta nei luoghi in cui, dai coloni greci fino alla tradizione meridiana, fino al professore e amico Mario Alcaro che questa Scuola ha tenuto a battesimo insieme con Pietro Barcellona, è stato il mare a svolgere un ruolo chiave: il mare, a differenza della terra ferma, non ha confini fissi e laddove sembra avercene, per esempio l’orizzonte, essi sono semmai delle frontiere che ti spingono oltre, che ispirano un pensiero alternativo capace di concepire teorie in rotta di collisione con il sapere dominante, con il sapere-potere.
La genesi della Scuola sta tutta qui, in questo pensiero di frontiera, in cui se da un lato la Calabria è la periferia dell’Impero, essa è al contempo la Terra che dà da pensare alle possibili vie di fuga dall’Impero medesimo, è il luogo in cui provare a operare in maniera differente rispetto ai modelli ancora oggi vincenti, il posto in cui sperimentare forme di vita associata che non inseguono denari e profitti e che tuttavia non rimangono inattive. Tutto ciò ha certamente alcuni effetti collaterali.
In primo luogo rappresenta una condotta che non trova ascolto in chi opta per disegni politici che mirano al consenso a l’autoriproduzione al potere. E, secondo, è una condotta che può costare tanto, in termini di energie personali spese, in tempi e spazi sottratti ad altri pezzi di esistenza, e anche in termini squisitamente economici. Ma qui sta il bottino grosso, vale a dire non nell’indietreggiare di fronte alle contraddizioni ma nello svilupparle completamente. In questa ottica crediamo che la Scuola sia un riferimento importante per la Locride, e per la regione tutta.
Durante la settimana di svolgimento degli incontri, in un periodo non di piena per l’estate della zona, arriva a Roccella oltre un centinaio di persone tra relatori, iscritti e borsisti. Viene gente da tutta Italia, che prende il caffè, mangia e dorme a Roccella, va al mare, popola le piazze, visita i paesi limitrofi (quest’anno in programma ci sono le tappe a Marina di Gioiosa e a Placanica), crea insomma un fermento del tutto singolare, che nulla ha da spartire con lo spirito classico della vacanza consumistica, bensì riposa nella scelta di questi soggetti di partecipare a uno spazio di cooperazione che coinvolge pressoché l’intera città.
Quanto all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, la sua è purtroppo una triste storia che conosciamo da vicino perché l’Istituto, insieme con il Centro per la Filosofia Italiana, è un nostro partner. L’anno scorso, abbiamo avuto il piacere di ospitare il fondatore, l’avvocato Gerardo Marotta, giunto in compagnia di un altro napoletano raffinato nei modi e nel pensiero come Aldo Tonini. È stato lui stesso, Marotta, a chiamarci esprimendo il desiderio di venire a Roccella. Gli abbiamo detto mille volte grazie e forse non sono bastate.
M. A. — Veniamo ai temi dell’edizione 2015. La relazione concettuale tra mezzi e fini attraversa nella modernità, o almeno a partire dal machiavelliano «l’effetto scusa il fatto», l’intrico dei rapporti fra politica, economia, morale e religione. Sulla diagonale del pensiero dei fini dell’azione politica e della scelta degli strumenti per realizzarli si è consumato, in Occidente, il passaggio da una visione monolitica della vita associata, il Bene Comune tomista, a una plurale, eteroclita e contraddittoria. Banalizzando all’estremo si può dire che il rapporto tra i mezzi e i fini dell’agire politico è oggi molto più complesso che nel passato. Su quali versanti di questo intrico si concentrerà il lavoro della Scuola?
Scholé — Nell’elaborare il tema dell’edizione di quest’anno siamo partiti dalla seguente idea: la correlazione dei mezzi e dei fini ha subito una drastica trasformazione nella misura in cui sembra essere caduta la linea di confine che separa e insieme unisce i due termini. In particolare sembra essersi creata una soglia di indistinzione in base alla quale ciò che di solito appariva come un mezzo in vista di fine – perciò diverso da quest’ultimo – ora equivale a una piena finalità. Un esempio clamoroso è il denaro. Nel mondo contemporaneo la moneta funge sempre meno da strumento per soddisfare i nostri bisogni e, invece, funziona benissimo come oggetto fine a stesso, autoreferenziale, sganciato tanto dal supporto fisico, quel metallo o quello specifico biglietto di carta, quanto dal prodotto di cui dovrebbe essere l’equivalente.
In questo senso è confutata la celebre immagine aristotelica, contenuta nell’Etica Nicomachea, secondo cui la moneta e il linguaggio sono due elementi decisivi attraverso cui avviene il processo di formazione della polis. Pure la politica sembra essersi congedata dalla catena dei mezzi e dei fini per diventare anch’essa un fine in sé; è un dato ampiamente dimostrabile se pensiamo alle incertezze della democrazia rappresentativa che funzionando sempre meno e male non corrisponde agli obiettivi per cui i suoi attori sono stati delegati al potere dal popolo. Durante la Scuola, come è nostra abitudine, tenteremo di declinare l’argomento generale secondo diversi vettori, con un lessico non specialistico ma senza fare sconti al rigore concettuale.
Così, in apertura del programma, avremo Salvatore Natoli che ragionerà sulla coppia fare e agire, le due sfere della vita attiva care alla filosofia della prassi da Aristotele a Hannah Arendt, che si distinguono in base al fine: il fare ha il suo fine fuori di sé, nell’oggetto prodotto, l’agire ha in sé il proprio compimento, ovvero il fine è nell’azione stessa. Remo Bodei si concentrerà sul denaro, approfondendo alcune delle tesi cui prima accennavamo, operando così un sorta di bilancio sul rapporto tra la moneta e il nesso mezzi e fini nella storia delle idee. Geminello Preterossi sposterà il discorso sui destini della democrazia, in un’epoca in cui, come già si diceva, la forma rappresentativa è in fase recessiva e diventa perciò decisivo porre la questione non solo della fine della politica ma anche dei suoi fini alternativi.
Di politica ma anche di economia parlerà Laura Bazzicalupo nel seminario dedicato al legame debito-credito inteso come specifico rapporto di potere: qui il denaro sarà ancora una volta protagonista, ma svolgeranno un ruolo essenziale alcune categorie della teoria politica contemporanea come quella di biopotere. Gianni Vattimo, cui è affidata la chiusura della Scuola, si soffermerà su alcuni degli argomenti a lui più cari come verità ed ermeneutica inscritti nel quadro della globalizzazione. Oltre ai dibattiti mattutini con i relatori, vi saranno anche tre incontri serali e uno pomeridiano più la cena sociale dell’ultima sera con cui si conclude il nostro calendario.
Informazioni sulla Scuola estiva:
Qui il modulo per le iscrizioni.
Fino al 25 giugno c’è tempo per partecipare al bando di concorso per l’assegnazione di 12 borse di studio. Qui il tutte le informazioni.