Immagini dal villaggio manicomiale di Siena.
Curata da Daniela Neri, La memoria scomoda presenta una selezione di immagini tratte dal fondo fotografico dell’Archivio Storico dell’ex Ospedale Psichiatrico San Niccolò.
Le fotografie in mostra ritraggono tutti i pazienti internati nel 1932 (437 persone) e alcuni dei “residenti” nella struttura negli anni 10-30 del secolo scorso. A partire dal 1915 (e fino al 1969), per scelta del direttore dell’epoca, Antonio D’Ormea, la fotografia venne infatti introdotta quale strumento aggiuntivo per la compilazione delle schede nosologiche dei pazienti. Grazie al contributo di Fabio Lensini, ultimo fotografo ad aver lavorato all’interno del San Niccolò, siamo anche riusciti a risalire al nome dell’autore di quelle immagini: il noto fotografo senese Ugo Brandi.
La mostra si divide in tre sezioni, accompagnate in sottofondo dalla lettura di una lettera ritrovata, come tante altre che mai furono spedite, in una delle cartelle cliniche dell’archivi.
Nella prima sezione sono esposti i ritratti di alcuni pazienti del San Niccolò dagli anni dieci agli anni trenta del Novecento. Questa piccola selezione, tra le migliaia di foto presenti in archivio, vuole essere una finestra su una umanità reclusa del passato e suggerire, soprattutto nei dettagli secondari (gli sfondi, le vesti, le posture, i frammenti dei corpi di infermieri che talvolta si intravedono), quanto la fotografia fosse connessa a doppio filo ai dispositivi medico-disciplinari e istituzionali di controllo e internamento dell’Altro “folle”.
Nei primi decenni del Novecento l’encefalite letargica produce in Europa, con andamento epidemico, una vera e propria emergenza sanitaria, per diffondersi poi in tutto il mondo al termine del primo conflitto mondiale, lasciando conseguenze importanti nei decenni a venire. La seconda sezione mostra un utilizzo ancora più tecnico-medico della fotografia, che diviene strumento di indagine degli effetti della “cura bulgara”, un decotto a base di atropa belladonna usato, a partire dal 1934, per curare malati di parkinsonismo postencefalitico.
L’ultima sezione espone tutte le fotografie degli internati del 1932 e si collega in questo modo al luogo scelto per la mostra. Il molino, infatti, è stato inaugurato in quello stesso anno. La sua costruzione rientrava all’interno del progetto di D’Ormea, in continuità con il concetto di manicomio modulare già avviato da Carlo Livi, di sviluppare vari padiglioni con funzioni specifiche legate alle diverse attività. Sebbene oggi restino poche tracce di ciò che era la cittadella manicomiale di Siena, il molino è giunto a noi conservato perfettamente. Grazie all’impegno di Stefano Aurigi (responsabile del Presidio del San Niccolò) esso è risorto dall’oblio che l’aveva occultato e al tempo stesso preservato.
La scelta di connettere luoghi e persone scegliendo una data (un numero) come punto di articolazione della loro relazione vuole essere un modo per riflettere sul rapporto conflittuale e contraddittorio, e spesso fonte di grandi sofferenze, tra progettualità e casualità, disciplinamento e soggettività, storia e individualità, persona e rappresentazione, che tanta importanza riveste nella traiettoria storica della reclusione manicomiale.
La memoria scomoda non vuole dunque solo riportare alla luce ciò che ancora troppo spesso si cerca di lasciare nell’oblio, ma vuole farlo mettendo in cortocircuito l’aspetto estetico del passato (le bellezza del luogo e la qualità fotografica delle immagini) con il suo portato etico e politico.
La selezione che presentiamo vuole essere un invito a riflettere sul potenziale del fondo fotografico dell’archivio storico del San Niccolò e fornire un scorcio sul tipo di indagini che si potrebbero sviluppare.
La mostra fa parte del programma della terza edizione di Metamorfosi per Siena Città Aperta.
La memoria scomoda è visitabile dal lunedì al venerdì, dalle 14 alle 17, presso il molino del Palazzo San Niccolò (via Roma 56).