Criminologia critica qui e ora: perché?

Riflessioni attorno alla funzione degli studi criminologici oggi, a fronte della presentazione del master interateneo (Padova/Bologna): Criminologia Critica e Sicurezza Sociale.

Perché insistere nell’analisi critica dei fenomeni criminali? Perché continuare ad osservare pratiche e narrative che ruotano intorno al controllo sociale e alla reazione istituzionale? Ci siamo posti queste domande con riferimento alle dinamiche della fase storica che viviamo e a quelle più stringenti dell’attualità sociale e politica italiana.

La criminologia critica affronta la questione criminale come campo nel quale prendono forma conflitti pregnanti dal punto di vista sociale e politico. Questa prospettiva è orientata all’analisi dei processi di criminalizzazione e vittimizzazione, piuttosto che all’individuazione dei fattori causali che determinano il comportamento illegale. La criminalizzazione, così come la costruzione della “buona vittima”, sono quindi intese come processi di soggettivazione che disciplinano, ordinano e gerarchizzano i soggetti, e rappresentano l’effetto di una serie di dispositivi cruciali per il mantenimento e la ridefinizione degli assetti di potere. La sfida che rinnoviamo è quella di leggere e interpretare questi processi come costruzioni sociali: alimentati dalle rappresentazioni mediatiche della criminalità, nutriti dalla tautologia della paura che colpisce l’Altro e il Diverso, innervati dalle retoriche della comunicazione politica orientate all’acquisizione del consenso elettorale, definiti dalle pratiche selettive e discrezionali degli agenti del controllo (apparati poliziali e giudiziari), “gestiti” attraverso le istituzioni della detenzione (penale, psichiatrica e amministrativa).

Il soggetto criminalizzato si colloca quindi al centro di una gamma di produzioni di senso e interazioni sociali irriducibile ad una visione lineare del rapporto tra delitto e castigo. Allo stesso tempo, la speculare definizione della vittima “per bene” (tipicamente debole, vulnerabile e da tutelare) contribuisce a distinguere e colpevolizzare condotte e soggettività differenti da quelle compatibili e “meritevoli”, all’interno del paradigma morale ormai consolidato del decoro e della guerra al degrado. Questi elementi incidono enormemente sulle politiche nazionali e locali: pensiamo a quelle sull’immigrazione – anche nelle forme di una accoglienza inferiorizzante e punitiva (paradetentiva)- o alle ordinanze proibizioniste emesse da molti comuni, e quindi anche sulle pratiche operative e sociali di intervento. Di fronte al rilancio consistente del paradigma sicuritario; di fronte alla trasversalità politica di una declinazione di sicurezza ripiegata (sotto le mentite spoglie della “sicurezza integrata”) sull’incolumità fisica e patrimoniale di alcuni cittadini; di fronte alla sistematica riproduzione discorsiva dei soggetti pericolosi ci sembra necessario mantenere alta la tensione analitica sui dispositivi integrati di criminalizzazione.

La nostra ipotesi è infatti che l’elemento del crimine risulti oggi decisivo per definire le logiche identitarie e di potere che producono inclusione ed esclusione sociale, le trame narrative del razzismo contemporaneo e del suo nesso inscindibile con il sessismo, la declinazione dei conflitti di genere, la distinzione attualizzata tra classi laboriose e classi pericolose. Questi elementi cruciali nella definizione di ciò che è ordine sociale devono essere analizzati in chiave dinamica. Sebbene infatti siano chiaramente identificabili alcune cornici di senso stabili nella costruzione sociale dei nemici interni che tale ordine minaccerebbero, la configurazione tipologica degli stessi tende a variare, assecondando l’andamento fluttuante delle ondate di panico morale e innovando i contenuti contingenti dell’allarme sociale. A titolo esemplificativo è interessante osservare come i tratti di inaffidabilità predatoria sempre attribuibili ai soggetti e ai gruppi marginali, vengano oggi dirottati sulla compagine dei “falsi” richiedenti asilo, aggredendo quindi la legittimità delle migrazioni economiche. Un’aggressione che tende a coincidere con forme specifiche di criminalizzazione e a produrre una notevole ridefinizione di senso: fino a qualche anno fa, infatti, le spinte “autentiche” all’inclusione subordinata dei migranti nel mercato del lavoro venivano valorizzate, attraverso l’opposizione artificiale alla categoria dei clandestini, disposti ad ogni forma di illegalismo. Per altro verso, le narrative sul fenomeno della radicalizzazione islamista tendono a ridefinire status e fisionomie dei portatori della minaccia “terroristica” evocando una sorta di saldatura di pericolosità sociale nell’area dei gruppi di minoranza, delle seconde generazioni, degli autoctoni convertiti. Anche in questo caso, le implicazioni ideologiche e criminologiche appaiono cruciali. Anche in questi campi, dunque, appare urgente e necessario produrre forme di conoscenza che decostruiscano le semplificazioni manipolatorie e stigmatizzanti.

Ci sembra dunque importante lavorare intorno all’ipotesi delineata, rilanciando percorsi di ricerca e di formazione che favoriscano il dialogo interdisciplinare e il confronto costante tra ricercatori, ricercatrici, studiosi, studiosi, studenti, studentesse e operatori, operatrici che a vario titolo incontrano nel loro quotidiano soggetti marginali, stigmatizzati, reclusi.

Anche quest’anno proponiamo il master interateneo (Padova e Bologna) in “CRIMINOLOGIA CRITICA E SICUREZZA SOCIALE. DEVIANZA, ISTITUZIONI E INTERAZIONI PSICOSOCIALI”. Il percorso del master (ATTIVATO PER LA PRIMA VOLTA NEL 2005) si articola in quattro sezioni tematiche. La prima – fondamenti di criminologia critica – fornisce le basi teoriche e metodologiche per affrontare i processi di criminalizzazione in chiave intersezionale: razza, genere e classe sono alcune delle lenti (sovrapposte e interagenti tra loro) attraverso le quali ci proponiamo di osservare la realtà sociale. Questo approccio si mantiene poi fondamentale e quindi trasversale rispetto alle altre sezioni: conflitti globali e migrazioni; sicurezza sociale, territori e spazio urbano; spazi detentivi e confinamenti.

Per ulteriori informazioni e contatti:
e-mail: master.criminologiacritica@unipd.it;
tel: 0039 0498274380;
pagina Facebook: https://it-it.facebook.com/Master-in-Criminologia-Critica-291156267655722
blog del Master: https://criminologiacriticablog.wordpress.com

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