Tra le immagini, la vita: in ricordo di Mario Dondero.
Lo stile di Mario era un andamento, uno stare appeso passo dopo passo ad un ritmo attento e teso. Mario ondeggiava nelle sue vecchie scarpe da camminatore con la Leica a tracolla tenuta con una mano mentre con l’altra accompagnava la discussione, quel suo perenne dialogo con il mondo fatto con tutto il corpo ed esplicitato agli altri con le sue straordinarie fotografie. La voce era calda e il tono elegante e infine il suo sguardo affettuoso, ma sempre astuto. Eleganza e portamento, consapevolezza intellettuale e fascino, Dondero era un uomo del Novecento per nulla in imbarazzo in questo secolo che si dice complesso, ma che in fondo è solo stupidamente timido.
Ricordo alcune parole che spesso tornavano nei suoi discorsi, ricordo il termine ingannevole riferito a certi colleghi un po’ vanitosi, poi i termini etica e intellettuale utilizzati sempre con una precisione e una grazia che raramente mi è capitato di ascoltare e poi bellezza utilizzato per un paio di stringhe per scarpe appena acquistate ed eleganza per un pigiama stropicciato appena tolto di valigia, ma probabilmente la parola di Mario a cui sono più legato è incantevole. La prima volta che ho sentito pronunciare da lui il termine incantevole è stato una notte in macchina: né io né lui guidavamo, lui stava seduto davanti e io dietro. Mi raccontò di Alain Delon e di un appuntamento datogli dall’attore francese in un ristorante di Parigi. Una sala grande con un solo tavolo e seduta accanto a Delon una donna incantevole: Romy Schneider. “Fu una cena squisita”, aggiunse. Non bisogna però pensare che il termine incantevole fosse rivolto alla fama di queste celebrità: incantevole era infatti riferito a Romy Schneider e non alla sua immagine. Così come Mario definì incantevole la giovane editrice con cui provammo a progettare un libro su Parigi che avrebbe previsto al suo interno un testo di Jean Echenoz.
L’immagine era dunque il tramite – per certi versi ovvio – per raggiungere il cuore delle persone come lo sono le parole, la voce e il tatto, le mani. Non per questo era pensabile per lui derogare anche solo minimamente alla qualità del gesto come della posa, all’etica di una fotografia che fosse esattamente corrispondente al messaggio che aveva intenzione di trasmettere. Dondero era un uomo precisissimo e un fotografo sublime, compariva magari all’improvviso, ma i suoi scatti ristabilivano l’urgenza e il valore del momento e non poteva che essere proprio quell’esatto momento. Essere in posa o parlargli portava alla medesima densità e qualità. Si stava a proprio agio con Mario, il mondo dismetteva i panni sudici e scomodi dell’urgenza pratica, dell’ambizione isterica o del tempo presente fatto di futile speranza e di desideri castrati. Il tempo con Mario si apriva ad un presente infinito e ricco di spazio e di possibilità, non un tempo facile o comodo, ma avventuroso. Una caccia all’incantevole fatta di sorridente destrezza. Non è possibile separare il suo lavoro dal suo stare nel mondo o pensare che uno fosse funzionale all’altro. La fotografia per Dondero – pur non praticata con l’ossessività di molti altri grandi fotografi – era centrale non solo come strumento di relazione, ma alla relazione stessa. Aveva ancora mille cose da fare e da vedere e nella sua vita ha vissuto momenti storici e conosciuto persone magnifiche e in fondo anche e come chiunque di noi, solo che lui ne era ben consapevole. Ha raccontato insieme a, e per gli altri storie umanissime di pastori e di operai, di donne libere e di padri con i figli in braccio. Ha raccontato le città e gli artisti, ha cantato e amato il cinema di Martin Ritt e le fotografie di Robert Capa (suo vero maestro). Ha vissuto e fotografato in maniera sublime e gioiosa, amando e lasciando le volgarità oltre le spalle, è stato Mario un uomo incantevole.
Le foto:
1. Parigi al bistrot, 1963
2. Milano Gunter Grass, 1953
3. Parigi: meeting della gauche, 1959
4. Gibilterra: i marinai francesi abbordano soldatessa inglese, 1961
5. Manchester: piccole tifose, anni’60
6. Portogallo, 1958
7. Parigi, Roland Topor, 1959
8. Contadine turche, 1965
9. Kibbutz in Israele 1961
10. Parigi: Johnny Friedlander 1960
11. Due giorni prima della caduta del muro di Berlino, 1989
12. Il mondo di Pierò della Francesca, contadino, 2002
13. Tribunale militare di Atene, processo ad Alekos Panagulis, 1967
14. Il cameriere spagnolo, 1978
15. Parigi: atelier di Hayter a Saint Germain des Pres, 1965
16. Parigi manifestazione della gauche, anni ’60
17. Dario Fo, 1992
18. Spagna 1962
19. Parigi, davanti alla sede delle editions de minuit: settembre 1959
20. Parigi Man Ray 1959
Si ringrazia la Galleria Ceribelli di Bergamo per le immagini