Storie dal S. Niccolò: ritratti da un futuro remoto #5

Il quinto racconto di Simone Ghelli, dedicato ai frammenti di biografia di uomini e donne che furono ricoverate al S. Niccolò, l’ex manicomio di Siena. La serie #storiedaunexmanicomio è ospitata da MILLEUNA e REPARTO AGITATI.

Le due L.

Di L. ce n’erano due, entrambe ottime attrici.

Una aveva la capigliatura folta, riccia e bionda. Sembrava uscita da una pellicola neorealista, un film di De Sica o Rossellini. Non usciva quasi mai dalla sua stanza, dove giaceva stesa sul letto con la sottana di pizzo o di raso. Il suo guardaroba era il preferito di M., che vi si nascondeva volentieri. Fumava delle sigarette lunghe che si faceva portare da fuori, delle volte era lei stessa a comprarle. Si atteggiava come una diva un po’ annoiata, che fosse là dentro soltanto di passaggio. Mi è sempre sembrata in attesa di qualcosa, ma in modo svogliato, come se quel qualcosa non le interessasse poi troppo.

L’altra L. non era affatto bella, né affascinante: testa piccina in un corpo grosso, sembrava un pinguino malamente truccato. Mi trattava come se fossi un figlio. Certe volte mi portava del cibo che non avevo il coraggio di rifiutare, soprattutto salsicce annegate nell’olio. Quando l’accompagnavo a fare la spesa era sempre una guerra. Non faceva che scegliere cibi pieni di grasso e conservanti. Avevo una gran paura di offenderla in qualche modo, per questo fingevo di accettare – contro i miei principi mi trovavo poi costretto a gettare quel cibo nella spazzatura. Una volta, saranno state le cinque del mattino, venne a bussare insistentemente alla mia porta finché non le aprii deciso finalmente a urlarle qualcosa contro. Mi accolse con un bicchierino di vin santo per brindare al nipote che era stato appena dimesso dall’ospedale. Buttai giù il liquore a stomaco vuoto, e con esso la rabbia che ingoiai per l’ennesima volta.

Le due L. erano davvero delle ottime attrici, delle dive, e come tali temute da tutti. Naturalmente tra di loro non potevano sopportarsi. La prima L. diceva dell’altra che fosse una pericolosa mitomane, tirannica e iraconda. La seconda L. dava alla prima della sgualdrina buona a nulla. Mi ero preparato da tempo a sorprenderle in un corridoio a tirarsi per i capelli, a sgraffiarsi la faccia e a tempestarsi di schiaffi come in una grande scena madre. Invece non accadde mai niente di tutto ciò, forse perché interpretavano due parti troppo diverse. Vivevano su due set separati.
La cosa incredibile è che quello non era affatto un film. Se ripenso a quel tempo visto da fuori, oggi non riesco quasi a crederci. Per sopravviverci meglio, le due L. si erano imposte di recitare. Seguivano il loro copione, in attesa di una fine che sembrava non arrivare mai.

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