Lou Reed

Domenica scorsa è morto Lou Reed. Nel corso di questa settimana abbiamo riascoltato le sue canzoni e ne abbiamo scelte cinque che ci sembrano esemplificare al meglio la sua poetica e la sua politica. Lo salutiamo così.

I’M WAITING FOR THE MAN
The Velvet Underground and Nico, 1967

È il primo “giro sulla riva selvaggia” raccontato da Lou Reed, in uno degli album considerati tra i più influenti della storia del rock. Interamente finanziato da Andy Warhol – per il quale progettò la copertina con la nota banana –, fu rifiutato prima da numerose case discografiche per i contenuti ritenuti inaccettabili, e poi, per lo stesso motivo, dalla maggior parte delle emittenti radiofoniche. In I’m Waiting For The Man un giovane bianco, con 26 dollari contati in tasca, aspetta “l’Uomo” che gli fornirà la dose, quella che lo farà star bene “Almeno fino a domani, ma quello è un altro giorno”. Non c’è giudizio né velleità mistica, non c’è insegnamento o morale: questa è Harlem, baby, prova a guardarla.

http://www.youtube.com/watch?v=MOmZimH00oo&list=TLVvgKd-6ddZI9X7nVl2N4hW5W7-phbCAr

Hey, white boy, what you doin’ uptown?
Hey, white boy, you chasin’ our women around?
Oh pardon me sir, it’s the furthest from my mind
I’m just lookin’ for a dear, dear friend of mine
I’m waiting for my man
Here he comes, he’s all dressed in black
PR shoes and a big straw hat
He’s never early, he’s always late
First thing you learn is you always gotta wait
I’m waiting for my man

 

HEROIN
The Velvet Underground and Nico, 1967

Tra i pezzi portanti dell’album The Velvet Underground and Nico e indubbiamente tra le canzoni più note del gruppo, Heroin è la canzone di una pulsione di morte, di un desiderio cosciente di allontanamento dal mondo; un desiderio radicalmente politico di allontanamento dalla “città”, da “tutti quelli che si insultano” e da “tutti i politici che starnazzano”. Come dirà in seguito Lou Reed, Heroin descrive “una situazione oggettiva”. Non vi è magnificazione dell’uso di stupefacenti, bensì resoconto “autentico” della condizione in cui si trova chi è sotto l’effetto dell’eroina, che è al contempo “moglie”, “morte” e “vita”.

http://www.youtube.com/watch?v=ffr0opfm6I4

I don’t know just where I’m going
But I’m goin’ to try for the kingdom if I can
‘Cause it makes me feel like I’m a man
When I put a spike into my vein
Then I tell you things aren’t quite the same

When I’m rushing on my run
And I feel just like Jesus’ son
And I guess I just don’t know
And I guess that I just don’t know

 

PALE BLUE EYES
The Velvet Underground, 1969

Nel primo disco senza John Cale le atmosfere cambiano, diventano più rarefatte e contemplative. Pale Blue Eyes è una delle poche canzoni d’amore scritte da Lou Reed. È dedicata alla sua ex, Shelley Albin, la quale però, come ammise in seguito Reed, aveva in realtà gli occhi nocciola. Il rapporto finito, ma ancora irrisolto, è dunque idealizzato, come gli occhi di lei.

Thought of you as my mountain top,
Thought of you as my peak.
Thought of you as everything,
I’ve had but couldn’t keep.
I’ve had but couldn’t keep.
Linger on, your pale blue eyes.
Linger on, your pale blue eyes.
If I could make the world as pure and strange as what I see,
I’d put you in the mirror,
I put in front of me.

 

KILL YOUR SONS
Sally Can’t Dance, 1974

Kill Your Sons è una delle canzoni più autobiografiche e, al contempo, più politiche di Lou Reed, che appena quindicenne viene sottoposto a elettroshock per essere “curato” dalla sua omosessualità. L’accusa senza mezzi termini ai suoi genitori, a sua sorella e agli psichiatri diventa il pretesto per una critica radicale nei riguardi della normatività della società borghese.

http://www.youtube.com/watch?v=I6NIu-pPcks

All your two-bit psychiatrists
are giving you electroshock
They said, they’d let you live at home with mom and dad
instead of mental hospitals
But every time you tried to read a book
you couldn’t get to page 17
‘Cause you forgot where you were
so you couldn’t even read

 

DIRTY BLVD
New York, 1989

Definito da lui stesso “un disco da leggere, un libro da ascoltare”, New York è caratterizzato da un’estrema attenzione ai testi. Al contrario di quanto le attribuisce il senso comune, alla fine degli anni Ottanta New York per Lou Reed non è che una distesa di miseria e ipocrisia, fatta di solitudini e vuoti luccichii: una città decadente in cui le colpe dei padri ricadono sui figli, e i cui boulevard offrono una panoramica sulle varie sfumature della vulnerabilità.

http://www.youtube.com/watch?v=7z3TPwOT31g

This room cost 2.000 dollars a month
you can believe it man it’s true
somewhere a landlord’s laughing till he wets his pants
No one here dreams of being a doctor or a lawyer or anything
they dream of dealing on the dirty boulevard

Give me your hungry, your tired your poor I’ll piss on ‘em
that’s what the Statue of Bigotry says
Your poor huddled masses, let’s club ‘em to death
and get it over with and just dump ‘em on the boulevard

lou reed

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