La trasmissione della medicina cinese agli studenti internazionali

Una sfida tra modernità e tradizione.

La medicina cinese è ormai diffusa su scala globale e molte persone provenienti da tutto il mondo hanno iniziato a praticarla e a studiarla. Nonostante ciò, vi sono ancora numerosi pregiudizi che gravitano attorno alla medicina cinese, accompagnati da una conoscenza superficiale della storia che ha dato forma a questo sapere.

L’incontro della medicina cinese con il sapere biomedico, inoltre, ha suscitato numerose questioni riguardanti temi come efficacia, integrità e autenticità della medicina cinese, la quale viene spesso vista come una conoscenza tradizionale legata ad un lontano passato, trasformata e standardizzata passivamente nell’incontro con la modernità.

Incontrando gli alunni dell’Istituto Gambara di Brescia, ho avuto l’occasione di parlare di questi temi presentando il lavoro di ricerca che sto portando avanti nel mio percorso di dottorato in antropologia culturale e sociale presso l’Università Milano-Bicocca.

Durante l’anno appena trascorso, infatti, mi sono recata a Pechino presso la Beijing University of Chinese Medicine per analizzare le dinamiche coinvolte nel processo di trasmissione dei saperi relativi alla medicina cinese nel contesto universitario. In particolare, mi sono concentrata sulle problematiche relative all’insegnamento della medicina cinese agli studenti di provenienza internazionale, descrivendo in modo critico le discrepanze e i punti d’incontro tra la forma mentis degli studenti e il sistema di pensiero che sta alla base di questo tipo di medicina.

Per raggiungere questo obiettivo, ho preso parte al processo di insegnamento e apprendimento, valutando l’impatto che i metodi di trasmissione hanno sulla conoscenza medica stessa, partendo dal presupposto che le modalità con cui la conoscenza viene trasmessa influisce sul suo sviluppo e sulla sua costruzione.

Ho presentato agli studenti le domande di ricerca dalle quali sono partita, soffermandomi sulle questioni fondamentali, ad esempio, in che modo i concetti della medicina cinese possono essere compresi dagli studenti internazionali? Come vengono presentate le sue principali teorie per poter essere trasmesse a coloro che si recano in Cina per studiarla?

Ho poi descritto la mia esperienza di studentessa presso l’università cinese e discusso le vicende che mi hanno portata a studiare questo contesto. Per iniziare, infatti, abbiamo affrontato insieme le problematiche di tipo burocratico che si incontrano quando si decide di studiare all’estero; nel mio caso è stato determinante illustrare i passi per ottenere un visto. Gli studenti hanno appreso, inoltre, quali siano le abilità che un antropologo deve possedere come, ad esempio, conoscere la lingua del paese che sceglie di studiare, oppure avere la capacità di mettere in gioco il proprio corpo svolgendo attività di gruppo o, come nel mio caso, sperimentare su me stessa le terapie proposte dalla medicina cinese.

Descrivendo gli attori che gravitano attorno al contesto universitario, ad esempio medici e studenti, abbiamo riflettuto sul mio ruolo in questa ricerca e sul mio posizionamento. La facilità con cui mi sono inserita in questo contesto in qualità di studentessa, infatti, è inversamente proporzionale alla difficoltà con cui sono riuscita a svincolarmi da tale ruolo per riflettere sulla mia esperienza in qualità di antropologa. Nonostante questo, inserirmi come studentessa mi ha dato la possibilità di sperimentare in prima persona, non solo il processo di trasmissione delle conoscenze, ma anche quello di assimilazione. Ho spiegato, così, agli studenti quali siano i vantaggi e gli svantaggi della posizione che l’antropologo si ritrova a ricoprire nel contesto che studia e come cercare di sfruttare al meglio le possibilità che la situazione offre.

Ho poi parlato agli studenti di come sono organizzate le lezioni alle quali partecipavo e delle modalità che vengono utilizzate per facilitare l’apprendimento della medicina cinese. Ad esempio, la trasmissione per somiglianza e differenza, che si attua mettendo in relazione le conoscenze della medicina cinese con quelle della biomedicina, permettendo agli studenti di apprendere, passando attraverso ciò che già conoscono confrontandolo con un sapere nuovo. Questo mi ha permesso di illustrare agli studenti quali siano le differenze tra la percezione anatomica del corpo biomedico e la concezione del corpo legata, invece, alla medicina cinese. È stata una sorpresa per gli studenti accorgersi di come il corpo, considerato da loro una cosa oggettivamente e universalmente definita, possa invece essere descritto in modi diversi e da diversi punti di vista.

Abbiamo parlato di come i professori, per rendere i concetti più chiari, si avvalevano di metafore e analogie, sia tratte dai testi classici sia create prendendo come esempio la vita quotidiana degli studenti, in modo da avvicinare alla loro esperienza dei concetti che apparivano molto lontani. Molte di queste metafore riguardavano la natura. La milza, secondo la medicina cinese, appartiene alla terra perché la sua funzione, insieme allo stomaco, è quella di digerire e assorbire il nutrimento e trasformarlo per inviarlo agli altri organi. Oppure vi erano metafore legate all’organizzazione sociale, assimilabile per alcuni versi all’organizzazione delle funzioni corporee. In base a questo pensiero, il cuore è legato alla figura dell’imperatore.

La terza modalità è quella che passa attraverso il corpo. Gli studenti sono spesso chiamati a fare esperienza pratica per assimilare meglio i concetti e testare le proprie conoscenze durante le lezioni in classe e durante le esperienze di tirocinio presso la clinica.

Più importante di queste considerazioni, però, è stato condividere con gli studenti, in particolar modo i ragazzi della classe quinta, le tappe che mi hanno portata a definire il mio percorso di studi e le difficoltà insite nella scelta di portare avanti la mia passione per l’antropologia, in un mondo poco incline ad offrire occasioni lavorative a coloro i quali abbracciano questo tipo di professioni. Abbiamo valutato insieme l’importanza del ruolo dell’antropologo nella nostra società e del ruolo dell’antropologo all’interno delle scuole in qualità di docente.

Durante la presentazione che ho svolto nella bellissima aula magna dell’Istituto Gambara, dove erano presenti alcune classi terze e quarte, invece, l’attenzione è ricaduta sugli aspetti positivi e negativi di fare un lavoro, come quello dell’antropologo, che ti porta molto lontano da casa e ti spinge a confrontarti con culture molto diverse da quella di appartenenza. Le domande sono state moltissime e le curiosità che gli studenti hanno condiviso con me riguardavano non solo la mia ricerca, ma anche la cultura cinese in generale: dal cibo ai vestiti, dagli stereotipi agli aneddoti divertenti. I ragazzi erano sia affascinati dall’idea che un antropologo, viaggiando possa scoprire cose nuove, sia impauriti dalle difficoltà che un’esperienza di questo tipo porta con sé. Che cosa ti mancava di più quando eri là? Ti sei sentita accettata dalle persone che hai incontrato? La tua famiglia che cosa ha detto quando ha saputo che saresti partita? Le domande che ho ricevuto riflettono, a mio parere, la volontà di dissolvere piccole e grandi paure per aprirsi ad una matura riflessione sul mondo contemporaneo.

Con questo mio intervento spero di aver aperto una piccola finestra sul mondo, utile ed interessante per gli alunni del Liceo Gambara, ma anche di aver contribuito in piccola parte a rendere l’antropologia un sapere alla portata di tutti.

Print Friendly, PDF & Email
Close