La Tela e l’Asilo. Da Napoli una chiamata alle arti interdipendenti.
Età fortunate, secoli avventurosi quelli che
furono chiamati dagli antichi secoli d’oro!
E non già perché quell’oro, tanto stimato da questa nostra
età di ferro, si conquistasse allora con minor fatica,
ma perché da quelli che viveano allora
ignoravansi le due parole Tuo e Mio.
Comuni a tutti eran le cose
in quell’età innocentissima
M. de Cervantes, Di quello che avvenne a Don Chisciotte con alcuni caprai
Genesi de La Tela
Il dilagare della pandemia e le relative misure di sicurezza hanno avuto un impatto sconvolgente sulle attività ordinarie, e non, della comunità che anima il bene comune Ex Asilo Filangieri di Napoli. A quel punto il Bene comune, smettendo di esistere come luogo fisico, ha continuato a vivere come luogo di incontro, trasferendosi nel virtuale. La comunità ha cercato rifugio in se stessa, cercando un modo per tenere vive le relazioni e poter continuare, in assenza della presenza, ad avere cura l’uno dell’altro, offrendosi come spazio di autoaiuto, di conforto/confronto. Essendo, da sempre, la quintessenza delle attività dell’Asilo orbitante intorno alla produzione artistica dal basso, dopo qualche tempo ci si è posti il problema di come e se un luogo di produzione culturale potesse continuare la sua attività e se fosse opportuno portarla avanti anche in momenti simili.
Nasce così il gruppo di lavoro arti virali: un atto di resistenza all’isolamento da parte delle persone che abitavano l’Asilo, ma anche uno spazio aperto a tutti gli addetti ai lavori, alle lavoratrici e ai lavoratori dello spettacolo e dell’immateriale, agli animatori culturali, ai volontari, agli attivisti e a tutti coloro che sentivano il bisogno di impiegare, in un progetto collettivo, il tempo liberato dal lavoro in smart working. Il primo interrogativo che ha animato le riunioni iniziali verteva sull’opportunità o meno di continuare a produrre cultura, specialmente da parte di chi lavora tutto l’anno nel settore. La maggior parte delle persone, però, avvertiva la responsabilità di non sottrarsi al compito di autonarrare i tempi che ci si era ritrovati a vivere, di tenere viva la fiamma della cultura in un momento di buio e deserto.
In questo contesto, nasce e si sviluppa il progetto de La Tela, che si pone da subito il problema di come far interagire tra loro, in tali condizioni, arti differenti. Le riunioni si svolgono mutuando il modo consueto dell’Asilo: una partecipazione libera, senza direzione artistica, orizzontale e non gerarchica. Un confronto costruttivo e aperto fra pari affidato al metodo del consenso. La domanda urgente posta dai tempi era se ci fosse ancora un modo per mantenere lo spirito comunitario durante il lockdown: come reinterpretare la pratica artistica e culturale alla luce dell’isolamento dovuto alla pandemia e come riuscire a dare ancora voce alla critica dell’esistente? Il solo modo per contenere questo bisogno di produzione artistica, così varia e polifonica, era quello di creare un grande spazio web.
Parallelamente, l’Asilo aveva lanciato la chiamata per la partecipazione ai Flussi sonori aperti: si proponeva di suonare o cantare delle linee musicali predisposte secondo parametri combinatori. Queste sarebbero poi state sovrapposte tra loro in maniera ampiamente casuale. Nel giro di poco tempo un centinaio di musicisti sparsi per l’Italia (e alcuni dall’estero) accolse con entusiasmo l’invito, registrando con i mezzi che si ritrovava in casa durante la quarantena. Fondati su una filosofia interdipendente, secondo cui contributi individuali danno forma a grandi composizioni il cui risultato finale non è centralizzato ma ceduto a modalità di connessione imprevedibili, i Flussi sonori aperti hanno mantenuto la loro natura polimorfa anche quando sono stati trasferiti sulla Tela.
Si è cercata così una forma nuova di azione creativa che reinventasse la produzione artistica in chiave non solipsistica: uno spazio sul web, popolato da molteplici contributi – musica, video, voci, parole, immagini, originali e non. Un luogo in cui è consentito a tutti di incontrarsi, interagire e creare insieme, fronteggiando, un po’ meno soli, l’apatia e l’incertezza del tempo dell’isolamento. Il desiderio, proprio dell’Asilo, di un’azione collettiva che trascendesse il contributo del singolo si è trasferito on line, mosso dall’urgenza di prendere parola in quel momento, offrendo accoglienza a tutte quelle persone che hanno provato a immaginare percorsi diversi dagli abituali, approfittando di un nuovo tempo, divenuto improvvisamente lento.

La Tela spiegata
La Tela, così come l’Asilo che l’ha partorita, ha fatto propria la natura dell’opera aperta, costituendosi come uno spazio di libera condivisione, riscoprendo così quanto già elaborato da Umberto Eco nella celebre opera omonima sessantottina, ma rinnovandola e portando l’apertura a precisa istanza e modello da perseguire e inseguire.
Per La Tela, la casualità è una guida e l’improvvisazione il suo motto: molti dei contenuti che disegnano la tela nascono come semi sparsi che, interagendo, danno forma ad una mega composizione (o non-composizione) in cui niente è determinato, definito, dove nulla è predeterminato e dove ogni errore viene accolto laddove rappresenti una sollecitazione e un’opportunità.
La sperimentazione de La Tela, mirando a superare la nozione di arte come espressione del genio creativo con i suoi imperativi di originalità, individualità e riconoscibilità, proponendo altresì le relazioni tra le idee e le persone come nucleo fondante della creatività, parte dalla rielaborazione dei contenuti proposti da altr* per dare forma a un’opera che, in questo senso, può dirsi derivata. Un’opera in cui l’individualità è disponibile a dissolversi, trovando nuovo senso nella natura politica dell’azione collettiva. La Tela è un’opera derivata anche nel senso che, accantonando la visione dell’artista come genio individuale che persegue un’originalità esclusiva ed escludente, è realizzata necessariamente a partire da lavori già esistenti, con cui interagire, ammettendo e accogliendo, al suo interno, opere altrui, che vengano rielaborate, ibridate, fagocitate, rese spurie, mescidate e rigettate in una versione completamente diversa dall’originale, rinascendo continuamente, in incarnazioni diverse e imprevedibili.
Di questi tempi non basta più che l’arte sia indipendente, ma è piuttosto indispensabile che sia interdipendente. La Tela è una pratica d’interdipendenza perché eredita dalla pratica dell’Asilo questo tipo di attenzione e di sollecitazione. In Asilo, l’arte di per sé, la performance artistica, è sempre stata un pretesto, un’occasione di innesco per dar vita a relazioni intersoggettive fra individui differenti. Si tratta di bypassare le difficoltà di un modus vivendi sempre più atomizzato che scoraggia e rende difficile l’incontro. La Tela prova a recuperare, quindi, l’importanza centrale, nella produzione artistica e non solo, delle relazioni, rivestendole di un alto valore politico. Di qui, la Tela trasmette anche una suggestione crepuscolare: concependo l’arte come esclusivamente relazionale e quindi riuscita solo alla luce delle connessioni che consente, sta lì a rammentare le uniche cose che, in definitiva, realmente permarranno in un universo esistenzialmente sempre più precario e dove tutto è ontologicamente votato all’obsolescenza rapida e continua.
Dalla centralità della relazione, e quindi dell’altro, discende la cura. Cura che può farsi risalire all’I care donmilaniano, come autotutela non del proprio interesse privato, che l’altro esclude, ma dell’interesse comune in cui l’altro è incluso.
Composizione dell’atto creativo: chiamata alle arti e assemblee on line
La chiamata alle arti non è altro che la riproposizione, in chiave artistica, dello strumento della open call for vacancies, riattata come modalità con cui si estende a tutti l’invito a partecipare. È sempre aperta per nutrire costantemente la riflessione collettiva e rispecchiare il presente in continuo cambiamento, sforzandosi di garantire un turn over sistematico di talenti, che scoraggi qualsiasi cristallizzazione o velleità di compiutezza che potrebbero rendere meno inclusivo il processo creativo e inibire l’aggiunta costante di nuovi contributi che possano ibridare i vecchi e siano motivo e occasione di nuovi incontri. Dare il proprio contributo alla Tela, infatti, significa essere disponibili a considerare la propria proposta come punto di partenza, e mai già punto d’arrivo, per un’azione condivisa. Per questo molte opere sono volutamente non-finite, essendo predisposte a incontrare nuovi linguaggi.
La Tela è attiva sul web dal 14 giugno 2020, dopo che una serie di chiamate e un passaparola virtuoso hanno visto il coinvolgimento di artisti e artiste presenti sul territorio, ma anche distanti geograficamente che, altrimenti, non avrebbero mai potuto, se non sporadicamente e con difficoltà, contribuire alla condivisione e alla messa in comune dei loro contributi artistici.
La navigazione della Tela non ha un punto di inizio specifico o un percorso obbligato, piuttosto lascia il visitatore libero di esplorare. Ogni attraversamento, grazie al logaritmo che incarna il principio randomico, risulta differente: per esempio, le linee musicali dei flussi sonori si attivano e si intrecciano tra di loro reagendo alla posizione del visitatore sulla Tela. Possono così fare da ambiente sonoro mentre si leggono le pagine del diario, o si sfogliano i disegni, o si avviano i filmati, riconfigurandone di volta in volta la suggestione.
Tutto il materiale è creative commons: non potrebbe essere diversamente, dal momento che la Tela nasce da un bene comune, l’Ex Asilo Filnangieri. È sempre resa disponibile e autonomamente fruibile, diretta gemmatura di un’arte che vuol essere free, derivata e derivabile a sua volta, nella logica del copy left e dell’open source. Ci si appropria così di una visione dell’autore come tramite, slegato dalla propria proposta che, una volta realizzata, è donata all’opera aperta e al libero arbitrio del pubblico, in una visione dell’artista fra Godard (“La proprietà intellettuale non esiste. Il diritto d’autore? Un artista non ha che doveri”) e Troisi (“La poesia non è di chi la scrive: è di chi gli serve”). Non c’è però in tutto questo l’arcigno diktat dell’arte impegnata di un tempo: l’attenzione da parte della comunità che si è formata intorno alla Tela nei confronti dei desideri del singolo mira piuttosto a innescare il piacere del farne parte, e l’entusiasmo nello scoprire quanto possa essere liberatorio e stimolante il fare comune al di là dell’affermazione individuale e di quello che essa comporta.
Non c’è tela senza telaio
La Tela costituisce anche un’occasione per interrogarsi sul fare arte oggi. La sua sperimentazione più rilevante sta nel provare a intrecciare il percorso politico e relazionale con la sperimentazione artistica, in un mondo dove il primo ambito a esser sacrificato e lasciato all’incertezza è stato proprio quello dell’arte e della cultura, con la chiusura, in Italia e altrove, di teatri, cinema e musei, rivelando una miopia e una sconsiderata negazione di quanto l’arte sia salvifica e importante, specialmente, anche se non esclusivamente, in tempi di grave crisi. Le persone che hanno risposto alla chiamata de La Tela si sono ritrovate accomunate dal rifiuto di questa scelta escludente, discriminatoria e immotivata. La Tela nasce in un momento di distanziamento sociale, con l’intenzione di ribaltarlo. Del resto, dietro ogni tela c’è un telaio, costituito in questo caso dalla struttura fatta di relazioni umane e incontri, da cui prende forma l’opera e attraverso le quali è necessario passare.
In conclusione, la Tela, nata dalla comunità dell’Asilo a partire dal marzo 2020 per mantenere vive le relazioni artistiche (e non), ha finito per trovare il suo senso ultimo nel fare comune e in quello che ne può derivare: riflessione, cooperazione, condivisione, empatia, non competizione, costruzione di comunità, tutte pratiche che l’opera mette in scena. Ad oggi, la Tela è uno spazio virtuale, ma è anche l’embrione di ciò che un giorno potrebbe assumere nuove forme dal vivo: se ciò che diventerà la Tela in futuro è impossibile da prevedere, è intanto vero che, fra un’ondata e l’altra del virus, la Tela ha già avuto modo di approdare oltre il web, traslando alcune performance in presenza, di partecipare a progetti esterni che l’hanno coinvolta ed essere oggetto di attenzione da parte di altre realtà.
* L’articolo è una rielaborazione di “Making community against social distancing: a self-narrative inquiry of La Tela”, di Roberto Cirillo e Martina Locorotondo, in corso di pubblicazione all’interno del progetto Cultural and Creative Spaces and Cities.